Bollettino del Club Alpino Italiano 1895-96. VariousЧитать онлайн книгу.
d’ozio cui sono condannati gli abitanti delle alte valli per i mesi nei quali dura l’inverno, mentre insegnando loro un po’ di disegno, di plastica, d’intaglio in legno, si potrà facilmente procurare loro occupazione e guadagno. Scrisse quindi molto attorno a tale soggetto, ed in uno dei vari articoli faceva appello alle signore e signorine frequentatrici della montagna affinchè dedicassero qualche ora durante i mesi di permanenza negli alti villaggi ad insegnare alle ragazze più intelligenti a costrurre cornicette per fotografie, a far pizzi, ad applicare fiori disseccati su piccoli cartoncini, ed eseguire tutti quei piccoli ninnoli che a loro servono a far passare le ore di noia, onde aiutare il sorgere, anche da noi, dell’industria dei cosidetti ricordi per touriste, tanto in fiore e proficua in altre contrade alpine.
Attratta l’attenzione degli amanti della montagna in favore di quelle buone ed oneste popolazioni, data una spinta alle piccole industrie, credè opportuno parlar anche dell’apicoltura in montagna, poco costosa e rimunerativa se razionalmente coltivata e che potrebbe diventare fonte maggiore di guadagno fra gli abitatori dei monti e specialmente per quelli che dimorano vicino a foreste che consiglia di «provare a stabilire società d’apicoltura sul genere delle latterie sociali, le quali hanno avuta una così bella riuscita nelle Alpi».
Il desiderio del bene, del progresso, lo spinge sempre a nuove proposte tutte utili e fonte di benessere avvenire. Quindi non si contenta di vedere quelle brulle pendici, ora aride e bruciate dal sole, coprirsi di alberi fronzuti, solcate da freschi rivi, abitate da popolazioni industriose, agiate, ma vuol pure che su quel verde manto sorgano alberghi alpini, all’ombra di alte conifere, onde favorire da noi sempre più, quella tendenza al monte, che per lui rappresentava il mezzo più giusto e sicuro per ottenere tempre gagliarde, caratteri forti, e per attrarre d’oltr’alpe numerosi stranieri che ora cercano svago e salute in altri paesi.
Incoraggiò quindi moralmente e materialmente molti di coloro che si accinsero a tale impresa e, non contento di recarsi personalmente sul sito a dar consigli, pubblicava uno scritto (Osservazioni agli albergatori delle valli Italiane) nel quale sono riassunte molte saggie e pratiche norme che oggi ancora dovrebbero essere lette dagli albergatori alpini.
Li invitava a costrurre da principio soltanto dei piccoli châlets, chè ai grandi fabbricati avrebbero pensato poi, ma voleva camerette pulite, urbanità di modi, prezzi miti e possibilmente una tariffa unica, onde il viaggiatore sapesse sempre quanto doveva spendere e non si esponesse ad aver questioni alla partenza. «Abbiate cura—diceva Egli—dei vostri alberghi, e gli stranieri d’ogni nazione in gran numero verranno a voi, porteranno il benessere nella popolazione e se saranno ben trattati, lascieranno con rincrescimento le vostre belle montagne, colla promessa di ritornarvi l’anno dopo. Abbandonate ogni idea d’isolamento, d’egoismo, di gelosia ed anche di concorrenza; un solo pensiero vi animi, quello di ricevere e trattar bene i viaggiatori. A tale scopo dovreste radunarvi una volta all’anno, discutere insieme i vostri interessi comuni, i modi di approvvigionare i vostri alberghi, specialmente quelli che hanno comunicazioni difficili.»
Egli vide durante le sue frequenti gite che gli albergatori delle nostre valli sono generalmente buona gente del paese, pieni di volontà, ma che non essendo mai usciti dal loro guscio non hanno idea del come devono condursi, consiglia quindi questi volonterosi, a mandare i loro figli a servire nei grandi alberghi, specialmente in quelli delle montagne svizzere, onde vedano ed imparino a vantaggio loro e del paese.
Vorrebbe che il proprietario dell’albergo illuminasse i viaggiatori su tutto quanto può interessarli e li mettesse in guardia contro le inciviltà di certi tali, che non pensano che a sfruttarli, invece di vedere in essi dei veri benefattori che vengono a spendere danaro in casa loro.
Alla questione degli alberghi alpini egli strettamente collegava quella della costruzione di rifugi nelle alte valli, sulla strada delle grandi ascensioni, o sui colli più frequentati. Scrisse in merito un lungo e pregevole articolo sull’Utilità pratica dei rifugi alpini, dove si lagna che non siasi ancora capito quanti vantaggi importantissimi arrechino queste capanne, non solo a chi esplora le montagne, ma ben anco per il numero grandissimo di turisti che attireranno e che ne faranno meta di gite interessanti.
