Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio. Dawn BrowerЧитать онлайн книгу.
quando sarebbe ritornata a lavorare. Come aveva fatto a non notare quanto fossero insulsi fino ad ora? Non ne era certa.
“Mi fido del fatto che il tribunale prenderà la decisione giusta” disse Sullivan con fare orgoglioso.
“Anche io” disse Jessica. “Mia sorella non resterà in prigione per il resto della sua vita”.
“Basta” esclamò Lana. Entrambi si voltarono verso di lei. “Sullivan, vattene. Jessica resterà per una breve visita, e poi mi riposerò. Non ho la pazienza per gestire questa cosa”.
Aveva quasi paura di quanto Sullivan fosse orgoglioso della situazione di Imogen. C’era la possibilità che Sullivan potesse orchestrare qualcosa? Ed in quel caso avrebbe dovuto avvisare Jessica al riguardo? Perché si stava comportando con fare così protettivo? Non poteva trattarsi solo di sua madre. Non era qualcosa tipico di lui—almeno non riguardo a Lana. Aveva visto questo lato di lui quando si trattava della sua famiglia, specialmente Dani. Forse era per questo. Una volta lui aveva detto che la vedeva come una sorella. Forse l’incidente aveva fatto emergere questo lato di lui. Se così fosse stato allora era un brutto rospo da ingoiare. L’aveva baciata, benché si trattasse di un bacio casto, aveva dovuto significare qualcosa. Ci avrebbe riflettuto più tardi quando la sua mente non sarebbe più stata influenzata dal caos che la circondava.
“D’accordo” disse Sullivan con fare riluttante. “Ricordati la tua promessa”. Con ciò uscì dalla stanza e la lasciò con molto di più a cui pensare di quanto credeva. Erano ritornati ai loro soliti modi, ma avevano perso un po’ del loro smalto. Forse era lui, o forse era lei. Molto probabilmente un po’ di entrambi. A Lana non piaceva cambiare, e sospettava che nel futuro avrebbe dovuto apportare molte modifiche.
Sullivan non stava giocando seguendo le stesse regole, e lei non aveva ancora imparato le nuove. Un mix di emozione e paura la pervase. Poteva non significare niente, oppure tutto. Avrebbe dovuto aspettare e vedere come si sarebbe sviluppata la situazione per imparare ad affrontare questa nuova realtà. Oppure sarebbe rimasta scioccata giornalmente, ed una regola era che a Lana non piacevano le sorprese.
Per ora avrebbe dovuto mettercela tutta per stare sveglia a parlare con Jessica. Sperava che la sua amica non si sarebbe trattenuta troppo a lungo. La visita di Sullivan l’aveva resa esausta in più modi.
CAPITOLO TRE
Sullivan si affrettò nel suo ufficio alla Brady Blu e spinse la sedia contro al muro. La necessità di rovesciare il contenuto della sua scrivani a terra era forte, ma si trattenne. Avere un attacco d’ira non avrebbe aiutato quando si trattava di Lana. Doveva trovare un altro modo per convincerla a restare in convalescenza alla villa. Doveva esserci qualcosa che poteva fare per farla sentire in colpa e convincerla. Non gli piaceva l’idea di lei sola e fragile. Lana era sempre stata forte ed indipendente. Vederla così pallida e debole lo devastava in modi che non voleva esaminare con attenzione.
Si sfregò il viso con le mani e sospirò. Niente di tutto ciò stava aiutando, ed aveva molto lavoro da fare. Avrebbe gestito il problema Lana più tardi. Aveva ignorato la Brady Blue per troppo a lungo, e gli affari dovevano essere gestiti prima di affrontare il problema di dove sarebbe andata Lana una volta dimessa dall’ospedale.
Un bussare alla sua porta fece eco nella stanza. Alzò lo sguardo sulla sua assistente, Ali Davis, la quale aveva messo dentro la testa nel suo ufficio. I capelli biondo fragola della donna erano acconciati in uno chignon elegante. Indossava un tailleur color carbone con una gonna che si fermava alle ginocchia. Ali aveva poca tolleranza per le cose senza senso, atteggiamento che Sullivan aveva apprezzato sin dall’inizio, ed era la ragione principale per la quale l’aveva assunta. “Mi scusi se la disturbo”, iniziò, “ma Wilson Stuart è qui per vederla. Dice che sia importante”.
