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Sala Operativa . Джек МарсЧитать онлайн книгу.

Sala Operativa  - Джек Марс


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è più recente della mia,” disse Luke. “Perciò lasceremo a te l’onore. Com’è stato quando l’hai fatto?”

      Ed fece spallucce. “Spaventoso. Ce ne sono morti un paio. Non è come gli altri metodi che ho visto. Puoi folgorare persone tutto il giorno, finché la corrente è giusta. Fa male, ma non li uccide. Con questo la gente muore davvero. Affogano. Hanno dei danni cerebrali. Hanno arresti cardiaci. Questo è reale.”

      “Sentite,” disse Li. Adesso gli tremava tutto il corpo. “Il waterboarding va contro qualsiasi diritto bellico. È riconosciuto come tortura da ogni corpo internazionale. Violerete i diritti umani.”

      “Bello, all’improvviso sei tutto regole e norme,” disse Ed. “Per come la vedo io, uno che annega deliberatamente migliaia di persone non è umano. Direi che hai rinunciato ai tuoi diritti umani.”

      “Ragazzi,” disse Swann. “Questa cosa non mi piace.”

      Luke lo guardò. “Swann, ti avevo detto che era un buon momento per andartene. Prenditi una ventina di minuti. Dovrebbero bastare.”

      Swann si fece rosso in viso. “Luke, tutto ciò che ho letto dice che questa cosa non ti darà neanche delle informazioni decenti. Mentirà per farti smettere.”

      Luke non ricordava una singola volta in cui Swann avesse messo in discussione le sue azioni, prima. Sarebbe stato curioso di sapere se Swann stesse mettendo in discussione le sue azioni adesso. Comunque, scosse la testa.

      “Swann, non puoi credere a tutto ciò che leggi. Ho visto questa cosa far ottenere fattibili e accurate informazioni nel giro di minuti. E dato che il signor Li è nostro ospite qui, saremo in grado di verificare rapidamente ogni affermazione che farà. Possiamo anche rivedere quelle affermazioni con lui se si scopre che sono errate. La verità è che non vogliono che si faccia questa cosa perché, come Li ha accuratamente indicato, è qualificata come tortura. Però funziona, e nelle circostanze giuste funziona molto, molto bene.”

      Luke fece un cenno alla stanza vuota. “E queste sono le circostanze giuste.”

      Swann adesso lo fissava. “Luke…”

      Luke sollevò una mano. “Swann. Fuori. Per piacere.” Indicò la porta.

      Swann scosse la testa. Aveva il viso molto rosso adesso. Sembrava sul punto di tremare lui stesso. “Perché mi hai chiamato per questa roba?” disse. “Non lavoro più per l’FBI, e neanche tu.”

      Luke quasi sorrise. Non sapeva come si sentisse davvero Swann, ma non avrebbe potuto reagire meglio neanche avesse avuto un copione sotto al naso. Il poliziotto buono, e il poliziotto cattivo sotto steroidi.

      “Entro la fine della giornata avrò bisogno delle tue competenze,” disse Luke. “Ma non per questo. Adesso fatti un giro. Per piacere. E nota quanto sono stato educato finora. Entro un minuto perderò la calma.”

      “Presenterò reclamo formale,” disse Swann.

      “Fallo, dai. Lo sai per chi lavoro. Il tuo reclamo se ne andrò dritto al trita documenti. Cadrà dritto nel buco della memoria. Ma fallo lo stesso, come esercizio intellettuale.”

      “Ho in programma di farlo,” disse Swann. Con quello, uscì dalla porta. La tirò alle sue spalle, ma senza sbatterla.

      Luke sospirò. Guardò Ed. “Ed, puoi per favore riempire quegli annaffiatoi al lavandino della cucina? Ci serviranno tra un attimo.”

      Ed fece un sorriso diabolico. “Con piacere.”

      Sollevò gli annaffiatoi guardando Li. Mostrò a Li la folle occhiataccia da gigante che a volte usava con le persone. Era uno sguardo che dava i brividi anche a Luke. Faceva sembrare Ed psicotico. Lo faceva sembrare come un uomo che trovava piacevole il sadismo. Luke non era sicuro dell’origine di quello sguardo, né di cosa significasse. Non lo voleva proprio sapere.

      “Fratello,” disse Ed a Li. “La tua giornata sta per diventare molto più lunga.”

