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Concessione D’armi . Морган РайсЧитать онлайн книгу.

Concessione D’armi  - Морган Райс


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con un tonfo metallico.

      Kendrick lo imitò e così fecero anche Bronson e Srog, tutti riluttanti ma sapendo che era la cosa più saggia da fare.

      Dietro di loro si udì lo schianto di migliaia di armi che cadevano al suolo mentre tutti i MacGil e i Silesiani si arrendevano.

      Tiro sorrise.

      “Ora scendete da cavallo,” ordinò loro.

      Uno alla volta scesero e si misero davanti ai loro cavalli.

      Tiro sorrise assaporando la vittoria.

      “Per tutti gli anni durante i quali sono stato esiliato nelle Isole Superiori e ho invidiato la Corte del Re, il mio fratello maggiore e tutto il suo potere. Ma ora quale fra i MacGil detiene tutto il potere?”

      “Il potere della slealtà non è potere per niente,” gli rispose Bronson.

      Tiro si accigliò e fece un cenno ai suoi uomini.

      Quelli scattarono in avanti e con delle rozze funi legarono a tutti i polsi. Poi iniziarono a trascinarli via in qualità di prigionieri.

      Mentre Kendrick veniva tirato, improvvisamente gli vene in mente suo fratello, Godfrey. Erano partiti tutti insieme, eppure non aveva ancora visto né lui né i suoi uomini da nessuna parte. Si chiese se in qualche modo fosse riuscito a fuggire e pregò che trovasse un destino migliore del loro. In qualche modo si sentiva ottimista.

      Con Godfrey non si poteva mai sapere.

      CAPITOLO QUATTRO

      Godfrey cavalcava a capo dei suoi uomini, affiancato da Akorth, Fulton e il suo generale Silesiano, procedendo accanto al comandante dell’Impero che aveva deliberatamente pagato. Godfrey cavalcava con il sorriso stampato in viso, ben più che soddisfatto mentre osservava la divisione degli uomini dell’Impero, diverse migliaia di forti soldati che cavalcavano con loro, spinti dalla stessa causa.

      Rifletté con soddisfazione sulla paga che aveva dato loro – infinite borse d’oro – richiamando alla memoria l’espressione sui loro volti, felice che il suo piano avesse funzionato. Non ne era stato certo fino all’ultimo momento, e per la prima volta poteva tirare un sospiro di sollievo. C’erano molti modi di vincere una battaglia, dopotutto, e lui ne aveva appena vinta una senza spargere una sola goccia di sangue. Probabilmente questo non lo rendeva cavalleresco o coraggioso come gli altri guerrieri. Ma era pur sempre vittorioso. E a conti fatti non era forse quello l’obiettivo? Preferiva mantenere i suoi uomini in vita usando un po’ di corruzione che vederne metà uccisi nel  mezzo di qualche avventato atto di cavalleria. Era così che era fatto.

      Godfrey aveva lavorato sodo per ottenere ciò che aveva. Aveva utilizzato tutte le sue conoscenze del mercato nero attraverso bordelli, vicoli secondari e taverne per scoprire chi dormiva con chi, quali bordelli venivano frequentati dai comandanti dell’Impero nell’Anello e quale comandante in particolare fosse più disponibile ad vendersi per denaro. Godfrey aveva una sacco di contatti illeciti – in effetti aveva trascorso tutta la sua vita a raccoglierli – e ora gli erano tornati utili. E non gli aveva nuociuto per nulla pagare profumatamente ciascuno dei suoi contatti. Alla fine aveva fatto buon uso dell’oro di suo padre.

      Ciononostante non poteva sapere se fossero veramente affidabili, non fino all’ultimissimo momento. Non c’era nessuno capace di imbrogliare quanto un ladro, e lui aveva dovuto cogliere l’occasione che gli si offriva. Sapeva che si trattava di un terno al lotto e che quelle persone erano tanto affidabili quanto l’oro con il quale li pagava. Ma li aveva comprati con oro veramente molto fino e loro si erano dimostrati più affidabili di quanto avesse immaginato.

      Ovviamente non sapeva per quanto tempo quella divisione di truppe dell’Impero gli sarebbero rimasti leali. Ma almeno avevano scampato una battaglia e per il momento li avevano dalla loro parte.

      “Mi ero sbagliato sul vostro conto,” disse una voce.

      Godfrey si voltò e vide il generale Silesiano portarsi accanto a lui e guardarlo con ammirazione.

      “Devo ammettere che ho dubitato di voi,” continuò. “Mi scuso. Non potevo immaginare il piano che avevate programmato. Ingegnoso. Non metterò più in dubbio le vostre parole.”