Di cosa diavolo voleva parlargli il manager dell’ufficio contabilità? Sperava fossero buone notizie, ma temeva il peggio. Il modo in cui stavano andando le cose ultimamente non presagiva niente di buono. C’erano state alcune cose belle—come il ritorno di sua sorella scomparsa da tempo, ma oltre a quello, Sullivan si sentiva come se il mondo stesse crollando attorno a sé. Non aveva idea di che cosa stesse succedendo, ma ogni giorno il suo intero essere vibrava con una sorta di energia tumultuosa sul punto di esplodere. C’era stato un tempo in cui sapeva esattamente che cosa volesse dalla vita, ed era cosciente di che direzione prendere. Ora invece non era mai stato così confuso.
Portò la sua attenzione su Ali e disse, “fallo entrare”.
“Sì, Signore” rispose la donna chiudendo la porta dietro di sé nell’uscire.
Si sedette dietro la propria scrivania ed appoggiò i gomiti sul piano. Si ricompose prima che Wilson Stuart entrò nel suo ufficio. Se non avesse chiarito questa cosa al più presto, la Brady Blue avrebbe iniziato a soffrirne. Suo padre, Malachi Brady, aveva affidato la compagnia a lui, e Sullivan non aveva intenzione di deluderlo.
La porta del suo ufficio si aprì, e Wilson Stuart entrò. “Grazie per aver trovato del tempo per me” disse accomodandosi sulla sedia di fronte alla scrivania. Stava perdendo i capelli marrone scuro, ed alcuni ciuffi ai lati si erano fatti grigi. Indossò gli occhiali e posò una pila di cartelle sulla scrivania.
“Che cosa sono?” domandò Sullivan indicando i documenti.
“Per la maggior parte sono note spese” rispose. “Ma contengono anche ricevute di consegne alla compagnia, insieme altri vari documenti commerciali”.
La testa di Sullivan stava cominciando a fargli male. Doveva tirare fuori a forza le informazioni da Wilson? Perché non gli diceva che cosa diavolo voleva? Era stato un errore venire in ufficio. Il suo pessimo temperamento stava per esplodere e riversarsi sul suo manager migliore. “Ho molto da fare. Per favore non sprecare il mio tempo”. Il suo tono era forse più schietto del solito, e Wilson sussultò appena. Sullivan non aveva potuto fare altrimenti.
“Mi rendo conto che lei sia impegnato, e mi scuso per aver interrotto la sua giornata”. Estrasse una delle cartelle dalla pila e l’aprì. Fece scivolare un foglio di calcolo sulla scrivania di fronte a Sullivan. “Questa è la nota spese da parte della fondazione. In superficie sembra che vada tutto come dovrebbe”.
Significava che c’era qualcosa di sospetto… “Ma?”
“Subito non me ne sono accorto. Riceviamo molte note spese, e le revisioniamo prima di aggiungerle in bilancio. Non abbiamo mai avuto ragione di scavare più a fondo, ed abbiamo accettato le somme. Ma questa mi è stata segnalata perché la mia assistente si è offerta volontaria per raccogliere i fondi. Era coinvolta nella fondazione, e si è resa conto che la somma non tornava”.
Merda. “È un errore?” domandò Sullivan. Per favore fa che si tratti di un errore di battitura o qualcosa del genere. Non voleva gestire altre stronzate interne alla sua compagnia.
“Subito ho pensato che lo fosse, ed ho contattato la responsabile della fondazione, la quale mi ha liquidato dicendomi che si trattava di un errore commesso dalla sua assistente quando aveva archiviato la nota”. Wilson allungò la schiena, e nel suo tono si fecero strada irritazione ed indignazione. “Il suo comportamento è stato troppo indifferente affinché lasciassi perdere. Molti soldi vengono sottratti all’ospedale e ad altre associazioni alla quale la fondazione fa delle donazioni, causa quell’errore. Non mi piace quando i totali non tornano come dovrebbero”.
“Fammi indovinare, hai scavato più a fondo” disse Sullivan. Che Dio l’aiuti. Se qualcuno stava rubando dalla fondazione l’avrebbero pagata cara.
“Vorrei il suo permesso per realizzare una revisione completa” rispose. “Questo è una piccola somma rispetto a ciò che ho scoperto con le mie ricerche, ma se non mi sbaglio, parliamo di milioni di dollari che sono stati trasferiti all’interno della fondazione nel corso degli anni passati. Devo seguire la scia dei soldi e scoprire non solo chi sta facendo tutto questo, ma anche dove sono finiti i soldi”.
Era ciò che temeva Wilson avrebbe detto. “Vuoi che intanto incontri il responsabile della fondazione e che le chieda che diavolo sta succedendo?”
Scosse il capo. “Non voglio che capiscano che stiamo investigando, o avranno tempo