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Il Corsaro Nero. Emilio SalgariЧитать онлайн книгу.

Il Corsaro Nero - Emilio Salgari


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che qualche accidente abbia colto il vecchio e recarsi ad avvertire l’alcalde del quartiere.

      – Che cosa devo fare comandante?

      – Aprire, poi legare per bene quell’importuno e mandarlo a tenere compagnia al notaio.

      Non aveva ancora finito di parlare che già Carmaux era sulle scale, accompagnato dal gigantesco negro.

      Udendo risuonare un terzo colpo che per poco non fece saltare le tavole della porta, si affrettò ad aprire, dicendo:

      – Uh!… Che furia, signore!…

      Un giovanotto di diciotto o vent’anni, vestito signorilmente ed armato d’un elegante pugnaletto che teneva appeso alla cintura, entrò frettolosamente, gridando:

      – È cosí che si fanno attendere le persone che hanno fretta?… Carr…

      Vedendo Carmaux ed il negro, egli s’era arrestato guardandoli con stupore ed anche con un po’ d’inquietudine, poi cercò di fare un passo indietro ma la porta era stata prontamente chiusa dietro di lui.

      – Chi siete voi? – chiese.

      – Due servi del signor notaio – rispose Carmaux, facendo un goffo inchino.

      – Ah!… Ah!… – esclamò il giovanotto. – Don Turillo è diventato tutto d’un tratto ricco, per permettersi il lusso di avere due servi?…

      – Sí, ha ereditato da un suo zio morto nel Perú, – disse il filibustiere, ridendo.

      – Conducetemi subito da lui. Era già avvertito che oggi doveva avere luogo il mio matrimonio colla señorita Carmen di Vasconcellos. Ha bisogno di farsi pregare quel…

      La frase gli era stata bruscamente strozzata da una mano del negro piombatagli improvvisamente fra le due spalle. Il povero giovane, mezzo strangolato da una rapida stretta, cadde sulle ginocchia mentre gli occhi gli uscivano dalle orbite e la sua pelle diventava bruna.

      – Eh, adagio, compare, – disse Carmaux. – Se stringi ancora un pò me lo soffochi completamente. Bisogna essere un pò gentili coi clienti del notaio!…

      – Non temere, compare bianco, – rispose l’incantatore di serpenti.

      Il giovanotto, il quale d’altronde era cosí spaventato da non pensare ad opporre la minima resistenza, fu portato nella stanza superiore, disarmato del pugnaletto, legato per bene e gettato a fianco del notaio.

      – Ecco fatto, capitano, – disse Carmaux.

      Questi approvò il colpo di mano del marinaio con un gesto del capo, poi avvicinatosi al giovanotto che lo guardava con due occhi smarriti gli chiese:

      – Voi siete?

      – È uno dei miei migliori clienti, signore, – disse il notaio. – Questo bravo giovane mi avrebbe fatto guadagnare quest’oggi almeno…

      – Tacete voi, – disse il Corsaro con accento secco.

      – Il notaio diventa un vero pappagallo! – esclamò Carmaux. – Se la continua cosí, bisognerà tagliargli un pezzo di lingua.

      Il bel giovanotto si era voltato verso il Corsaro e dopo averlo guardato per alcuno istanti, con un certo stupore, rispose:

      – Io sono il figlio del giudice di Maracaybo, don Alonzo de Conxevio. Spero che ora mi spiegherete il motivo di questo sequestro personale.

      – È inutile che lo sappiate, però se starete tranquillo non vi sarà fatto alcun male, e domani, se non accadranno avvenimenti imprevisti, sarete libero.

      – Domani!… – esclamò il giovanotto, con doloroso stupore. – Pensate, signore, che oggi io devo impalmare la figlia del capitano Vasconcellos.

      – Vi sposerete domani.

      – Badate!… Mio padre è amico del Governatore e voi potreste pagare ben caro questo vostro misterioso procedere a mio riguardo. Qui a Maracaybo vi sono soldati e cannoni.

      Un sorriso sdegnoso sfiorò le labbra dell’uomo di mare.

      – Non li temo, – disse poi. – Anch’io ho uomini ben piú formidabili di quelli che vegliano in Maracaybo, ed anche dei cannoni.