      Godfrey sorrise, sentendosi rivendicato. Tutti i generali, tutti i tipi dell’esercito, avevano dubitato di lui per tutta la vita. Alla corte di suo padre, una corte di guerrieri, era sempre stato guardato con disdegno. Ora, finalmente, si stavano rendendo conto che, a modo suo, anche lui poteva essere competente quanto loro.

      “Non ti preoccupare,” disse Godfrey. “Mi metto in dubbio io stesso. Sto imparando strada facendo. Non sono un comandante e non ho alcun piano geniale se non quello di sopravvivere in ogni modo possibile.”

      “E ora dove andiamo?” chiese il generale.

      “A raggiungere Kendrick, Erec e gli altri e fare ciò che possiamo per supportare la loro causa.”

      Continuarono a galoppare, migliaia di uomini, una sgraziata e turbolenta alleanza tra i soldati dell’Impero e quelli di Godfrey, salendo e scendendo dalle colline, percorrendo lunghe, aride e polverose pianure, diretti verso la valle dove Kendrick aveva dato loro appuntamento.

      Mentre avanzavano un milione di pensieri si rincorrevano nella mente di Godfrey. Si chiese come se la fossero cavata Kendrick ed Erec; si chiese quanto si fossero trovati in minoranza numerica e si chiese come se la sarebbe cavata lui stesso nella battaglia successiva, una battaglia vera. Non c’era più modo di evitarla, non aveva altri assi nella manica e aveva finito l’oro.

      Deglutì nervoso. Sentiva di non avere lo stesso livello di coraggio che tutti gli altri sembravano avere e per cui sembravano essere tutti nati. Tutti gli altri sembravano così impavidi in battaglia e anche nella vita. Ma Godfrey doveva ammettere che aveva paura. Quando si veniva al sodo, alla battaglia vera e propria, sapeva che non si sarebbe tirato indietro. Ma era tuttavia goffo e impacciato, non aveva le abilità degli altri e non sapeva per quante altre volte gli dei della fortuna lo avrebbero assistito.

      Agli altri sembrava non interessare se sarebbero morti: sembravano tutti desiderosi di donare le loro vite per la gloria. Godfrey apprezzava la gloria. Ma amava di più la vita. Amava la sua birra, il suo cibo: anche ora sentiva lo stomaco che brontolava, avvertiva l’urgenza di tornarsene alla salvezza della taverna da qualche parte. Una vita di battaglia non faceva per lui, punto e basta.

      Ma poi pensò a Thor, là fuori da qualche parte, prigioniero. Pensò a tutti i suoi parenti che combattevano per la medesima causa e capì che lì il suo onore, per quanto macchiato, lo costringeva ad andare.

      Continuarono a galoppare e finalmente giunsero alla sommità di un picco da cui riuscirono a vedere l’intera vallata che si apriva sotto di loro. Si fermarono e Godfrey strizzò gli occhi, accecato dal sole, cercando di ricomporsi e trovare un senso a ciò che aveva di fronte. Sollevò una mano per fare schermo contro  la luce e guardò, confuso.

      Poi, con orrore, tutto divenne chiaro. Gli si fermò il cuore: là sotto migliaia di uomini di Kendrick, di Srog e di Erec venivano trascinati via, legati come prigionieri. Quelle erano le forze armate con le quali avrebbe dovuto incontrarsi. Erano completamente circondati da un numero di soldati dell’Impero almeno dieci volte superiore al loro esercito. Erano a piedi, i polsi legati, tutti prigionieri, tutti condotti via. Godfrey sapeva che Kendrick ed Erec non si sarebbero mai arresi a meno che non ci fosse una buona ragione. Sembrava che fossero stati incastrati.

      Godfrey rimase impietrito, paralizzato dal panico. Si chiese come potesse essere successo. Si era aspettato di trovarli tutti nel bel mezzo di una battaglia ad armi pari, si era aspettato di lanciarsi alla carica e unirsi a loro. Invece ora stavano scomparendo all’orizzonte, ormai a mezza giornata di cammino da loro.

      Il generale dell’Impero si portò accanto a Godfrey e lo sbeffeggiò.

      “Sembra che i tuoi uomini abbiano perso,” gli disse. “Questo non faceva parte del nostro patto.”

      Godfrey si voltò verso di lui e vide quanto ansioso sembrasse.

      “Ti ho pagato bene,” gli disse nervosamente, ma cercando di mostrare una voce più sicura possibile mentre sentiva


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