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Contro Ogni Nemico . Джек МарсЧитать онлайн книгу.

Contro Ogni Nemico  - Джек Марс


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eliminato una città di medie dimensioni, o distrutto totalmente una base militare e la campagna circostante, ma forse senza causare l’apocalisse. Certo, una volta cominciato a lanciare testate nucleari alla gente, può succedere di tutto.

      Ai vecchi tempi, questo sistema missilistico lo chiamavano il “Grifone”, dall’antica creatura mitologica con le gambe e il corpo di un leone, e le ali, la testa e gli artigli di un’aquila – il protettore del divino. Brown ne era entusiasta.

      Il sistema era stato smantellato nel 1991, e tutte quelle unità avrebbero dovuto essere distrutte. Ma ne esistevano ancora alcune. C’erano sempre delle armi a galleggiare da qualche parte. Brown non aveva mai sentito parlare di una classe di missili o di un sistema di armi smantellati interamente – c’erano troppi soldi da fare perdendoli e facendoli saltar fuori in un secondo momento. I negozi lo chiamavano “contrazione”. Walmart e Home Depot lo sapevano bene. Così come l’esercito.

      Anzi, ecco qui due delle piattaforme mobili, rimaste parcheggiate in un magazzino di una città portuale greca per tutto questo tempo, vicinissimo alla Turchia, e a meno di un miglio dai moli. Bello comodo dentro a ciascuno dei cilindri di lancio c’era un missile Tomahawk, ciascuno operativo, o che probabilmente sarebbe diventato operativo in seguito a piccolissime cure.

      Era quasi come se si potessero guidare quei camion fuori di lì e dritti su una nave mercantile o un traghetto, per poi salpare per luoghi ignoti. Erano armi convenzionali, certo, ma sicuramente da qualche parte c’erano ancora delle testate nucleari perfette per quei missili.

      Ma ottenere le testate non era compito del dipartimento di Brown. Quello era un problema di Jamal. Era un ragazzo capace, e Brown immaginava che sapesse già dove poterne trovare alcune di disponibili. Brown non sapeva con certezza come sentirsi in proposito. Jamal stava facendo un gioco pericoloso.

      “Bellissimo,” disse Jamal.

      “Dio è grande,” disse uno dei suoi uomini.

      Brown fece una smorfia. Di regola, faceva una smorfia quando si parlava di religione. E bellissimo era un termine relativo. Quei camion erano due delle macchine da guerra più brutte che Brown avesse mai visto. Ma avrebbero tirato su un bel casino – poco ma sicuro.

      “Ti piacciono?” chiese Brown a Jamal.

      Jamal annuì. “Molto.”

      “Allora vediamo i soldi.”

      L’uomo con le pesanti borse a tracolla si avvicinò. Se le sfilò dalle spalle e le posò sul pavimento in pietra del magazzino. Si inginocchiò e le aprì, una alla volta.

      “Un milione di dollari in contanti in ciascuna borsa,” disse Jamal.

      Brown fece un cenno col capo all’altro suo uomo, quello calvo.

      “Signor Clean, controlla.”

      Clean si inginocchiò vicino alle borse. Estrasse un fascio di banconote tenute insieme da un elastico da varie sezioni di ciascuna borsa. Prese un piccolo scanner digitale dalla tasca e si mise a rimuovere le banconote da ogni fascio. Accese la luce LED UV sul dispositivo e mise le banconote sulla finestra dello stesso una alla volta, svelando il filo di sicurezza d ciascuna. Poi strisciò una pen tester su ogni banconota, svelando la filigrana nascosta. Era un processo macchinoso.

      Mentre Clean lavorava, Brown ficcò una mano nella giacca, toccando la pistola che lì si trovava. Cercò il contatto visivo col suo uomo Jones, che annuì. Se doveva succedere qualcosa di strano, sarebbe accaduto in quel momento. Il linguaggio del corpo degli arabi non cambiò – continuavano a osservare impassibili. Brown lo prese come un buon segno. Erano davvero lì per comprare i camion.

      Il signor Clean lasciò cadere un fascio di soldi sul pavimento. “Bene.” Raccolse un altro fascio, cominciò a sfogliarli, controllandone le banconote con il dispositivo. Il tempo scorreva.

