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Il Conte Libertino. Dawn BrowerЧитать онлайн книгу.

Il Conte Libertino - Dawn Brower


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praticando qualcosa di rozzo come la medicina. La loro sensibilità era troppo delicata per tali questioni. In teoria, probabilmente Lady Marian pensava che fosse una grande idea ma, se mai avesse affrontato la realtà, senza dubbio sarebbe svenuta alla vista di una persona malata. Le malattie e le ferite erano una questione complicata e spiacevole. Lui quasi rabbrividiva all’idea di avvicinarsi a qualcuno malato o insanguinato.

      «Credevate davvero che Sir Anthony avrebbe permesso a una donna di diventare membro?» le chiese Jonas. «È più all’antica della maggior parte degli uomini della sua generazione.».

      «Speravo che comprendesse le mie ragioni.» rispose Lady Marian, «Sono abbastanza ferrata e tutto ciò di cui ho bisogno è una guida adeguata per raggiungere il livello successivo. Non permetteranno mai a una donna di studiare liberamente all’università. Questa era la mia ultima possibilità per acquisire le competenze necessarie per assistere le persone bisognose di cure mediche.». Emise un respiro esasperato. «Ma non mi aspetto che voi capiate.».

      In effetti, lui non capiva e non aveva intenzione di provarci. Perché qualcuno, uomo o donna che sia, si lascerebbe coinvolgere dalla medicina? Jonas non ne comprendeva l’attrattiva. C’erano cose migliori da fare con una donna, specialmente nel suo letto. Riguardo agli uomini, l’idea di toccarne uno per qualsiasi motivo al di fuori degli incontri di pugilato al “Gentlemen Jack” lo faceva rabbrividire. Preferiva colpirli, piuttosto che sanare qualunque malattia li affliggesse.

      «Bene.» le disse con calma, «Dovremo convenire di non essere d’accordo sulla questione. Fortunatamente per entrambi, non dipende da me che voi proseguiate con questa ridicola abitudine. Lascerò che sia vostro padre a guidarvi correttamente.».

      Lei si voltò a guardarlo. «Avete perfettamente ragione. Se io dovessi sopportare la vostra compagnia ogni giorno, potrei persuadere un essere supremo affinché ponesse fine alla mia miseria. Grazie al cielo, il destino ci ha collocati agli opposti di ogni questione immaginabile e ci ha salvati da un innegabile disastro.».

      «Dubito che sia così grave, mia cara.» rispose lui seccamente, «Deve pur esserci qualcosa che ci accomuni.».

      «Non credo.» ribatté lei, «Voi siete il peggior tipo di uomo. Condiscendente e ignorante, convinto del contrario.».

      Lui alzò un sopracciglio. «Come mai? Che cosa ho fatto per darvi un’impressione così riprovevole?».

      «Respirate.» gli disse lanciandogli un’occhiataccia, «Non è già abbastanza?».

      Jonas non riuscì a ricordare di essersi divertito di più. Di solito gli piaceva colpire qualcosa per alleviare la mente dallo stress di vivere la sua vita. Apparentemente, gli sembrava di avere tutto. Un futuro titolo di duca e una considerevole fortuna di diritto… peccato che non desiderasse ottenere il titolo di suo nonno né cercasse moglie. Era in guerra con se stesso. Voleva che il Duca di Southington morisse di una miserabile morte e vivesse per sempre allo stesso tempo. Ad ogni modo, lui era sia vincitore che vinto. Lady Marian gli aveva fatto dimenticare tutto per qualche istante. Una cosa che non accadeva spesso, e avrebbe dovuto ringraziarla per questo. Tuttavia, non pensava che lei avrebbe accettato la sua gratitudine.

      «È increscioso che troviate irritante la mia capacità di vivere.» le rispose, «Odio creare fastidio.». Mantenne la voce più neutra possibile, «Fortunatamente per voi, stiamo per essere separati. Forse, quando ci incontreremo di nuovo, non sarete così avversa alla mia esistenza.».

      «Preferirei non rivedervi mai più.», lei si agitò sul sedile. I suoi capelli rossi, ancora umidi per la pioggia, si erano appiccicati al suo collo. Grosse ciocche ricadevano dagli spilloni che li tenevano in ordine, conferendole un aspetto quasi mascolino. Il che le si addiceva abbastanza: aveva idee contro natura e un’aura selvaggia che la circondava. Niente e nessuno avrebbe potuto impedirle di fare ciò che voleva. Jonas la trovava piuttosto attraente e la cosa non gli piaceva. «Le buone maniere prevedono che io vi sia grata per il vostro aiuto e vi esterni la mia gratitudine… non sono in grado di soddisfare tali aspettative. Vi trovo piuttosto rozzo e indelicato. È stato difficile trattenere la mia piena opinione.».

