Bollettino del Club Alpino Italiano 1895-96. VariousЧитать онлайн книгу.
compiendo il penoso pellegrinaggio da Chamonix al Montanvert. In essa trovavasi un inglese che si era già provvisto di occhiali verdi, di un velo e di scarpe per la montagna, e che non gli mancava più che una guida per terminare i suoi preparativi. Volgendosi al Rey e indicando dapprima la Mer de Glace e quindi il Chapeau, gli chiese: «Combiang?»—«Voilà, Monsieur,»—replicò Rey, scoprendosi e indicando con la mano sinistra un gruppo di piuttosto poveri campioni della Société des Guides,—«voilà les guides pour la Mer de Glace; moi, je suis pour la Grande Montagne».
Emilio Rey possedeva in sommo grado tutte le qualità che fanno le grandi guide: audacia, sangue freddo, prudenza, robustezza, abnegazione, gentilezza di maniere, tali erano le supreme doti dell’uomo, del quale intessiamo brevemente la vita. La prima di queste qualità fu certamente il grande amore per l’ammaliante sirena dei monti, un amore come pochi professano e che egli portava sino all’idolatria. Era, si può dire, «l’enfant gâté» della montagna: non visse che per essa e… morì per la medesima. L’ideale della sua vita fu l’alpinismo, nel quale navigò in tutti gli orizzonti, in tutte le sue manifestazioni. Ma fu un pilota abile che seppe evitare lo scoglio anche nel più forte della tempesta.
Il mare, quell’infinita distesa di liquido glauco che v’invita voluttuosamente a tuffarvici e vi procura sensazioni indescrivibili, il mare infido, ad un tratto, quando meno ve l’aspettate, vi inghiotte e sparite nel caos. Tale è la montagna. Quale è la sorte dei marinai, dei marinai che si sono affacciati impassibili cento volte sulla porta degli abissi? Così quella delle guide; così fu di Emilio Rey, benchè fosse attento e coraggioso timoniere.
Sebbene il suo temperamento e la sua indole avida di novità lo spingessero sempre avanti, sapeva fermarsi quando e dove al coraggio sostituivasi la temerità. Egli non oltrepassò mai i limiti concessi dalla prudenza, e non si potrebbe trovare un accidente toccato ad un suo viaggiatore.
«Avec cela, chercheur toujours en éveil, sans routine dans le choix des routes et des moyens d’accés. En s’occupant de vaincre l’obstacle immediat du terrain, son œil fouillait dejà au loin et sa pensée concevait l’assaut prochain. Sobre, ennemi du tabac, d’une propreté méticuleuse qui ne se fiait jamais aux porteurs dans les soins de la cuisine et l’entretien des refuges, complaisant pour ses camarades, il n’avait aucune des prétentions ridicules de certains grands guides, dont les épaules se croyent déshonorées par la présence d’un sac».—Così Miss Richardson, che del Rey poteva darci un adeguato giudizio, lei che l’ebbe, per molto tempo, a condividere e l’amaro e il dolce della rude vita alpina. Gli inglesi, così parchi nelle lodi, per Emilio Rey calpestano la loro naturale ritrosia e freddezza e ce lo dipingono quale era realmente, con un colorito caldo… veramente alpino.
Terminando, non posso a meno di riportare uno stralcio di lettera del dott. Paul Güssfeldt, che per l’autorevole persona che l’ha scritta, torna al massimo vanto del nostro Emilio: «… Vous savez que j’ai tenu Rey dans la plus haute estime, qu’il m’a rendu les plus grands services, qu’il était d’un courage, d’une adresse, d’une connaissance des montagnes sans pareil et qu’il restait fidèle a son devoir sans crainte de mort».
Al monumento, che auspice la Sezione Torinese del C. A. I. gli alpinisti erigeranno prossimamente a Courmayeur, paese nativo di Emilio Rey, si raccolgano le giovani reclute ad infiammarsi di quell’entusiasmo e di quell’ardimento mai venuti meno alla grande guida, e cerchino di seguirne le orme, sia nell’assennata audacia, che nella piacevol arte di aggradire. Esso costituirà un pegno, un mutuo contratto tra le guide e l’alpinismo.
Courmayeur, marzo 1896.
Debbo qui pubblicamente ringraziare distinte persone che col Rey avendo viaggiato erano in grado di pronunziare giudizii e fornire ragguagli sulle loro salite. Al Cunningham per il prezioso dono del suo «The Pioneers of the Alps;» a M. von Déchy, al dott. P. Güssfeldt, a Miss K. Richardson, ecc., l’attestazione della mia sentita riconoscenza.
