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I minatori dell' Alaska. Emilio SalgariЧитать онлайн книгу.

I minatori dell' Alaska - Emilio Salgari


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all’alba, quando saremo certi che la prateria sarà deserta, andremo a vedere cos’è accaduto sulle rive del lago.

      – Che ci sia stato un vero combattimento?

      – Non c’è dubbio, Back.

      – O che sia stato un falso allarme?… Chissà, forse una manovra per tentare di allontanarci?…

      Bennie stava per rispondere, quando in lontananza si udi echeggiare un urlo acuto, triste e lugubre.

      – Senti, Back?… – chiese Bennie, crollando il capo.

      – L’urlo di un lupo?…

      – Sì, e sai che cosa significa?…

      – Che uno di quei voraci animali ha scoperto dei cadaveri da spolpare.

      – Sì, Back, sulle rive dell’Athabasca c’è stato un combattimento, e i lupi si preparano a banchettare con i morti.

      – Ecco una cosa che fa venire i brividi, Bennie.

      – A te che sei nuovo del mestiere, ma non a me, vecchio cow-boy del grande ovest. Bah! Ho viste ben altre scene e ben altri lupi… Ne ho visti degli orrori nella prateria!…

      Intanto a quel primo urlo, che era risuonato verso le rive del fiume, un altro non meno triste, non meno lugubre, aveva risposto più lontano, poi un terzo, un quarto, un quinto. I predoni a quattro gambe, attirati dall’odore della carne fresca, si chiamavano l’un l’altro per radunarsi e quindi piombare sui morti e sui feriti per divorarli.

      – Bennie!… – esclamò a un tratto Back, con una certa emozione. – Se laggiù ci fosse qualche ferito da salvare? Non si potrebbe strapparlo ai denti dei lupi?

      – Qualche ferito ci potrà forse essere, ma in che stato sarà ridotto?… Credi tu che gli indiani non l’abbiano scotennato?…

      – Lo credo, però non tutti gli uomini scotennati dagli indiani muoiono.

      – È vero, e ne ho visti parecchi vivere ancora molti anni. Il mio amico Taylor, per esempio, cow-boy del signor Wood, è stato scotennato dagli indiani Ogollala, eppure è sano e robusto e tutt’al più soffre qualche volta un po’ di mal di testa quando il tempo cambia.

      – Come vedi qualche povero diavolo potremmo forse salvarlo prima che i lupi lo divorino.

      – Uhm!… E gli animali?…

      – Fra un’ora spunterà l’alba.

      – Non dico di no.

      – Se gli indiani non hanno approfittato delle tenebre per fare un colpo anche su di noi, non oseranno ora che le stelle cominciano ad impallidire. Non senti le urla dei grossi lupi grigi?

      – Sono le urla dei coyote, Back.

      – Sono pericolosi e audaci anche quelli, quando sono in gran numero. Bennie!…

      – Back!…

      – Andiamo?

      – Sì, – disse Bennie, dopo alcuni istanti di esitazione. – Però, facciamo prima un giro attorno al bestiame. Diffido sempre degli indiani.

      – Facciamolo pure.

      Misero i cavalli al trotto, descrivendo un ampio cerchio attorno al bestiame che si era raggruppato addosso al carro, la cui massa enorme giganteggiava fra le tenebre, con la sua grande tela spiegata ad arco. Respinsero i buoi e i cavalli, che si erano coricati un po’ al largo, poi batterono la prateria, descrivendo parecchi giri. Persuasi che nessun indiano stava nascosto fra le alte erbe, dopo aver lanciato un ultimo sguardo all’ingiro, spinsero i cavalli verso nord, dove si vedeva l’orizzonte chiuso da una fascia oscura, senza dubbio qualche bosco.

      Qualche uccello si alzava dalla prateria e saliva in alto descrivendo ampi giri e lanciando di quando in quando un trillo, il primo saluto al sole che stava per sorgere, mentre i grilli, nascosti sotto le grasse erbe, cominciavano a interrompere i loro monotoni concerti. Verso le rive del fiume, invece, echeggiavano sempre le urla tristi dei grandi lupi grigi e i latrati insistenti dei coyote, i veri lupi delle grandi praterie dell’America settentrionale. Bennie e Back, fermi in sella, con le gambe un po’ allargate per essere pronti, al primo pericolo, a balzare a terra e con le carabine a percussione centrale gettate attraverso l’arcione, guardavano attentamente le alte erbe, che potevano nascondere qualche agguato. Galoppavano da venti minuti, senza aver scambiato una sola parola, concentrati nelle loro osservazioni, temendo sempre una sorpresa, quando Bennie trattenne violentemente il suo cavallo facendolo piegare sui garetti.

