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Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio. Dawn BrowerЧитать онлайн книгу.

Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio - Dawn Brower


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persone si ricordavano di lei come Lisanna. Sua madre la chiamava ancora così in certe occasioni, solitamente quando si arrabbiava con lei. Sullivan non la chiamava Lisanna da così tanto tempo da essersi dimenticata come suonasse pronunciato da lui. Qualcosa doveva essere cambiato in lui, ma non era sicura se le piacesse.

      Lana decise di ignorarlo e portò la propria attenzione su Preston. “Che cosa mi è successo?”

      “Sei stata coinvolta in un incidente stradale con Jessica” rispose. “Che cosa ti ricordi?”

      Le si accese una lampadina nella mente, e poi era come se udisse ancora lo stridere del metallo sul metallo. Le gomme che stridevano dallo sforzo—era stato orribile.

      L’infermiera entrò in stanza e le porse un bicchiere di ghiaccio. Lana se ne mise un po’ in bocca con l’ausilio di un cucchiaio, ricordandosi che l’incidente non era più in corso. Non voleva riviverlo, ma temeva che l’avrebbe perseguitata nei suoi incubi per un po’ di tempo a venire. Dopo aver deglutito alcuni ghiaccioli alzò lo sguardo su Preston e rispose alla sua domanda, “la stavo portando all’ospedale”. Lana non voleva dirgli nulla di più. Jessica poteva già avergli confessato tutto, e nonostante pensava che il dottore avesse il diritto di sapere tutto, non era un segreto che Lana poteva condividere. “Un’auto ci ha colpite”.

      “Esatto”, disse. “Jessica sta bene. È stata operata ed è stata dimessa un paio di settimane fa. Sarà felice di vedere che sei sveglia”.

      Lana si accigliò. “Non è rimasta ferita?”

      “Non ho detto che non è stato così”, rispose Preston. “Ha dovuto essere operata ulteriormente alla procedura che era stata programmata. Ma tu eri ferita molto peggio di lei”.

      Se Lana avesse letto fra le righe, avrebbe appreso che Preston fosse al corrente dell’operazione alla quale Jessica doveva essere sottoposta in primis. Ad ogni modo non voleva rischiare. Dopo aver parlato con Jessica avrebbe compreso meglio che cosa le era successo.

      “Che cosa mi è successo?”

      “Quella stronza, Imogen, voleva vendicarsi di sua sorella, e vi ha colpite con l’auto” sbottò Sullivan. “Verrà condannata per tentato omicidio”.

      Preston gli rivolse un’occhiata. “Non è il momento”.

      Le labbra di Sullivan formarono una linea retta. Era incazzato…chi era la sorella di Imogen? Intendeva Jessica? Le faceva male la testa solamente a pensarci. Si massaggiò le tempie e riportò l’attenzione su Preston. La sua rabbia sembrava diretta ad Imogen. Si era reso conto della propria colpevolezza? Era uscito con lei accogliendolo nelle loro vite. A Lana non era piaciuta Imogen sin da subito, ed era prima che Sullivan iniziasse ad uscire con lei. Ovviamente non aveva aiutato il fatto che gli fosse piaciuta una bionda immatura, ma non era questo il punto. Lui non vedeva oltre il bel viso della ragazza, e voleva dare la colpa agli altri per le azioni di Imogen. Imogen, e solamente Imogen, era responsabile per il caos che aveva causato.

      “Avevi una piccola ferita alla membrana attorno al cuore. Una delle tue costole ha bucato un polmone e ti ha tagliato il cuore. Fortunatamente non ti trovavi lontano dall’ospedale, ed i primi soccorsi sono arrivati velocemente, o avresti rischiato di non farcela”.

      Lana deglutì. Una ferita al cuore sarebbe potuta essere fatale. Era fortunata di essere sopravvissuta. Se le fosse successo altrove, e se Preston non fosse stato il suo dottore…allontanò il pensiero. Le cose succedono per una ragione. Non era sicura quale fosse al momento, ma l’avrebbe scoperto in seguito.

      “Per quanto sono rimasta incosciente?”

      “Troppo” mormorò Sullivan sottovoce.

      Preston gli rivolse un’altra occhiataccia. Sullivan era restato al suo fianco più a lungo di quanto pensasse? Avrebbe posto ulteriori domande dopo essersi riposata. Sorprendentemente era ancora stanca, nonostante avesse sicuramente dormito per giorni. Essere feriti faceva schifo.