Va pure ricordata l’opera prestatami dalla gentilissima signorina Mary Ruffier di Courmayeur, nella ricerca e nell’interpretazione di articoli comparsi su riviste anglo-sassoni. Ch’essa riceva un grazie di cuore. G. B.
Spedizione scientifica al Monte Rosa
(1894 e 1895).
Indagini sulle acque e sulle nevi delle alte regioni
Per eseguire le indagini che mi accingo ad esporre, la spedizione, composta di me, del dott. Lorenzo Scofone mio assistente, e di Carlo Viziale, inserviente del laboratorio di materia medica dell’Università di Torino, si era stabilita all’alpe detta di Lavez, situata a 2450 m. sul livello del mare, in Val di Gressoney, lungo le pendici erbose digradanti dalla punta del Telcio che si spicca dalla cresta che scende dal Lyskamm a morire nel vallone di Indren, sopra Gressoney la Trinità.
L’alpe è una casetta che si compone di una grande stalla al piano terreno e di due stanze al primo piano; delle quali l’una serviva da laboratorio e da cucina, l’altra da dormitorio e da laboratorio per i lavori più delicati. La posizione non potrebbe essere migliore per chi vuol attendere a ricerche sulla montagna. I ghiacciai sono accessibili in tre ore; la vetta stessa del Rosa si può comodamente raggiungere in nove o dieci ore. Il luogo dove sorge l’alpe è riparato dai venti del nord ed ha un largo orizzonte davanti a sè che permette di godere il sole dal mattino alla sera.
Il proprietario, sig. Monterin Alberto di Gressoney la Trinità, informato dal compianto barone Luigi di Peccoz del nostro progetto di spedizione e della ricerca che facevamo di un luogo ove stabilirci, ci offrì la casa gratuitamente, arredandola dei mobili necessarii; sono lieto di potergli qui rendere pubbliche grazie; ricordo anche con riconoscenza e rammarico il barone Peccoz, il quale pure ci fu largo di aiuti e di preziosi consigli, e certamente avrebbe fatto ancora molto in pro’ della nostra impresa se avesse vissuto6.
Noi ci proponemmo anzitutto di esaminare le acque della regione, scendendo dalle più alte ottenute dalla fondita delle nevi delle vette, a quelle dei ghiacciai, ed a quelle dei torrenti, dei laghi e delle sorgenti. Il nostro esame si estendeva tanto alla composizione chimica quanto alla morfologica. Nel presente lavoro non si tratta che la parte chimica.
I.
Studio chimico delle acque del Rosa
1º Acque di neve e di ghiaccio
Per raccogliere e conservare le nevi e i ghiacci ho fatto costrurre delle cassette di latta doppie, cioè chiudentisi l’una nell’altra. La cassetta interna ha la base di cm. 28,5 × 15 e l’altezza (compreso il coperchio) di cm. 21,5: quella esterna, la base di cm. 34,5 × 20,5 e l’altezza di cm. 27,5. Nella cassetta interna, rinchiudentesi con un coperchio, si metteva il ghiaccio e la neve da analizzarsi, nello spazio fra le due cassette, si introduceva della neve o del ghiaccio pesto. Per preservare l’esterno della cassetta maggiore dai raggi solari la si involgeva poi ancora in una fodera fatta di rozzo feltro spesso.
Questo sistema si dimostrò oltremodo pratico ed utile; la neve esterna durava per parecchie ore, tanto da darci sempre il tempo di scendere al laboratorio. E se si riponevano le cassette entro alla piccola cantina dove si custodiva il latte, e dove grazie ad una corrente d’acqua la temperatura non saliva mai oltre i 9°, il ghiaccio esterno poteva durare due giorni, e quello interno anche cinque o sei.
Le dimensioni delle cassette vennero studiate in relazione a quelle della portantina destinata al loro trasporto. Noi ci siamo valsi del modello di Vittorio Sella7, assai leggero e resistente; su una portantina si possono sovrapporre comodamente due cassette doppie, e gettandovi sopra una coperta si trasportano per delle ore al sole senza che vi sia fusione di sorta.
Il sig. V. Sella ebbe la cortesia di incaricarsi della costruzione delle portantine, le quali si mostrarono comode e leggere; il prezzo è di L. 12 ciascuna
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Debbo anche un ringraziamento alla Ditta Narizzano la quale ci regalò una quantità di scatole delle sue conserve alimentari veramente eccellenti e raccomandabili agli alpinisti per la loro ottima confezione. Anche il sig. dott. Robecchi ci spedì da Strevi una cassetta dei suoi rinomati vini e vermuth, che furono uno dei lussi maggiori della nostra modesta spedizione.
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Vedi “Boll. C. A. I.„ vol. XXIII (n. 57) p. 313.