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Visione D'Amore. Dawn BrowerЧитать онлайн книгу.

Visione D'Amore - Dawn Brower


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convinto, ma era il massimo che riuscì a fare. Fremeva dalla voglia di andare a curiosare in giro. Non poteva certo starsene lì a consolare Ben.

      "Io ..." Stava per dire qualcosa ma la voce le si spezzò in gola. Ben stava guardando in su e agitava freneticamente le mani. “Che cavolo fate? Ferma!” gridò. E balzò in avanti, forse per cercare di salvare la situazione.

      Anya non capì subito quello che stava succedendo. Per qualche secondo rimase interdetta a guardare Ben, poi quando lo vide balzare alle sue spalle si voltò e scorse un operaio sul palco a pochi passi da lei con un enorme proiettore in mano. L’uomo procedeva di spalle e ed era ignaro del groviglio di cavi contro cui stava andando a sbattere. Ben si lanciò verso di lui…ma non fece in tempo. L’operaio inciampò e il proiettore gli sfuggì dalle mani, piombando proprio su Anya, che provò all’ultimo istante a schivarlo…senza riuscirci. Il proiettore le crollò rovinosamente addosso, sbattendola con la testa per terra.

      Anya sentì un lancinante dolore, vide la sala girarle vorticosamente attorno…e poi più nulla. Il mondo scomparve completamente ai suoi occhi, e ogni suo pensiero venne ingoiato dal vuoto.

      CAPITOLO SECONDO

      Anya si svegliò con un violento mal di testa. Sentiva tanti piccoli martelli batterle allegramente per tutto il cranio, ma in particolar modo sulla fronte e gli occhi. Aveva paura di aprire le palpebre, per paura di peggiorare le cose. Che cosa era successo? Non riusciva a ricordare come si era fatta male e nemmeno voleva saperlo.

      Una luce intensa le fluttuava addosso, costringendola a pararsi la faccia con le mani. Voltò la testa e socchiuse lentamente gli occhi.

      "Chi ha acceso le dannate luci?" borbottò.

      "È ora di svegliarsi, Miss Ana. - esclamò la voce di una donna - Il duca e la duchessa tra poco saranno in sala da pranzo per la colazione, e vostro padre si aspetta che vi comportiate come una vera signora."

      "Ma io sono una vera signora!" si adirò Anya. Era una Lady a tutti gli effetti, con un gran bel titolo alle spalle! "Non mi sento bene. Vi prego di porgere loro le mie scuse.” mugolò, e si rannicchiò di nuovo nelle coperte, seppellendovisi dentro. Ma di colpo le parole della donna accesero una luce, nella sua mente confusa: "Quale duca e duchessa?" Ancora più importante: chi diavolo era quella, e che ci faceva nella sua stanza da letto senza il suo permesso? Qualcosa non quadrava.

      Lentamente, abbassò la coperta e aprì con cautela un occhio. La donna indossava una specie di uniforme di color grigio opaco che la copriva interamente, dal collo alle caviglie. Era di una foggia... antica. Non c’era altro modo per descrivere…quell’abito. "Chi siete voi?" farfugliò.

      "Ora basta, signorina Ana,- la rimproverò la donna, agitandole un dito davanti agli occhi - Fingere di essere indisposta non vi solleverà dai vostri doveri.” Posò sul letto un abito di un certo lusso, di un tristissimo blu scuro, e dalla foggia fuori moda, come la sua divisa.

      “Ho già preparato il vostro abito da colazione. Stamane dovrete recarvi al porto e imbarcarvi. Il viaggio fino in Germania è lungo, e non vi resta molto tempo per prepararvi.”

      Ma perché continuava a chiamarla Ana? Qualcosa le sfuggiva. L’aveva scambiata per qualcun’altra? Se era così, che ci faceva lei in quella stanza…e in quel letto? Si mordicchiò il labbro inferiore, assolutamente confusa. La testa le pulsava ancora tremendamente. C'era una sola cosa che poteva fare, per sciogliere la matassa: adattarsi alla situazione.

      Lentamente, si mise a sedere. Che strana camicia da notte, che indossava. Avrebbe dovuto chiamare i suoi genitori e scoprire perché l’avevano spedita a casa di questo duca e di questa duchessa. Anya lanciò un’occhiata alla donna che le stava davanti e che la fissava con quei suoi occhi di fuoco: non le piaceva affatto. Guardò l’abito e arricciò il naso.

      "Devo proprio indossare questa roba?” domandò.

      La donna la guardò, torva. "Cosa c'è che non va in quest’abito?" chiese. Poi aggrottò la fronte. Anya la guardò meglio: aveva i capelli castani striati di bianco e due occhi grigi più freddi dell’acciaio. La innervosiva. "È fatto della seta più fine. Avete scelto proprio voi il modello.”