      “Bene.” Lasciò cadere quel fascio e ne raccolse un altro. Passò altro tempo.

      “Bene.” Procedeva.

      Dopo un po’ la cosa cominciò a farsi noiosa. I soldi erano veri. Nel giro di dieci minuti, Brown si rivolse a Jamal.

      “Okay, ti credo. Sono due milioni.”

      Jamal si strinse nelle spalle. Aprì la giacca e ne estrasse un ampio portamonete di velluto. “Due milioni in contanti, due milioni in diamanti, come d’accordo.”

      “Clean,” disse Brown.

      Il signor Clean si alzò e prese il portamonete da Jamal. Clean era l’esperto di soldi e valori di quella piccola squadra. Prese dalla tasca un diverso dispositivo elettronico – un piccolo quadrato nero con la punta di un ago. Il dispositivo aveva delle luci sul fianco, e Brown sapeva che testavano la dispersione di calore e la conduttività elettrica delle pietre.

      Clean si mise a prendere le pietre una alla volta dal sacchetto e a passarci sopra delicatamente la punta dell’ago. Ogni volta che ne faceva una, si sentiva un tono caldo. Ne aveva passate una dozzina prima che Brown gli dicesse un’altra parola.

      “Clean?”

      Clean guardò Brown. Sorrideva.

      “Finora sono buone,” disse. “Tutti diamanti.”

      Ne testò un’altra. Poi un’altra.

      Un’altra.

      Brown si voltò verso Jamal, che stava già facendo segno ai suoi uomini di tirare l’incerata e salire a bordo dei camion.

      “È stato un piacere fare affari con te, Jamal.”

      Jamal lo guardò a malapena. “Altrettanto.” Era preso dai suoi uomini, e dai camion. La parte successiva del loro viaggio era già cominciata. Portare due piattaforme mobili di lancio per missili nucleari con missili inclusi nel Medio Oriente probabilmente non era cosa facile.

      Brown sollevò un dito. “Ehi, Jamal!”

      L’uomo magro si voltò verso di lui. Fece un gesto impaziente con la mano, come per dire, “Cosa?”

      “Se ti beccano con quella roba…”

      Adesso Jamal però sorrise. “Lo so. Io e te non ci siamo mai visti.” Indietreggiò verso il camion più vicino.

      Brown si voltò verso il signor Jones e il signor Clean. Jones era su un ginocchio, a rimettere i soldi nella pesante borsa. Clean stava ancora testando i diamanti del borsello di velluto, maneggiandone uno alla volta, il dispositivo con l’ago ancora in mano.

      Avevano vinto alla lotteria. Le cose finalmente si mettevano bene, dopo il fiasco che aveva costretto Brown a lasciare il suo paese. Sorrise.

      E tutto in un solo giorno di lavoro.

      Però nella scena c’era qualcosa che lo disturbava. I suoi non stavano facendo attenzione all’ambiente – erano distratti da tutti quei soldi. Avevano abbassato la guardia, di brutto. E anche lui. In un’operazione diversa, la cosa si sarebbe potuto ritorcere contro di loro. Non tutti erano degni di fiducia come Jamal.

      Si voltò per guardare di nuovo gli arabi.

      Jamal era lì, vicino al camion, con in mano uno degli Uzi. Due dei suoi erano con lui. Erano in piedi in fila, a puntare le armi su Brown e i suoi uomini.

      Jamal sorrise.

      “Clean!” urlò Brown.

      Jamal sparò, e i suoi uomini fecero lo stesso. Giunse il brutto chiasso di un mitragliatore. A Brown parve che gli stessero quasi sparando con una manichetta per l’acqua. Sentì i proiettili forarlo, farsi strada dentro di lui come api che pungono. Il suo corpo fece una danza involontaria alla quale lui cercò di ribellarsi, invano. Era quasi come se i proiettili lo tenessero su, fissandolo come con uno spillo in posizione eretta, facendolo tremolare e ballare.

      Per un attimo perse conoscenza. Tutto si fece nero. Poi era disteso sulla schiena, sul pavimento di cemento del magazzino. Riusciva a sentire il sangue versarsi fuori dal corpo. Riusciva a sentire che il pavimento era bagnato, dove si trovava


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