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La regina dei Caraibi. Emilio SalgariЧитать онлайн книгу.

La regina dei Caraibi - Emilio Salgari


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Corsaro stette un momento silenzioso, poi chiese:»

      «Che ora abbiamo?»

      «Sono le sei.»

      «Dobbiamo resistere fino alle otto di questa sera prima di fare il segnale a Morgan.»

      «Resisteremo, signore.»

      «Non perdete tempo, miei bravi. Quattordici ore sono lunghe.

      «Andiamo, compare sacco di carbone,» disse Carmaux, prendendo l’archibugio.

      «Sarò anch’io della partita,» disse l’amburghese. «Fra noi tre faremo prodigi e impediremo agli spagnuoli l’entrata, almeno fino a questa sera.»

      I tre valorosi riaprirono la botola e appoggiata un’asta della scala si lasciarono scivolare nel piano inferiore, decisi a farsi uccidere piuttosto che arrendersi.

      Gli spagnuoli intanto avevano cominciato ad assalire la porta, percuotendo le tavole coi calci dei loro moschetti, però fino a quel momento non avevano ottenuto alcun successo. Ci volevano delle scuri ed una catapulta per aprire una breccia in quella barricata massiccia.

      «Appostiamoci dietro a questa credenza e appena vediamo una fessura, facciamo fuoco,» disse Carmaux.

      «Siamo pronti,» risposero il negro e l’amburghese.

      Dopo un quarto d’ora, si udì al di fuori una voce a gridare:

      «Largo!»

      «Qualche nuovo rinforzo?» chiese il negro, aggrottando la fronte.

      «Temo qualche cosa di peggio,» rispose Carmaux, con accento inquieto.

      «Cosa vuoi dire, compare bianco?»

      «Odi!»

      Un colpo tremendo, accompagnato da uno scricchiolìo prolungato, si fece udire.

      «Adoperano la scure,» disse l’amburghese.

      «Si vede che hanno fretta di prenderci,» disse il negro.

      «Oh! La vedremo,» rispose Carmaux, armando l’archibugio. «Spero che noi terremo loro testa finchè le tenebre ci permetteranno di fare il segnale a Morgan.»

      Gli spagnuoli continuavano a percuotere con maggior accanimento. Oltre la scure facevano anche uso dei calci dei moschetti e degli spadoni, cercando di schiodare le tavole della porta.

      I tre filibustieri, non potendo pel momento respingere quell’attacco, lasciavano fare. Si erano inginocchiati dietro la credenza tenendo pronti gli archibugi e anche le loro corte sciabole.

      «Che furia!» disse ad un tratto Carmaux. «Mi pare che abbiano già aperta una fessura.»

      «Io vedo un buco,» disse Moko, allungando rapidamente l’archibugio.

      Stava per far partire il colpo, quando una detonazione rintronò. Una palla, dopo d’aver smussato un angolo della credenza, andò a frantumare un vecchio candeliere che si trovava in un angolo della stanza.

      «Ah! Cominciano!» gridò Carmaux, facendo un salto indietro.

      «Per bacco! Bisogna che facciamo anche noi qualche cosa.» S’avvicinò all’angolo della credenza che era stato smussato dalla palla e guardò con precauzione, onde non ricevere una palla nel cranio.

      Gli spagnuoli erano riusciti ad aprire uno squarcio nella porta ed avevano introdotto un altro moschettone.

      «Benissimo,» mormorò Carmaux. «Aspettiamo che facciano fuoco.»

      Con una mano afferrò l’archibugio e cercò di spingerlo da una parte. Il soldato che lo aveva puntato, sentendo quell’urto, lasciò partire il colpo, poi ritirò sollecitamente l’arma per lasciare il posto ad un altro.

      Carmaux, pronto come il lampo, avanzò l’archibugio e lo puntò attraverso lo squarcio.

      Si udì una detonazione seguita da un grido.

