L’ascesa Del Prode . Морган РайсЧитать онлайн книгу.
padre si fece avanti velocemente e la abbracciò, un abbraccio forte da capitano. Lei ricambiò la stretta, persa tra i suoi muscoli, sentendosi sana e salva.
“Sei mia figlia,” le disse con fermezza, “non dimenticarlo.” Poi abbassò la voce in modo che gli altri non potessero udire e aggiunse: “Ti voglio bene.”
Kyra si sentiva sopraffatta dall’emozione, ma prima di poter rispondere lui si voltò rapidamente e si allontanò. Nello stesso istante Leo piagnucolò e le balzò addosso spingendole il naso contro il petto.
“Vuole venire con te,” disse Aidan. “Prendilo: avrai più bisogno tu di lui che io, qui confinato a Volis. In ogni caso è tuo.”
Kyra abbracciò Leo, incapace di rifiutare dato che sembrava non volerla lasciare. Si sentì confortata dall’idea che venisse con lei, dato che ne aveva sentito fortemente la mancanza. Poteva avere a disposizione altri due occhi e due orecchie e non c’era nessuno di più leale di Leo.
Pronta, Kyra montò in sella ad Andor e gli uomini di suo padre si fecero da parte. Avevano disposto delle torce in suo onore lungo tutto il ponte tenendo lontana la notte e illuminando il sentiero per lei. Guardò oltre e vide il cielo che si oscurava, le terre selvagge davanti a sé. Provava eccitazione, paura e soprattutto un senso di dovere. Una certa finalità. Davanti a lei si trovava l’impresa più importante della sua vita, un’impresa che teneva in ballo non solo la sua identità, ma il destino di tutta Escalon. Non poteva esserci posta più elevata.
Con il bastone legato attorno alla spalla, l’arco dall’altra parte, Leo e Dierdre accanto a lei, Andor sotto di lei e tutti gli uomini di suo padre che la guardavano, Kyra iniziò ad indirizzare Andor verso i cancelli della città. Inizialmente avanzò lentamente, tra le torce, oltre gli uomini, sentendosi come se stesse camminando in un sogno, verso il proprio destino. Non si guardò alle spalle non volendo perdere convinzione. Un basso corno venne fatto suonare dagli uomini di suo padre, un corno di partenza, in suono di rispetto.
Si preparò a spronare Andor, ma lui la anticipò. Si mise prima al trotto e poi ruppe al galoppo.
Nel giro di pochi istanti Kyra si trovò a correre in mezzo alla neve, oltre i cancelli di Argos, sopra al ponte, nei prati aperti, il vento freddo nei capelli e niente davanti a lei se non una lunga strada, creature selvagge e la notte che incombeva buia.
CAPITOLO QUATTRO
Merk correva in mezzo al bosco, barcollando lungo la discesa polverosa, facendosi strada tra gli alberi con le foglie di Boscobianco che scricchiolavano sotto i suoi piedi mentre correva con tutto se stesso. Guardava davanti a sé senza perdere di vista le lontane nubi di fumo che riempivano l’orizzonte oscurando il tramonto rosso sangue. Provava un crescente senso di urgenza. Sapeva che la ragazza si trovava laggiù da qualche parte, probabilmente rischiando di essere assassinata da un momento all’altro, ma non riusciva a far sì che le sue gambe corressero più velocemente.
Sembrava che la necessità di uccidere lo trovasse ovunque, lo incontrasse a ogni svolta, quasi ogni giorno, proprio allo stesso modo in cui gli uomini venivano chiamati a casa per la cena. Aveva un appuntamento con la morte, diceva sempre sua madre. Quelle parole gli risuonavano nelle orecchie e lo avevano perseguitato per tutta la vita. Erano parole che semplicemente si auto-avveravano? O era forse nato sotto una cattiva stella?
Per Merk uccidere era una parte naturale della sua vita, come respirare o pranzare, non importava per chi lo stesse facendo o come. Più ci pensava e più provava un forte senso di disgusto, come se volesse vomitare tutta la sua vita. Ma mentre dentro di sé tutto gli gridava di tornare indietro, di iniziare una nuova vita, di continuare il suo pellegrinaggio verso la Torre di Ur, semplicemente non ci riusciva. Ancora una volta la violenza lo stava convocando e ora non era il momento di ignorare il suo richiamo.