Insiste pure sull’idea che in alcuni di essi, i quali per la posizione loro meglio si prestano, venga stabilito servizio d’osteria, sotto la sorveglianza del Club, a cui spetta il porsi a capo di tale movimento, sussidiando quei volonterosi che si presteranno alla sua attuazione od anche assumendolo a proprio carico nei primi tempi, poichè la sola iniziativa privata potrà da noi, per ora, difficilmente addossarsi un tale peso. Spiega poi come e dove tali servizi si potrebbero stabilire, dando a prova di tutte le sue asserzioni i risultati ottenuti specialmente in Austria.
Ed oggi tale idea va da noi svolgendosi per opera di benemerite sezioni e, può dirsi ormai non lontana l’epoca nella quale avrà completa attuazione.
Il suo nome, dal giorno in cui, nel 1865, comparve nella prima sottoscrizione apertasi al nostro Club per costruire una grotta sui fianchi del Cervino, figurò sempre su tutte le liste degli oblatori, non solo per cospicue somme, ma anche per oggetti da servire all’arredamento di detti rifugi.
«Lo studio dei monti—diceva Egli—è uno studio fecondo di grandi idee, grandi quindi saranno le nazioni che vi si dedicano». Ma affinchè queste idee trovassero terreno pronto a farle fruttare, a svolgerle, avrebbe voluto che ogni alpinista fosse dotato d’una soda ed ampia coltura. Nè con ciò intendeva di vedere in ognuno di essi uno scienziato, od uno specialista di questa o di quella dottrina, ma che, pur mantenendosi semplici alpinisti, fossero in grado di notare nelle loro relazioni quelle osservazioni che una mente colta può facilmente fare sui fenomeni naturali osservabili durante un’escursione, affinchè gli studiosi possano trarre dati utili a chiarire punti ignorati o mal conosciuti dalla scienza.
Quindi si doleva allorchè nelle pubblicazioni alpine vedevano la luce degli scritti unicamente o troppo alpinistici, ed anche quando trattavano di una sola regione, perchè Egli non credeva cosa buona che i nostri Clubs dovessero solamente illustrare i paesi nei quali erano stati fondati, poichè per lui l’alpinismo non aveva confini.
I primi articoli che trattano di grandi ascensioni e che videro la luce nelle pubblicazioni nostre, furono in gran parte da lui tradotti da giornali del C. A. Inglese e da quelli Tedeschi, e subito accanto ad essi altri ne vediamo di varietà e geografici, quali i Viaggi ed ascensioni in Norvegia, in cui ci descrive questo singolare paese «così bello ed attraente per gl’immensi ghiacciai, per le innumerevoli cascate, per le folte foreste, per le montagne pur grandiose, malgrado la non grande elevazione, ma sopratutto per l’incomparabile incanto dei magnifici fjords»; quelli sulle Società di geografia ed i Clubs Alpini, sull’Oberland ed i suoi ghiacciai, sulla catena del Suffaid Koh e sulla regione di Jellalabad nell’Afghanistan, sulle Esplorazioni nelle grandi Ande dell’Equatore, il sunto del libro del professore Albert Heim di Zurigo sui terremoti ed il loro studio scientifico, nel quale succintamente ci dà le norme da seguirsi affinchè qualunque persona, anche non munita di strumenti, possa riuscire a fare osservazioni; la descrizione del termografo stato collocato sul Faulhorn, occasione propizia a lui per muovere invito agli italiani di fare anche loro qualche cosa di simile su quelle vette ove non è possibile stabilire osservatorî; un lungo scritto sul nuovo metodo per lo studio dei ghiacciai, ecc.
È a lui, conoscitore di parecchie lingue, che si deve lo svolgimento preso dalla «Bibliografia» nel nostro «Bollettino» prima e nella «Rivista Mensile» poi, ove ci tenne continuamente al corrente di quanto accadeva e si pubblicava oltr’alpe, portando a conoscenza nostra ciò che praticavano i potenti Clubs d’Inghilterra, di Germania e Austria, di America, ecc.
Nè mancava mai di dar risalto ai punti dai quali avevamo qualcosa di buono da imparare, qualcosa di utile da imitare, ed affinchè ci servisse di sprone e di norma sicura e non rimanessimo indietro agli altri, iniziò nel 1874 la compilazione della Rivista generale dei Clubs e delle Società Alpine, che mantenne al corrente sino alla sua morte.
Mentre poi ci segnalava quanto di meglio facevano gli altri, non appena anche da noi qualcosa si era ottenuto, lo rendeva noto agli stranieri, esaltando l’opera nostra, onde ce ne venisse stima maggiore.
Le nostre pubblicazioni ebbero da lui un impulso vigoroso,