      – Che cos’hai?… – chiese Back alzando rapidamente la carabina.

      – Guarda laggiù, al margine del bosco che costeggia il fiume, – disse Bennie. – Non vedi nulla?

      – Ma… sì – rispose il compagno, dopo aver osservato attentamente. – Si direbbe che c’è un carro semirovesciato.

      – Ieri non c’era.

      – Lo credo. A mezzogiorno in quel bosco, sono andato a caccia di tacchini selvatici e non l’ho visto.

      – Ciò significa, Back, che non si trattava di un falso allarme, ma di un vero combattimento. Laggiù noi troveremo dei poveri emigranti orrendamente scotennati.

      – Andiamo a vedere. Guarda, ci sono dei lupi raggruppati attorno al carro.

      – Sì, per centomila corna di bisonte! – disse Bennie, aggrottando la fronte. – Quei feroci predoni stanno spolpando qualche cadavere, Avanti, con prudenza, e non abbandonare il fucile.

      Spronarono leggermente i cavalli e si spinsero innanzi, guardando attentamente ora il carro e ora le alte erbe che giungevano fino al ventre degli animali. La luce che cresceva rapidamente, permetteva di scorgere distintamente ciò che si trovava presso il bosco costeggiante l’Athabasca. Il carro era ormai completamente visibile. Si trattava di uno di quei grandi e pesanti rotabili usati dagli emigranti delle regioni orientali, vere fortezze ambulanti, che vengono trascinati da sei e talvolta da otto paia di buoi o di cavalli. La grande tela che lo copriva era stata in parte abbattuta e sventrata e il carro, sia che avesse perduto qualche ruota, o che si fosse sprofondato in qualche canale o in qualche tratto di terreno melmoso, giaceva semirovesciato sul fianco destro. Coricati sulle erbe, si vedevano alcuni cavalli ammucchiati alla rinfusa, sopra i quali volteggiavano, descrivendo ampi giri, degli avvoltoi neri. Più oltre, si scorgevano delle casse sventrate, altri cavalli morti, qualche coperta di lana che il vento mattutino gonfiava e sbatteva; il tutto circondato da un gruppo di quindici o venti animali simili ai nostri lupi, ma col muso di volpe, il pelame abbondante, di tinta giallognola a macchie rossastre, e il corpo robusto, lungo dai sessanta ai settanta centimetri e le gambe piuttosto alte. Era una banda di coyote, lupi di praterie, intenti a spolpare i cadaveri. Vedendo avvicinarsi i due cavalieri, i lupi si affrettarono a disperdersi, mostrando i loro musi aguzzi lordi di sangue e mandando brevi latrati.

      – Al diavolo, dannati mangia-morti! – gridò Bennie, alzando minacciosamente il fucile, mentre il suo cavallo, spaventato da quei latrati, s’impennava.

      – Guarda!… – esclamò in quell’istante Back, che aveva trattenuto il suo corsiero.

      – Che cosa c’è?…

      – Un uomo scotennato!… – Bennie si era rizzato sulle staffe, curvandosi dinanzi.

      In mezzo alle erbe giaceva un uomo di alta statura, calzato con alti stivali di pelle non conciati e vestito di panno azzurro, stretto ai fianchi da una cartuccera piena per metà. Giaceva coricato sul fianco destro, con le mani strette attorno al viso bruttato di sangue. La sua capigliatura, strappata insieme con la pelle del cranio dal coltello di un indiano, era scomparsa, e si vedeva invece una superficie rotonda, coperta qua e là da grumi di sangue coagulato, di un aspetto raccapricciante.

      – Canaglie!… – mormorò Bennie, rabbrividendo. – Quel povero diavolo è stato scotennato.

      – E vedo là due indiani che sono caduti l’uno sull’altro – disse Back. – Questo emigrante non si è lasciato scotennare senza lotta. Allontaniamoci, Bennie: questa scena mi fa rabbrividire.

      Stavano


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