Эротические рассказы

Orlando Furioso. Lodovico AriostoЧитать онлайн книгу.

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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senza più obligarsi o a questo o a quello,

      pensò bastar per amendua il suo annello.

36

      Volgon pel bosco or quinci or quindi in fretta

      quelli scherniti la stupida faccia;

      come il cane talor, se gli è intercetta

      o lepre o volpe, a cui dava la caccia,

      che d'improviso in qualche tana stretta

      o in folta macchia o in un fosso si caccia.

      Di lor si ride Angelica proterva,

      che non è vista, e i lor progressi osserva.

37

      Per mezzo il bosco appar sol una strada:

      credono i cavallier che la donzella

      inanzi a lor per quella se ne vada;

      che non se ne può andar, se non per quella.

      Orlando corre, e Ferraù non bada,

      né Sacripante men sprona e puntella.

      Angelica la briglia più ritiene,

      e dietro lor con minor fretta viene.

38

      Giunti che fur, correndo, ove i sentieri

      a perder si venian ne la foresta,

      e cominciar per l'erba i cavallieri

      a riguardar se vi trovavan pesta;

      Ferraù, che potea fra quanti altieri

      mai fosser, gir con la corona in testa,

      si volse con mal viso agli altri dui,

      e gridò lor: – Dove venite vui?

39

      Tornate a dietro, o pigliate altra via,

      se non volete rimaner qui morti:

      né in amar né in seguir la donna mia

      si creda alcun, che compagnia comporti. —

      Disse Orlando al Circasso: – Che potria

      più dir costui, s'ambi ci avesse scorti

      per le più vili e timide puttane

      che da conocchie mai traesser lane? —

40

      Poi volto a Ferraù, disse: – Uom bestiale,

      s'io non guardassi che senza elmo sei,

      di quel c'hai detto, s'hai ben detto o male,

      senz'altra indugia accorger ti farei. —

      Disse il Spagnuol: – Di quel ch'a me non cale,

      perché pigliarne tu cura ti dei?

      Io sol contra ambidui per far son buono

      quel che detto ho, senza elmo come sono. —

41

      – Deh (disse Orlando al re di Circassia),

      in mio servigio a costui l'elmo presta,

      tanto ch'io gli abbia tratta la pazzia;

      ch'altra non vidi mai simile a questa. —

      Rispose il re: – Chi più pazzo saria?

      Ma se ti par pur la domanda onesta,

      prestagli il tuo; ch'io non sarò men atto,

      che tu sia forse, a castigare un matto. —

42

      Soggiunse Ferraù: – Sciocchi voi, quasi

      che, se mi fosse il portar elmo a grado,

      voi senza non ne fosse già rimasi;

      che tolti i vostri avrei, vostro mal grado.

      Ma per narrarvi in parte li miei casi,

      per voto così senza me ne vado,

      ed anderò, fin ch'io non ho quel fino

      che porta in capo Orlando paladino. —

43

      – Dunque (rispose sorridente il conte)

      ti pensi a capo nudo esser bastante

      far ad Orlando quel che in Aspramonte

      egli già fece al figlio d'Agolante?

      Anzi credo io, se tel vedessi a fronte,

      ne tremeresti dal capo alle piante;

      non che volessi l'elmo, ma daresti

      l'altre arme a lui di patto, che tu vesti. —

44

      Il vantator Spagnuol disse: – Già molte

      fiate e molte ho così Orlando astretto,

      che facilmente l'arme gli avrei tolte,

      quante indosso n'avea, non che l'elmetto;

      e s'io nol feci, occorrono alle volte

      pensier che prima non s'aveano in petto:

      non n'ebbi, già fu, voglia; or l'aggio, e spero

      che mi potrà succeder di leggiero. —

45

      Non potè aver più pazienza Orlando

      e gridò: – Mentitor, brutto marrano,

      in che paese ti trovasti, e quando,

      a poter più di me con l'arme in mano?

      Quel paladin, di che ti vai vantando,

      son io, che ti pensavi esser lontano.

      Or vedi se tu puoi l'elmo levarme,

      o s'io son buon per torre a te l'altre arme.

46

      Né da te voglio un minimo vantaggio. —

      Così dicendo, l'elmo si disciolse,

      e lo suspese a un ramuscel di faggio;

      e quasi a un tempo Durindana tolse.

      Ferraù non perdè di ciò il coraggio:

      trasse la spada, e in atto si raccolse,

      onde con essa e col levato scudo

      potesse ricoprirsi il capo nudo.

47

      Così li duo guerrieri incominciaro,

      lor cavalli aggirando, a volteggiarsi;

      e dove l'arme si giungeano, e raro

      era più il ferro, col ferro a tentarsi.

      Non era in tutto 'l mondo un altro paro

      che più di questo avessi ad accoppiarsi:

      pari eran di vigor, pari d'ardire;

      né l'un né l'altro si potea ferire.

48

      Ch'abbiate, Signor mio, già inteso estimo,

      che Ferraù per tutto era fatato,

      fuor che là dove l'alimento primo

      piglia il bambin nel ventre ancor serrato:

      e fin che del sepolcro il tetro limo

      la faccia gli coperse, il luogo armato

      usò portar, dove era il dubbio, sempre

      di sette piastre fatte a buone tempre.

49

      Era ugualmente il principe d'Anglante

      tutto fatato, fuor che in una parte:

      ferito esser potea sotto le piante;

      ma le guardò con ogni studio ed arte.

      Duro era il resto lor più che diamante

      (se la fama dal ver non si diparte);

      e l'uno e l'altro


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