Merk correva, le nuvole di fumo si gonfiavano e si facevano più vicine rendendogli più difficile respirare. L’odore del fumo gli pungeva le narici e una sensazione familiare iniziò ad impossessarsi di lui. Non era paura ma, dopo tutti quegli anni, neppure eccitazione. Era una sensazione di familiarità. Della macchina da guerra che stava per diventare. Questo era sempre ciò che accadeva quando andava in battaglia – la sua battaglia privata. Nella sua versione di battaglia l’avversario veniva ucciso corpo a corpo: non doveva nascondersi dietro a una visiera o a un’armatura o all’applauso di una folla come quei cavalieri mascherati. Dal suo punto di vista si trattava della battaglia più coraggiosa di tutte, riservata ai veri guerrieri come lui.
Eppure mentre correva Merk sentiva qualcosa di diverso. Non gli interessava chi vivesse o morisse, quello era solo un lavoro. Questo gli consentiva di ragionare con chiarezza, libero dall’annebbiamento delle emozioni. Ma questa volta era diverso. Per la prima volta da quando poteva averne memoria nessuno lo stava pagando per farlo. Stava procedendo per sua propria volontà, per nessun’altra ragione che la pietà per quella ragazza e il desiderio di rettificare i torti. Questo lo faceva sentire investito di un compito, e quella sensazione non gli piaceva. Ora rimpiangeva di non aver agito prima e di averla mandata via.
Merk correva con passo regolare, senza portare con sé nessuna arma dato che non ne aveva bisogno. Aveva solo il suo pugnale alla cintura e quello gli bastava. In effetti avrebbe anche potuto non usarlo. Preferiva entrare senza armi nella battaglia: questo prendeva i suoi avversari sempre alla sprovvista. E poi poteva sempre strappare le armi al proprio avversario e usarle contro di lui. Questo lo lasciava con un immediato arsenale ovunque andasse.
Merk uscì di colpo da Boscobianco e gli alberi lasciarono il posto a pianure aperte e colline ondeggianti. Un grande sole rosso lo accolse, ormai basso all’orizzonte. La vallata si apriva davanti a lui, il cielo al di sopra nero, come se arrabbiato, pieno di fumo e in fondo le fiamme infuriavano laddove poteva solo esserci la fattoria della ragazza. Merk poteva sentire da lì le agghiaccianti grida di uomini, criminali le cui voci erano piene di soddisfazione e sete di sangue. Con occhio da professionista scrutò la scena del crimine e li vide subito, una decina di uomini con i volti illuminati dalle torce che tenevano in mano mentre correvano avanti e indietro dando fuoco a ogni cosa. Alcuni correvano dalle stalle alla casa posando le torce su tetti di paglia mentre altri massacravano il bestiame innocente colpendo gli animali con delle accette. Vide che uno di loro trascinava un corpo per i capelli nel fango.
Una donna.
Il cuore di Merk iniziò a battere forte nel cuore chiedendosi se si trattasse della ragazza e se lei fosse viva o morta. La stava trascinando verso quella che sembrava essere la famiglia della ragazza, tutti legati al fienile con delle corde. C’erano il padre e la madre e accanto a loro quelli che sembravano le sue sorelle, entrambe più piccole e giovani di lei. Mentre il vento spostava una nuvola di fumo nero Merk colse uno scorcio dei lunghi capelli biondi della persona trascinata, imbrattati di terra, e capì che era lei.
Merk sentì un’ondata di adrenalina e partì di scatto correndo giù dalla collina. Entrò di corsa nel fango, correndo in mezzo alle fiamme e al fumo riuscendo finalmente a vedere ciò che stava accadendo: i familiari della ragazza, appoggiati alla parete, erano già tutti morti, con le gole tagliate e i corpi accasciati contro il muro. Provò un’ondata di sollievo vedendo che la ragazza che veniva trascinata era ancora viva e opponeva resistenza mentre la tiravano verso la sua famiglia. Vide che uno di quei delinquenti la stava aspettando con un pugnale in mano e capì che sarebbe stata la prossima vittima. Era arrivato troppo tardi per salvare la sua famiglia, ma non troppo tardi per risparmiare lei.
Merk sapeva di dover prendere quegli uomini alla sprovvista. Rallentò il passo e si mise a camminare con calma fino al centro del complesso, come se avesse tutto il tempo del mondo a disposizione, aspettando che lo notassero e intenzionato a confonderli.
Molto presto uno di essi lo vide. Il criminale si voltò immediatamente, scioccato dalla vista di un uomo che camminava con calma in mezzo a tutta quella carneficina, e avvertì i suoi compagni.
Merk percepì tutti gli occhi confusi puntarsi su di lui mentre procedeva, camminando con noncuranza verso la ragazza. L’uomo che la teneva si guardò alle spalle e si fermò vedendolo, lasciando andare la presa e facendola cadere nel fango. Si girò e si avvicinò a Merk insieme agli altri. Tutti quanti lo accerchiarono, pronti a combattere.
“Cos’abbiamo