      “Sullivan ha ragione” disse Preston con fare allegro. Stava probabilmente cercando di lusingarla per non farla preoccupare. Una ferita al cuore era qualcosa di serio, e se la sua pressione sanguinea si fosse alzata, avrebbe complicato le cose. “Sei stata incosciente per una settima. Mi aspettavo di tenerti sotto osservazione per un’altra settimana, ma mi sento a mio agio a dimetterti”.

      Lana grugnì. “Odio essere una paziente”.

      “A nessuno piace stare in ospedale” disse Preston ridacchiando. “Non ti preoccupare. La renderemo il più facile possibile per te. Me ne vado così puoi riposare”. Poi guardò Sullivan e disse con decisione, “Dieci minuti e poi te ne vai anche tu”.

      Stranamente Sullivan annuì senza ribattere. Lana non avrebbe dovuto essere sorpresa dal suo essere d’accordo con il dottore. Lana e Sullivan non avevano un rapporto facile, e forse il ragazzo non vedeva l’ora di uscire dalla stanza. Preston e l’infermiera uscirono, lasciandola sola con Sullivan.

      “Non ho bisogno che tu resti tutti i dieci minuti” disse Lana. “Sono stanca. Puoi dire a mia madre che vorrei vederla domattina?”

      “Lo farò” disse. “E non resterò a lungo. Volevo assicurarmi che stessi bene prima di seguire il dottore”.

      Perché era così preoccupato? Non si era mai comportato come se gli importasse prima d’ora. Era stato più un fastidio nella sua vita. Quasi in modo fraterno. Soppresse un grugnito ed alzò mentalmente gli occhi al cielo a quel ricordo lontano. Non era la sua dannata sorella, e forse un giorno gliel’avrebbe detto. “Sto bene”, gli disse. “O starò bene con il tempo. Niente che un po’ di riposo non possa curare”.

      “Non scherzarci su” disse brevemente. “Sei quasi morta. Io—“ s’interruppe. Lana voleva chiedergli di continuare, ma evitò di prolungare la cosa. Principalmente perché era troppo stanca per ribattere, e parzialmente causa l’espressione addolorata sul viso di lui. Qualcosa al riguardo la metteva a disagio e le faceva pensare che fosse meglio non conoscere i meccanismi della mente di Sullivan.

      Lana sospirò. “Non capisco che cosa ti stia succedendo, ed in questo momento sono esausta per cercare di decifrare il tuo umore. Se non ti dispiace adesso mi riposo, e quando avrai capito che cosa ti frulla nella mente, fammi un favore e lasciamici fuori”.

      Chiuse gli occhi aspettandosi che lui se ne andasse; dopo tutto l’aveva essenzialmente congedato. Lana avrebbe dovuto rendersi conto che non sarebbe stato così semplice. Sullivan non faceva mai le cose nel modo più facile. Quando aprì gli occhi trovò il suo sguardo su di lei, e prese un respiro. Il modo in cui la fissava—era quasi come se non esistesse nessun altro in quel momento, se non loro due.

      “Lisanna” disse. Fece per dirgli di non chiamarla così, ma lui la zittì posando un dito sulla sua bocca. “Non ribattere”. Le accarezzò i capelli con fare amorevole. “Prenditi cura di te stessa. Tornerò domattina con tua madre”.

      Poi fece qualcosa che non aveva mai fatto prima. Si abbassò e posò brevemente le labbra sulle sue. Lo shock la pervase, lasciandola senza parole. Dopo che Sullivan se ne andò, Lana si portò una mano sulle labbra, sfiorandosi le labbra con le dita. In che realtà alternativa si era risvegliata?

      CAPITOLO DUE

      I monotoni muri bianchi della sua stanza d’ospedale stavano portando Lana sull’orlo della pazzia. Spenti, noiosi, e privi di emozione—li avrebbe uccisi aggiungere un po’ di design a questo posto? Peggio ancora, li aveva fissati per diversi giorni, ed era pronta per scatenare una rivolta per scappare da queste mura. Dal reparto di terapia intensiva era stata spostata in una normale stanza due giorni prima, ed ora voleva fuggire dell’ospedale alla prima occasione. Razionalmente comprendeva il motivo per il quale si trovava ancora lì, ma emotivamente era pronta per andare a casa. Quando Preston era venuto a controllarla, lei aveva fatto del proprio meglio per convincerlo a dimetterla.

      “Sembri stare meglio” disse un maschio riportandola al presente.

      Alzò lo sguardo trovando quello di Sullivan. L’era venuta a trovare tutti i giorni da quando si era svegliata. Lana ancora non comprendeva come mai fosse così premuroso nei suoi confronti.


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