      «Allora lasciatela andare.» la incoraggiò. La sua voce aveva un tono forte che lui non poté evitare neanche se avesse voluto. Quella conversazione aveva preso la piega sbagliata e trasformarla in qualcosa di più piacevole era al di sopra delle sue capacità. «Non vorrei che soffriste per lo sforzo. Fidatevi di me, sono in grado di gestire tutto ciò che vorrete scagliarmi contro.».

      «Per quanto sia tentata di fare come suggerite, devo rifiutare.». Gli rivolse un sorriso sensuale, quel piccolo sfacciato doveva sapere che cosa stava facendo. Ciò aumentò il livello di calore tra loro, già sull’orlo dell’ebollizione; tuttavia, questa volta bruciava in un modo completamente diverso. La rabbia che si scatenava nel profondo si era placata, e rapidamente si era trasformata in un desiderio che non aveva mai provato prima. L’impulso di baciarla era troppo allettante e dovette tenersi a distanza. Lei lo aveva incantato con le sue parole dure, l’arguzia acuta e il viso stupendo.

      «Non vi capiterà di nuovo.» ribatté lui, non poteva fare a meno di provocarla. Si comportava come il mascalzone che lei credeva che fosse e non le mostrava un briciolo di più. Se lei voleva che fosse scortese, allora non avrebbe potuto deluderla. «Siete sicura di voler rifiutare?». La parte malata e contorta di sé preferiva quel loro fervido battibecco.

      «È meglio che io rifiuti.». La carrozza si fermò e lei aprì la porta per uscire in fretta. «Se mi vedrete di nuovo, fate un favore ad entrambi e ignoratemi. Sarebbe spiacevole dover trovare qualcos’altro di odioso l’uno dell’altra… ma, d’altra parte, che cosa abbiamo da perdere? A mai più rivederci, Lord Harrington. Non mi trovereste così ben disposta, se accadesse. Non ho paura di dire ciò che penso.». Con quelle ultime parole, scese dalla carrozza e non si voltò indietro.

      Non c’era bisogno che lo informasse della propria schiettezza, lui lo aveva dedotto appena l’aveva incontrata. Era sempre stata una donnina sfacciata. Ad essere onesti, quella era stata forse la conversazione più lunga che avessero mai tenuto. Una parte di sé non poteva fare a meno di ammirare la sua tenacia. Una cosa era certa però, lei si era fatta strada e aveva ottenuto la sua attenzione. Non c’era modo di tornare indietro. Che cosa diavolo era successo? E, ancora più sorprendente, non vedeva l’ora di farlo di nuovo…

      Marian entrò in casa e andò direttamente in salotto. Le sue care amiche dovevano essere già lì, in attesa del suo arrivo. Le risate che echeggiavano lungo il corridoio la misero a suo agio. Entrò e vide sua cugina, Lady Kaitlin Evans, con la sua cara amica Lady Samantha Chase, che confabulavano. Le due donne erano tutto per Marian, non sapeva che cosa avrebbe fatto senza di loro. Sostenevano e incoraggiavano i suoi sogni, mentre suo padre non credeva che li avrebbe mai realizzati. Marian voleva dimostrargli che si sbagliava. Lo amava, dopotutto era suo padre, ma in qualche modo era cattivo come Sir Anthony e Lord Harrington.

      Samantha alzò lo sguardo all’arrivo di Marian. Le sue trecce color mezzanotte erano raccolte in un elegante chignon, con dei riccioli che incorniciavano il suo bel viso. I suoi occhi erano di un blu così scuro da sconfinare nel nero. Un tratto distintivo della sua famiglia che era stato tramandato di generazione in generazione: anche suo fratello, Gregory Cain, l’attuale Conte di Shelby, li aveva uguali. Lo rendevano quasi diabolico. Un qualcosa che molte donne immaginavano, e ognuna di esse credeva di poterlo accalappiare. Era un libertino e un mascalzone peggiore di Lord Harrington.

      «Oh, sei tornata.» disse Samantha alzandosi in piedi. «Vieni, siediti e raccontaci tutto.» disse indicando un posto vuoto.

      «Sir Anthony ha accettato di aiutarti?» chiese Kaitlin. Si portò una ciocca dorata dietro l’orecchio, i suoi occhi blu erano l’opposto di quelli di Samantha, erano del colore di un fiordaliso. Kaitlin era l’epitome di tutto ciò che un gentiluomo inglese avrebbe potuto desiderare. Era bionda, con gli occhi azzurri e dolce come i dessert più deliziosi. Sfortunatamente, la sua timidezza la penalizzava. La maggior parte dei possibili pretendenti la ignorava perché non spiccava.

      Marian scosse la testa, «Ha rifiutato.».

      «Mi dispiace.» disse Kaitlin.

      «Non


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