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L’ascesa dei Draghi . Морган РайсЧитать онлайн книгу.

L’ascesa dei Draghi  - Морган Райс


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enfatizzato dal chiasso di bestiame e cani. Kyra si chiedeva come potessero sempre lavorare con quel tempo, come potessero evitare che le mani gli si intorpidissero.

      Mentre si dirigevano verso il ponte unendosi alla folla, Kyra sollevò lo sguardo davanti a sé e le si strinse lo stomaco vedendo, in piedi vicino al cancello, diversi uomini del Lord, soldati del governatore locale incaricati da Pandesia, con indosso le loro tipiche armature di maglia scarlatta. Provò un lampo di indignazione vedendoli, condividendo il medesimo risentimento di tutto il suo popolo. La presenza degli uomini del Lord era ogni volta opprimente, ma lo era ancor più nel giorno della Luna d’Inverno, quando si trovavano sicuramente lì per chiedere qualsiasi genere di cosa alla sua gente. Erano come dei cacciatori di tesori per conto dei disprezzabili aristocratici che si erano stabiliti al potere fin dall’invasione dei Pandesiani.

      La debolezza del re precedente ne era la causa: li aveva fatti arrendere e questo lasciava loro poco di buono ora. La loro disgrazia adesso era che dovevano rimettersi alle decisioni di quegli uomini. Questo riempiva Kyra di rabbia. Era una situazione che rendeva suo padre e i suoi grandiosi guerrieri – e tutto il suo popolo – niente più che sevi di grado più elevato. Avrebbe disperatamente voluto che si ribellassero, che lottassero per la loro libertà, che combattessero la guerra che il re precedente aveva avuto paura di portare avanti. Ma sapeva anche che, se fossero insorti ora, avrebbero affrontato l’ira dell’esercito pandesiano. Avrebbero forse potuto respingerli se non avessero mai permesso loro di entrare, ma ora che erano trincerati, c’erano ben poche opzioni.

      Raggiunsero il ponte mescolandosi con la folla e al loro passaggio la gente iniziò a fermarsi, a guardare ed indicare il cinghiale. Kyra provò una certa soddisfazione nel vedere che i suoi fratelli stavano sudando sotto il peso dell’animale, sbuffando e ansimando. Mentre procedevano le teste si voltavano e la gente osservava, comuni paesani e guerrieri indistintamente, tutti impressionati dall’enorme bestia. Scorse anche alcune occhiate superstiziose mentre alcune delle persone si chiedevano se quello fosse un cattivo presagio.

      Ad ogni modo tutti gli occhi era rivolti con orgoglio verso i suoi fratelli.

      “Un bel bottino per la festa!” esclamò un contadino che conduceva un bue mentre si portava con loro sulla strada.

      Brandon e Braxton erano raggianti di orgoglio.

      “Darà da mangiare a metà della corte di vostro padre!” gridò un macellaio.

      “Come avete fatto?” chiese un sellaio.

      I due fratelli si scambiarono un’occhiata e Brandon alla fine sorrise all’uomo.

      “Un bel tiro e mancanza di paura,” rispose boriosamente.

      “Se non ci si avventura mai nel bosco,” aggiunse Braxton, “non si può mai sapere cosa si può trovare.”

      Un gruppetto di uomini esultò e diede loro delle pacche sulla schiena. Kyra, nonostante tutto, trattenne la lingua. Non aveva bisogno dell’approvazione di quella gente: sapeva bene da sé ciò che aveva fatto.

      “Non sono stati loro ad uccidere il cinghiale,” esclamò Aidan, indignato.

      “Tu taci,” gli sibilò contro Brandon voltandosi. “Ancora una parola e racconterò loro come te la sei fatta sotto mentre ti correva contro.”

      “Ma non me la sono fatta sotto,” protestò Aidan.

      “E pensi che ti crederanno?” chiese Braxton.

      Brandon e Braxton risero e Aidan guardò Kyra come in attesa di sapere cosa fare.

      Lei scosse la testa.

      “Non sprecare le forze,” gli disse. “La verità alla fine vince sempre.”