      Mentre Ed trafficava nella minuscola cucina della cabina, Luke osservò bene Li. L’uomo adesso tremava di brutto. Tutto il corpo vibrava come se gli passasse attraverso della corrente elettrica a basso voltaggio. Gli occhi gli si erano fatti grandi e spaventati.

      “L’hai già visto fare, vero?” disse Luke.

      Li annuì. “Sì.”

      “Su prigionieri?”

      “Sì.”

      “È brutto,” disse Luke. “Molto brutto. Nessuno resiste.”

      “Lo so,” disse Li.

      Luke guardò la cucina. Ed stava prendendo tempo di là. “E Ed… devi sapere com’è. Queste cose gli piacciono.”

      Li non disse nulla in proposito. Il viso gli si fece rosso acceso, e poi gradualmente passò al rosso scuro. Sembrava che dentro di lui fosse in corso un’esplosione, e che stesse cercando di contenerla. Strinse forte gli occhi. Digrignò i denti, che poi cominciarono a battere. Tutto il corpo cominciò a sussultare.

      “Ho freddo,” disse. “Non posso farlo.”

      Proprio allora a Luke venne in mente una cosa.

      “Te l’hanno fatto,” disse. “I tuoi.” Non era una domanda. Lo sapeva come sapeva il proprio nome. Li aveva subito il waterboarding prima di ora, e con tutta probabilità era stato il governo cinese a farglielo.

      Improvvisamente la bocca di Li si aprì in un urlo. Era un urlo silenzioso, la mascella si aprì al massimo. In qualche modo ricordò a Luke un lupo mannaro che ulula di agonia durante la transizione spaccaossa dalla forma umana a quella canina. Solo che non c’era suono. Da Li non uscì quasi nulla, solo una specie di basso rumore strozzato dal profondo della gola.

      Adesso aveva tutto il corpo rigido, ogni muscolo teso come se la corrente elettrica fosse appena salita di dieci tacche.

      “Tu eri un traditore,” disse Luke. “Un nemico dello stato. Però in prigione sei stato riabilitato. La tortura era parte del processo. Ti hanno fatto agente, ma non di valore. Sei uno dei sacrificabili. È per questo che eri qui sul campo, ed è per questo che avevi le pillole di cianuro. Se fossi stato preso, avresti dovuto ucciderti. Non c’era praticamente modo in cui non potessi essere preso, giusto? Ma tu non l’hai fatto, Li. Non ti sei ucciso, e adesso noi siamo la sola speranza che hai.”

      “Ti prego!” urlò Li. “Ti prego, non farlo!”

      Il corpo dell’uomo si scuoteva in maniera incontrollabile. Anzi, di più. Cominciò a emanare un odore, il fitto odore umido delle feci.

      “Oh, mio Dio,” disse. “Oh, mio Dio. Aiutami. Aiutami.”

      “Che succede qui?” disse Ed tornando con gli annaffiatoi. Fece una smorfia quando l’odore gli arrivò al naso. “Oh, Cristo.”

      Luke sollevò le sopracciglia. Provava quasi compassione per quell’uomo. Poi pensò ai più di mille morti, e alle molte migliaia che avevano perso le loro case. Niente, nessuna esperienza di vita negativa poteva giustificare un’azione del genere.

      “Già, Li è un casino,” disse. “È traumatizzato. Pare che non sia il primo waterboarding per lui.”

      Ed annuì. “Bene. Allora si è già esercitato.” Abbassò lo sguardo su Li. “Lo faremo comunque, mi senti, femminuccia? Non ci interessa la puzza, perciò se è questo il giochino che stai facendo, non ha funzionato.” Ed guardò Luke. “L’ho già visto fare. La gente ci prova perché pensa che la puzza sia così fetida che non vorremo andare avanti. O magari che avremo pietà di loro. O qualsiasi altra cosa.” Scosse la testa. “La puzza è cattiva, ma non l’ho mai vista funzionare. Non saremmo qui se fossimo tipi sensibili, Li. Ho sentito il puzzo di uomini dopo che sono stati eviscerati. Credimi, è peggio di qualsiasi cosa tu possa spingere fuori dalla strada normale.”

      “Vi prego,” disse ancora Li. Lo disse piano adesso, quasi in un sussurro. Il corpo gli tremava senza controllo. Lasciò


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