Una Luce Nel Cuore Dell'Oscurità. Amy BlankenshipЧитать онлайн книгу.
sentiva le fitte di dolore che lo costringevano a stare sveglio. Cavolo, gli faceva male dappertutto. Iniziò a ricordare che cos’era successo e perché stava così male. Aveva incontrato Kyoko e aveva deciso di giocare con lei, poi era arrivata quella stupida guardia di sicurezza.
Come faceva ad essere così forte? Quando aveva provato a reagire, non ci era riuscito. Era come se avesse tentato di lottare contro un branco di lupi affamati e adesso soffriva per lo sforzo.
Trovando finalmente il coraggio di aprire gli occhi, si trovò davanti un ragazzino che lo guardava. Aveva circa 12 anni e avrebbe potuto definirlo albino, se non fosse stato per i suoi occhi neri e vuoti.
Attirato dall’odore di sangue fresco, Yuuhi apparve accanto al ragazzo ferito. Osservandolo, rimase immobile come una statua e lo sfiorò con la propria aura, poi annuì. Il ragazzo era già infettato dal male, ma c’era un odore di purezza che avvolgeva la sua energia negativa.
Quei resti di pura energia sembravano vivere per un potere immortale. “Sorprendente.” disse tra sé, poi, mentre il ragazzo apriva gli occhi, sussurrò: «Padre, è entrato in contatto con la ragazza pura… la sua energia si sente ancora.». Le sue zanne brillarono nell’oscurità con un sorriso mentre aggiungeva: «Lo teniamo?».
Yohji restrinse lo sguardo per quelle strane parole, poi si guardò attorno alla ricerca dell’altro interlocutore e vide un uomo dall’aspetto sinistro, avvolto dal buio del vicolo. Era alto ed emanava energia come se fosse un dio vendicativo.
Yohji, terrorizzato, notò i suoi occhi rossi e i canini. Si addossò contro il muro, non sarebbe mai riuscito a correre in quelle condizioni.
Hyakuhei scrutò il giovane che aveva molestato la ragazza che adesso considerava già sua. Aveva osato toccarla e avrebbe pagato per la sua insolenza. Inspirando, percepì la scia dell’odore del lupo che aveva già pestato il ragazzo, e restrinse lo sguardo. Kotaro era stato lì… come osava interferire? Era per colpa sua che la ragazza era sparita senza lasciare traccia? Hyakuhei ringhiò al solo pensiero che il Lycan fosse così vicino al cristallo e a lei ancora una volta. Solo perché la ragazza aveva scelto lui, ciò non significava che gli appartenesse. Non era mai dipeso da lei… non aveva imparato la lezione in passato?
Credeva di aver ucciso quella vile creatura insieme a Toya secoli prima, per aver osato ostacolarlo e per aver cercato di proteggere la ragazza da lui. “Non importa.”, i suoi pensieri si rattristarono per un momento, “Un tempo hai messo Toya e la sacerdotessa contro di me… e guarda cosa mi hai costretto fare.”.
Poi ripensò all’accaduto e i suoi occhi si oscurarono. Se Toya non avesse cercato di diventare un guardiano della sacerdotessa e di allontanare Kyou da lui… adesso non sarebbe più all’inferno ma lì al suo fianco, insieme a Kyou. L’unico colpevole di aver alimentato le convinzioni sbagliate di Toya era Kotaro.
Era stato lui ad avvertire la sacerdotessa delle sue vere intenzioni. Era strano come il tempo potesse deformare anche le bugie dette.
«E così l’hai trovata di nuovo.» sussurrò.
Fu riportato al presente dal piagnucolio del ragazzo accovacciato contro il muro. Gli servivano altre nuove reclute per trovare la sua sacerdotessa scomparsa, nel caso in cui Kotaro fosse con lei. Hyakuhei la voleva e l’avrebbe avuta.
E sarebbe stato aiutato dall’idiota che aveva cercato di farle del male. Solo lui avrebbe potuto contaminare una creatura così pura. Aveva molti progetti per la sua sacerdotessa… dopotutto, mille anni erano tanti per trovare nuovi modi per torturare qualcuno.