      «Toccato!» disse Carmaux.

      «E prendi questa!» urlò una voce.

      Un altro sparo rimbombò al di fuori e la palla, passando pochi pollici sopra il capo del filibustiere, spaccò di colpo la cornice superiore della credenza.

      Contemporaneamente alcuni colpi di scure, bene appioppati, staccavano una tavola della porta. Quattro o cinque archibugi ed alcune spade furono introdotte.

      «Badate,» gridò Carmaux ai compagni.

      «Stanno per entrare?» chiese Wan Stiller, che aveva impugnato l’archibugio per la canna, onde servirsene come d’una mazza.

      «C’è tempo,» rispose Carmaux.

      In quel momento una voce gridò:

      «Vi arrendete sì o no?

      «Per farci fucilare? No, signor mio, non ne ho nessun desiderio pel momento.»

      «Sfonderemo anche questo mobile che c’impedisce di entrare!» urlò lo spagnuolo.

      «Fate pure, mio caro signore. Vi avverto però che dietro la credenza vi sono anche dei tavoli, e dietro ai tavoli degli archibugi e degli uomini decisi a tutto.»

      «Vi appiccheremo tutti!…»

      «Avete almeno portato con voi la corda?»

      «Abbiamo le cinghie delle nostre spade, canaglia!…»

      «Ci serviranno per strigliarvi per bene!…» disse Carmaux.

      «Compagni!… Fuoco su questi furfanti!…

      Quattro o cinque spari rimbombarono: le palle andarono a conficcarsi nella credenza, senza riuscire ad attraversare le massicce tavole.»

      «Che concerto clamoroso,» disse Wan Stiller. «Possiamo intuonare anche noi qualche pezzo rumoroso?»

      «Siete liberi,» rispose Carmaux.

      «Allora cercheremo di fare qualche cosa.»

      Wan Stiller strisciò lungo la credenza e raggiunse l’angolo opposto nel momento in cui gli spagnuoli, credendo di fugare gli avversarii, facevano una nuova e più rumorosa scarica.

      «Ci siamo,» disse. «Uno lo faccio partire di certo per l’altro mondo.»

      Un soldato aveva introdotto attraverso lo squarcio il suo spadone tentando di far saltare una tavola della credenza. Certo di non venire importunato dagli assediati, non si era nemmeno presa la briga di tenersi nascosto dietro la porta.

      Wan Stiller che lo aveva veduto, allungò rapidamente l’archibugio e lasciò partire il colpo.

      Lo spagnuolo, colpito in pieno petto, lasciò cadere lo spadone, allargò le braccia e cadde addosso ai compagni che gli stavano dietro. La palla lo aveva fulminato.

      Gli assalitori, spaventati da quell’inaspettata fucilata, retrocessero mandando urla di furore.

      Nell’istesso momento in lontananza si udì a rombare cupamente il cannone.

      Carmaux aveva mandato un grido:

      «È un cannone da caccia della Folgore!…»

      «Tuoni d’Amburgo!…» esclamò Wan Stiller, diventando pallido come un cencio lavato. «Cosa succede a bordo del nostro legno?»

      «Che sia un segnale?» chiese Moko.

      «O che stiano per assalire la nostra nave?» si chiese Carmaux, con angoscia.

      «Andiamo a vedere!…» gridò Wan Stiller.

      Stavano per slanciarsi verso la scala, quando nel corridoio s’udì una voce a tuonare.

      «Addosso, camerati!… Il cannone tuona nella baia!… Non mostriamoci da meno dei soldati del forte!…»

      «Per centomila squali!…» urlò Carmaux. «Non ci lasciano un minuto di pace!… Attenti all’attacco!…»

      «Siamo pronti a riceverli,» risposero Moko e Wan Stiller.

      Un secondo colpo di cannone rimbombò verso la costa, seguito da una nutrita scarica di fucileria.

      Quasi nell’istesso momento i soldati del


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