      La massa di gente si fece più fitta mentre passavano sopra al ponte trovandosi presto spalla a spalla con la gente oltrepassando il fossato. Kyra poteva percepire l’eccitazione nell’aria mentre calava il tramonto, le torce accese lungo il ponte e nelle strade, la neve che scendeva fitta. Sollevò lo sguardo davanti a sé e i battiti del cuore accelerarono, come sempre, vedendo l’enorme cancello ad arco del forte, sorvegliato da una decina di uomini di suo padre. In cima si trovavano le punte di una grata di ferro, ora sollevata, fatta di sbarre spesse e spunzoni affilati, abbastanza forte da mantenere alla larga qualsiasi avversario, pronta ad essere abbassata al minimo suono di corno. Il cancello di elevava di dieci metri e alla sua sommità si trovava un’ampia piattaforma che si allargava attraverso l’intero forte, ampi terrapieni di pietra dotati di sentinelle che tenevano sempre uno sguardo vigile. Volis era una bella fortezza e Kyra ne era sempre stata orgogliosa. Ciò che la rendeva ancora più degna di orgoglio erano gli uomini che si trovavano all’interno, gli uomini di suo padre, molti dei migliori guerrieri di Escalon che si erano lentamente raggruppati a Volis dopo essersi dispersi dalla resa del loro re, attirati come calamite da suo padre. Più di una volta aveva insistito con suo padre perché si dichiarasse nuovo re, come tutto il suo popolo desiderava che facesse, ma lui si era sempre limitato a scuotere la testa dicendo che non era fatto così.

      Mentre si avvicinavano al cancello, una decina degli uomini di suo padre corsero fuori a cavallo e le masse si fecero da parte per lasciarli andare verso il loro campo da allenamento, un’ampia zona circolare in mezzo ai campi fuori dal forte, circondato da un basso muro di pietra. Kyra si voltò e li guardò andare con il cuore che batteva forte. I campi da allenamento erano il suo posto preferito. Sarebbe stata lì a vederli combattere per ore, studiando ogni mossa, il modo in cui stavano a cavallo, come maneggiavano le spade, scagliavano le lance, roteavano i mazzafrusti. Quegli uomini uscivano ad allenarsi nonostante il buio che avanzava e la neve che cadeva, anche alla vigilia di un giorno di festa, e tutto perché volevano allenarsi, migliorarsi, perché avrebbero tutti preferito trovarsi sul campo di battaglia piuttosto che fare festa al coperto, come lei. Sentiva che quello era il suo vero popolo.

      Un altro gruppo di uomini di suo padre uscì, questi a piedi, e mentre Kyra si avvicinava al cancello con i suoi fratelli, essi si fecero da parte, insieme alla gente, per lasciare spazio a Brandon e Braxton che avanzavano con il loro cinghiale. Fischiarono in ammirazione e si raccolsero attorno a loro. Erano uomini robusti e muscolosi, più alti di trenta centimetri anche rispetto ai suoi fratelli che certo non erano piccoletti. La maggior parte aveva la barba brizzolata di grigio, erano tutti uomini sulla trentina o addirittura quarantina che avevano visto tantissime battaglie e che avevano servito il vecchio re, soffrendo l’oltraggio della sua resa. Uomini che, se fosse stato per loro, non si sarebbero mai arresi. Quelli erano uomini che avevano visto tutto e che non si lasciavano tanto impressionare da nulla, eppure sembravano colpiti da quel cinghiale.

      “L’avete ucciso voi, vero?” chiese uno di essi a Brandon avvicinandosi ed esaminandolo.

      La folla si infittì e Brandon e Braxton alla fine si fermarono prendendosi gli apprezzamenti e l’ammirazione di quei grandi uomini, cercando di non dare a vedere quanto affannosamente stavano respirando.

      “Sì” esclamò Braxton fieramente.

      “Un corno nero,” esclamò un altro guerriero avvicinandosi e facendo scorrere la mano sulla schiena dell’animale. “Non ne vedevo uno da quando ero ragazzo. Anche io una volta ho aiutato ad ucciderne uno, ma ero insieme a un gruppo di uomini e due di loro persero delle dita.”

      “Beh, noi non abbiamo perso niente,” disse Braxton con orgoglio. “Solo la punta di una lancia.”

      Kyra avvampò mentre gli uomini ridevano, chiaramente impressionati dalla preda, mentre un altro guerriero, il loro capo – Anvin – si faceva avanti e osservava con attenzione da vicino l’animale. Gli uomini lo lasciarono passare cedendogli lo spazio in segno di rispetto.

      Il comandante di suo padre, Anvin, era il preferito di Kyra tra gli altri uomini: rispondeva solo a suo padre e comandava su quei grandi guerrieri. Anvin era stato come un secondo padre per lei e lei lo conosceva da sempre. Lui le voleva bene, lo sapeva, e faceva sempre attenzione a lei. Cosa più importante, aveva sempre del tempo per lei e le mostrava le tecniche del combattimento con la spada e le armi quando gli altri non c’erano. Le aveva addirittura permesso di allenarsi con gli altri uomini in più di un’occasione e lei aveva apprezzato ogni singolo momento. Era il più tenace di tutti loro ma era anche quello con il cuore


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