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A Ogni Costo . Джек МарсЧитать онлайн книгу.

A Ogni Costo  - Джек Марс


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ripulitura può aspettare finché non abbiamo il corpo.”

      “Afferrato,” disse Tre-Pezzi. “Lo metteremo in una bara saldata in piombo, e lo porteremo al coroner in un camion di contenimento radioattivo.”

      “Si può fare silenziosamente?”

      “Certo.”

      “Ci serve un match per le impronte dentali, il DNA, cicatrici, tatuaggi, lesioni chirurgiche, qualsiasi cosa possiamo trovare. Una volta avuti i dati, passali a Trudy Wellington del nostro team. Ha accesso a database preclusi al tuo gruppo.”

      Luke tirò fuori il telefono e compose un numero con la selezione rapida. Lei rispose al primo squillo.

      “Trudy, dove sei?”

      “Sono con Swann sulla Quinta Strada, dietro a una delle nostre macchine, stiamo andando al centro di comando.”

      “Senti, ho…” Guardò Tre-Pezzi. “Come ti chiami?”

      “Kurt. Kurt Myerson.”

      “Ho Kurt Myerson del NYPD qui con me. È con l’unità antiterrorismo. Porteranno su il corpo. Ho bisogno che gli parli per avere le impronte dentali, il DNA, qualsiasi identificatore. Quando hai i dati, voglio sapere il nome, l’età, il paese di origine, i colleghi, tutto di questo tizio. Devo sapere dove è stato e cosa ha fatto negli ultimi sei mesi. E ho bisogno di tutto ieri.”

      “Ricevuto, Luke.”

      “Fantastico. Grazie. Ti passo Kurt, ti darà il suo numero diretto.”

      Luke porse a Kurt il telefono. I tre uomini attraversarono una serie di doppie porte, rallentando di pochissimo. In un attimo, Kurt ritornò il telefono a Luke.

      “Trudy? Sei sempre lì?”

      “Dove altro potrei essere?”

      Luke annuì. “Bene. Un’ultima cosa. Le telecamere di sorveglianza sono spente qui nell’ospedale, ma ce ne saranno in tutto il circondario. Quando arrivi al centro di comando, prendi un paio dei nostri. Fagli scoprire tutto quello che possono nel raggio di cinque isolati dal posto, e tirami fuori delle registrazioni video, facciamo dalle 8 della sera fino all’1:00 di notte. Voglio dare un’occhiata a ogni veicolo commerciale o di consegna che si è avvicinato all’ospedale in quelle ore. La priorità massima va ai furgoncini delle consegne, ai camion del pane, degli hot dog, cose del genere. Qualsiasi cosa di piccolo, comodo, che possa trasportare un carico nascosto. Di minore priorità sono gli articolati, gli autobus e le ruspe, ma non lasciarteli sfuggire. La priorità più bassa va ai camper, ai pick-up e ai SUV. Voglio degli screen delle targhe, e voglio la proprietà dei veicoli tracciati. Se ne trovi uno di sospetto, cerca altre videocamere per quel veicolo su un raggio più ampio, e scopri dove è andato.”

      “Luke,” disse lei, “Avrò bisogno di più di un paio di persone per questo.”

      Luke ci pensò su per qualche secondo. “Okay. Sveglia alcuni di quelli a casa, portali al quartier generale dell’SRT, e inoltragli le targhe. Possono ricavare i nomi dei proprietari da lì.”

      “Ricevuto.”

      Riattaccarono. Luke tornò a concentrarsi sul momento presente, e gli venne in mente qualcos’altro. Guarò Kurt Myerson.

      “Okay, Kurt. Ecco la cosa più importante. Questo ospedale deve essere chiuso. Gli impiegati che erano di turno stanotte devono essere raggruppati e isolati. La gente chiacchiererà, lo capisco, ma dobbiamo tenere tutto fuori dalla portata dei media finché possiamo. Se viene fuori qualcosa, ci sarà il panico, ci saranno diecimila telefonate di false piste alla polizia, e i cattivi seguiranno le indagini passo passo alla tv. Non possiamo permettere che succeda.”

      Attraversarono un’altra serie di doppie porte fino all’ingresso principale dell’ospedale. Tutta la facciata dell’ingresso era di vetro. Molte guardie della sicurezza stavano in piedi vicino alle porte principali chiuse.