      – Ma chi siete voi?

      – È inutile che lo sappiate.

      Ciò detto il Corsaro gli volse bruscamente le spalle ed uscí, mettendosi di sentinella alla finestra, mentre Carmaux ed il negro frugavano la casa dalla cantina al solaio, per vedere se era possibile preparare una colazione e Wan Stiller si accomodava presso i due prigionieri onde impedire qualsiasi tentativo di fuga.

      Il compare bianco ed il compare negro, dopo avere messo sotto sopra tutta l’abitazione, riuscirono a scoprire un prosciutto affumicato ed un certo formaggio assai piccante che doveva mettere tutti di buon umore e fare meglio gustare l’eccellente vino del notaio, almeno cosí assicurava l’amabile filibustiere.

      Già avevano avvertito il Corsaro che la colazione era pronta ed avevano stappate alcune bottiglie di Porto, quando udirono picchiare nuovamente alla porta.

      – Chi può essere? – si chiese Carmaux. – Un altro cliente che desidera andare a tenere compagnia al notaio?…

      – Và a vedere, – disse il Corsaro, che s’era già assiso alla tavola improvvisata.

      Il marinaio non si fece ripetere l’ordine due volte ed affacciatosi alla finestra, senza però alzare la persiana, vide dinanzi alla porta un uomo un po’ attempato e che pareva un servo od un usciere di tribunale.

      – Diavolo! – mormorò. – Verrà a cercare il giovanotto. La sparizione misteriosa del fidanzato avrà preoccupato sposa, padrini e gli invitati. Uhm!… La faccenda comincia ad imbrogliarsi!…

      Il servo intanto, non ricevendo risposta, continuava a martellare con crescente lena facendo un fracasso tale, da attirare alle finestre tutti gli abitanti delle case vicine.

      Bisognava assolutamente aprire ed impadronirsi anche di quell’importuno prima che i vicini, messi in sospetto, non accorressero ad abbattere porta o mandassero a chiamare i soldati.

      Carmaux ed il negro si affrettarono quindi a scendere e ad aprire, non appena quel servo od usciere che fosse si trovò nel corridoio fu preso per la gola onde non potesse gridare, legato, imbavagliato, quindi portato nella camera superiore a tenere compagnia al disgraziato padroncino ed al non meno sfortunato notaio.

      – Il diavolo se li porti tutti!… – esclamò Carmaux. – Noi faremo prigioniera l’intera popolazione di Maracaybo, se continua ancora per qualche tempo.

      CAPITOLO VII. UN DUELLO FRA GENTILUOMINI

      La colazione, contrariamente alle previsioni di Carmaux, fu poco allegra ed il buon umore mancò, non ostante quell’eccellente prosciutto, il formaggio piccante e le bottiglie del povero notaio.

      Tutti cominciavano a diventare inquieti per la brutta piega che prendevano gli avvenimenti, a causa di quel disgraziato giovanotto e del suo matrimonio. La sua sparizione misteriosa, unitamente a quella del servo, non avrebbe di certo mancato di spaventare i parenti ed erano da aspettarsi presto delle nuove visite di servi o di amici, o, peggio ancora, di soldati o di qualche giudice o di qualche alguazil.

      Quello stato di cose non poteva assolutamente durare a lungo. I filibustieri avrebbero fatto ancora altri prigionieri, ma poi sarebbero certamente venuti i soldati, e non uno alla volta per farsi prendere.

      Il Corsaro ed i suoi due marinai avevano ventilati parecchi progetti, ma nemmeno uno era sembrato buono. La fuga per il momento era assolutamente impossibile; sarebbero stati di certo riconosciuti, arrestati e senz’altro appiccati come il povero Corsaro Rosso ed i suoi sventurati compagni. Bisognava attendere la notte; era però poco probabile che i parenti del giovanotto dovessero lasciarli tranquilli.

      I tre filibustieri, ordinariamente cosí fecondi di trovate e di astuzie al pari di tutti i loro compagni della Tortue, si trovavano in quel momento completamente imbarazzati.

      Carmaux aveva suggerita l’idea di indossare


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