      Non si sarebbe mai sognata di fare una cosa del genere, ma non aveva senso discutere con la donna. Invece, sospirò e tese la mano. "Bene. Lasciate qui, che mi lavo e mi vesto.”

      "Da sola?” esclamò la donna, sgranando gli occhi.

      “Certo. Mi vesto da sola da quando ero piccola!” Ma in che posto stava? Quella donna si comportava come una istitutrice d’inizio secolo. Ormai nessuno aveva più istitutrici, in casa!

      "Ma...vi sentite male davvero?" esclamò la donna, e le si avvicinò. Le mise una mano sulla fronte. “Eppure, non mi sembra che abbiate la febbre.”

      Al tocco di quelle mani fredde Anya si ritrasse. "Per favore, non toccatemi!" sibilò. Afferrò il vestito e si alzò. "Ora, per cortesia, lasciatemi sola."

      "Hmmph. - mugolò la donna - Oggi siete di pessimo umore! Non sareste così acida se andaste a dormire presto, la sera, invece di starvene a leggere chissà cosa alla luce della lampada fino a notte inoltrata! Comunque, sbrigatevi. Ai Duchi non piace aspettarvi per colazione, lo sapete.” Ciò detto, uscì brontolando dalla stanza.

      Ma come si permetteva? Lei era Lady Anya Montgomery, diamine, e nessuno le aveva mai parlato a quel modo! Si sfilò quell’assurda e pesantissima camicia, armeggiando a lungo coi laccetti, e si mise a frugare per la stanza cercando la sua stanza da bagno…ma non ne trovò. Pensò che forse in quella casa il bagno si trovava nel corridoio…o in un’ala apposita…ma sinceramente non aveva voglia di uscire e aprire ogni porta per cercarlo. Scavò disperatamente in tutti gli armadi alla ricerca della sua biancheria intima, il suo reggiseno…ma ancora niente, tranne scomodissimi e antiquati corsetti, e mutandoni di pizzo che non avrebbe nemmeno saputo come indossare.

      Guardò affranta l’abito appoggiato sul letto. Era abbastanza largo, forse nessuno avrebbe notato che non portava biancheria intima. Con un sospiro lo indossò, ma abbottonarsi dietro fu una vera impresa…con quel mal di testa, poi! Non riuscì che abbottonarsi sommariamente, ma pensò che sarebbe bastato. Tremava dalla testa ai piedi. Se quell’odiosa donna con cui aveva parlato si fosse accorta del suo abbigliamento trasandato cosa le avrebbe fatto? Sperò di non incontrarla più…

      Sospirò. Non aveva ancora idea di dove fosse, ma l'avrebbe scoperto presto. Si sedette alla sua vanità per truccarsi…ma quando si guardò allo specchio quasi urlò per la drammatica sorpresa: non era lei, quella che la guardava dall’altra parte dello specchio! Si passò freneticamente le mani sugli occhi, sperando che fosse tutto un incubo, poi si premette disperatamente le dita sugli zigomi, con tanta energia che per poco non si graffiò con le unghie. Ma quando riaprì gli occhi quell’immagine estranea era ancora lì, davanti a lei, che la guardava con la sua medesima angoscia. Dio, ma cosa le stava succedendo? Quella non era lei! Si passò una mano tra i capelli, mentre gocce di sudore le imperlavano la fronte. Non poteva essere reale. Stava sognando…o stava galleggiano in un limbo da cui non riusciva a svegliarsi…

      La donna l'aveva chiamata Ana, non Anya. Il nome suonava quasi uguale, per questo non ci aveva subito fatto caso…ma se lei non era più Anya chi era quella ragazza che la guardava dallo specchio?

      Cominciò a tremare: si era svegliata nel corpo di un’altra donna? Questo, benché assurdo, forse poteva essere una spiegazione…ma perché? Dio aveva voluto punirla per qualcosa? Era morta e si era ritrovata in un altro corpo? Eppure dentro…era lei, sì, era ancora lei! Le sembrava di trovarsi in uno di quei film angosciosi che le avevano sempre fatto paura. Forse, se fosse tornata a letto e si fosse riaddormentata, tutto sarebbe tornato a posto. Desiderò con tutte le sue forze di chiudere gli occhi e ricominciare tutto daccapo. Ma capì che non era possibile.

      Guardò il letto con ansia: e se si fosse fatta solo un sonnellino? Al risveglio si sarebbe accorta che si era trattato solo di un brutto sogno. Sarebbe tornata se stessa, e al diavolo quella brutta arpia in cui si era imbattuta poco prima!

      Si


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