Scambi. Marco FoglianiЧитать онлайн книгу.
“E allora, mamma, che cosa diavolo hai combinato alla mia povera nonnina?”, pensai tra me, come se la mia mente si fosse risvegliata al'improvviso alla sua domanda. “Il papà lo diceva spesso che avevi una rotella fuori posto, una vena di follia. E pensare che io non gli ho mai creduto.”
“E allora cosa?”, le chiesi, cercando di risvegliami da quella specie di brutto sogno.
“Allora la penitenza, padre. E l'assoluzione. Lo so che ho fatto una cosa molto brutta, ma me la può dare lo stesso l'assoluzione?”
Non ero in grado di ragionare. Pronunciai velocemente e a bassa voce la formula dell'assoluzione che avevo imparato quella stessa mattina, concludendo con un ampio segno di croce a mo' di benedizione.
“La prego, mi dia anche una penitenza. Anche se portarsi da sola il peso di questo segreto per tanti anni è già stato per me una mezza punizione, credo che non sia sufficiente.”
Cercai di pensare ad una penitenza un po' dura nei suoi confronti, ma proprio non mi venne in mente nulla. Poverina, era pur sempre la mia povera vecchia mamma.
“Dica cinque Ave Marie … anzi, facciamo dieci … dopo ogni pasto … compresa la colazione … finché il Signore le darà vita. E adesso voglia scusarmi, ma devo andare. C'è un'altra signora che ha bisogno di me e che mi sta aspettando. Stia in pace, e coraggio.”
Uscii dalla stanza un po' alla chetichella e tornai nei miei soliti abiti. Cambiandomi mi tornarono in mente i dettagli della mia finzione, per la quale avevo previsto che il sacerdote prendesse il caffè.
“Padre, si sta dimenticando del suo caffè!”, dissi con la mia voce di donna.
“La ringrazio, ma devo proprio scappare”, risposi con la voce del prete e sbattei la porta dell'ingresso per far sentire bene che era uscito.
Che pessima idea che mi era venuta in mente, di andarmi ad impicciare degli affari di mia madre!
Ancora nel panico, riportai al teatro gli abiti che avevo preso in prestito; dopodiché passai, stavolta veramente, nella vicina parrocchia a cercare un prete per la confessione.
“Sì, vengo subito. Gli darò anche l'unzione dei malati, se le sue condizioni sono quelle che mi hai riferito”, mi disse con grande pacatezza e disponibilità il primo sacerdote che incontrai.
“Mamma, svegliati mamma. Ti ho portato un sacerdote per la confessione, come mi avevi chiesto”, le dissi, appena entrata, interrompendo il suo sonnellino.
“Ma come? Se mi sono confessata appena poche ore fa”, mi ha risposto lei.
“Ma che dici, mamma? Te lo sei sognata? O hai avuto delle allucinazioni? Devo chiedere al medico se qualcuno di questi nuovi farmaci che ti ha prescritto può portare conseguenze di questo tipo, come effetti collaterali. Adesso vi lascio soli, che ho un po' da fare in cucina.”
Il prete si trattenne parecchio, forse anche mezz'ora. Quando uscì dalla stanza di mamma era sereno e tranquillo, né più né meno di quando vi era entrato.
“Avete finito? Tutto bene?”, gli chiesi.
“Sì, sì, tutto a posto.”
“Venga, che le offro un caffè.” Lui accettò volentieri, mentre io, ancora nel panico, fui seriamente tentata di chiedergli di confessare anche me. Ma non lo feci. Gli dissi soltanto:
“Per fortuna che ci siete voi preti.”
Non ho mai parlato con nessuno di quanto successo quel giorno, nemmeno con mia madre; che però, ho notato, da allora in poi ha preso l'abitudine di recitare dieci Ave Maria dopo ogni pasto (compresa la colazione), e mi pare anche qualcuna prima di mangiare.
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