      Fuori era il casino. Una folla di reporter si spingeva contro le barriere della polizia sul marciapiedi. Fotografi schiacciati contro le finestre, che scattavano foto degli interni dell’ingresso. Dieci furgoni dei telegiornali erano parcheggiati uno dietro all’altro sulla strada. Mentre Luke guardava, tre diversi reporter della tv stavano filmando proprio davanti all’edificio.

      “Dicevi?”

      Capitolo 6

      5:10 a.m.

      Dentro a un furgone

      Eldrick era malato.

      Sedeva nel retro del furgone, abbracciandosi le ginocchia, chiedendosi in cosa si fosse cacciato. Ne aveva vista di merda in prigione, ma niente del genere.

      Di fronte a lui, Ezatullah era al telefono, urlava qualcosa in farsi. Ormai erano ore che faceva telefonate. Le parole non significavano niente per Eldrick. Sembrava tutto un borbottio senza senso. In realtà Ezatullah aveva studiato a Londra come ingegnere chimico, ma invece di ottenere un lavoro era andato in guerra. E ora appena trentenne, con una grossa cicatrice che gli attraversava una guancia, lì a dire che aveva finanziato la jihad in una mezza dozzina di paesi – e che era venuto in America per fare lo stesso.

      Urlò nel telefono ancora parecchio prima di prendere la linea. Quando finalmente riuscì a parlare con qualcuno, si buttò a capofitto nel primo di molti litigi urlati. Dopo qualche minuto, si calmò e si mise in ascolto. Poi riattaccò.

      Il viso di Eldrick era rosso. Aveva la febbre. Poteva sentirsela bruciare dentro al corpo. Il cuore correva all’impazzata. Non aveva vomitato, ma si sentiva come se stesse per farlo. Attendevano al punto di incontro sulla riva del South Bronx da più di due ore. Doveva essere una cosetta facile. Rubare il materiale, guidare il furgone per dieci minuti, incontrare i contatti e andarsene a piedi. Ma i contatti non si erano mai fatti vedere.

      Ora si trovavano… da qualche parte. Eldrick non sapeva dove. Aveva perso i sensi per un po’. Era di nuovo sveglio, ma tutto sembrava un sogno vago. Erano sull’autostrada. Momo guidava, quindi lui doveva sapere dove stavano andando. Esperto di tecnologie, Momo, secco senza tono muscolare, era la perfetta rappresentazione del suo personaggio. Era così giovane che la pelle liscia del viso non aveva una singola ruga. Sembrava che non sarebbe stato capace di farsi crescere la barba nemmeno se il futuro di Allah in persona fosse dipeso da quello.

      “Abbiamo nuove istruzioni,” disse Ezatullah.

      Eldrick gemette, desiderando di essere morto. Non sapeva che fosse possibile stare così male.

      “Devo uscire da questo furgone,” disse Eldrick.

      “Chiudi il becco, Abdul!”

      Eldrick aveva dimenticato: il suo nome era Abdul Malik adesso. Era strano sentirsi chiamare Abdul, lui, Eldrick, un orgoglioso uomo nero, un orgoglioso americano per la maggior parte della sua vita. Sentendosi così male, desiderò non averlo mai cambiato. Convertirsi in prigione era stata la cosa più stupida che avesse mai fatto.

      Tutta quella merda nel retro. Ce n’era tanta, in ogni tipo di contenitore e scatola. Un po’ era filtrata fuori, e ora li stava uccidendo. Aveva già ucciso Bibi. Quel cretino aveva aperto un contenitore quando erano ancora nella camera blindata. Era incredibilmente forte e aveva strappato via il coperchio. Perché l’aveva fatto? Eldrick lo rivedeva lì a prendere in mano il contenitore. “Non c’è niente qui,” aveva detto. Poi se l’era avvicinato al naso.

      Nel giro di un minuto, aveva cominciato a tossire. Praticamente era affondato sulle sue ginocchia. Poi a quattro zampe, a tossire. “Ho qualcosa nei polmoni,” diceva. “Non riesco a buttarlo fuori.” Si era messo a rantolare. Il suono era orribile.

      Ezatullah si era avvicinato e gli aveva sparato alla nuca.

      “Credimi, gli ho fatto un favore,” aveva detto.

      Adesso il furgone stava attraversando un tunnel. Il tunnel era lungo e stretto e buio, con luci arancioni che sfrecciavano sopra la testa. Le luci diedero a Eldrick


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