Tornando nell’ombra, fece un cenno a Yuuhi e i suoi occhi brillarono. «Fallo soffrire. Tortura la sua carne, ma non ucciderlo.» gli disse. Voleva che il ragazzo soffrisse per le sue azioni, così avrebbe capito che non doveva mai sfidare il suo nuovo padrone né toccare la ragazza.
Yohji guardò il ragazzino e spalancò gli occhi per la paura. La creatura gli stava sorridendo ma il suo era un sorriso omicida. Le sue zanne erano lunghe e affilate e gli occhi non erano più neri, ma di un rosso scuro, in inquietante contrasto con la sua pelle e i suoi capelli color alabastro. Sembrava un bambino ma in realtà era un demone che rubava l’anima sotto mentite spoglie, e Yohji aveva davvero paura.
Lo vide sollevarsi da terra per poi saltargli addosso, e gridò di terrore. Non avrebbe mai saputo che cosa fosse mentre i denti e gli artigli gli strappavano la carne, causandogli un dolore inimmaginabile.
Toya guardò la ragazza addormentata sul sedile del passeggero accanto a lui. «Maledizione, non farlo mai più!» esclamò, sapeva che non poteva sentirlo ma non si fermò, «Piccola stupida, potevano ucciderti o peggio!». Si voltò verso l’edificio in cui si trovava il suo appartamento.
Anche se era ancora arrabbiato, la prese in braccio come se fosse la gemma più preziosa del mondo e la portò su per le scale. Trovando la porta chiusa a chiave, imprecò e forzò la maniglia, sperando di non fare troppi danni mentre il metallo scricchiolava.
“Le serve una serratura migliore, con un assassino in giro.” pensò, conservando quella scusa per quando lei si sarebbe svegliata e lo avrebbe rimproverato per aver rotto la porta. «Almeno è ancora attaccata ai cardini.» borbottò mentre entrava nell’appartamento.
Fermandosi nel salotto, la guardò perplesso quando sentì odore di alcol.
«Guarda come sei ridotta. Non è carino andare a bere senza di me. Che ti è saltato in mente?» mormorò.
Kyou si stava sforzando di stare calmo, e non era la prima volta quella sera. Incapace di trattenersi, sferrò un pugno al muro con tanta forza da mandare in pezzi l’intonaco. Ringhiò di rabbia e i suoi occhi divennero rosa mentre annusava l’aria.
Nessuno poteva sottrargli ciò che gli apparteneva senza pagarne le conseguenze.
Percepiva l’odore di Kyoko mescolato ad un altro, maschile e stranamente familiare. Ringhiò di nuovo mentre si librava in aria e seguì l’odore che si era insinuato nel suo corpo.
La sua figura solitaria scomparve nell’ombra mentre cercava la sua preda. L’avrebbe trovata e l’avrebbe sottratta al ladro che gliel’aveva rubata. Serrò le mascelle per la rabbia, come aveva osato, lei, pronunciare il nome di suo fratello solo per confonderlo?
Quella piccola donna gli aveva lanciato un incantesimo, ne era sicuro. Sentiva la sua presenza sotto le dita e provò il desiderio di toccare ancora una volta la sua pelle. Doveva sapere come faceva ad essere così pura e che cos’era la luce che emanava.
Era quello che Toya stava cercando? Se così fosse, allora quella ragazza era colpevole della morte di suo fratello? Che senso aveva tutto questo? Voleva delle risposte. Quella luce lo aveva attratto come una falena dal fuoco e adesso non poteva più lasciarla andare. Era come se lei lo avesse chiamato inconsapevolmente e lui non potesse fare altro che rispondere.
Kyou ringhiò mentre i suoi occhi diventavano rosso sangue. Quella ragazza era pericolosa. Lui non era il tipo che cercava o voleva la vendetta per secoli. Doveva affrontarla con cautela, non si fidava di se stesso quando era con lei. Si sentiva irretito e questo lo faceva infuriare a dismisura, perché la ragazza lo aveva in qualche modo indebolito.
Borbottando qualcosa a proposito di incontri degli alcolisti anonimi, Toya portò Kyoko nella sua camera e la adagiò delicatamente sul letto. Poi tornò verso la porta d’ingresso e la chiuse con il catenaccio, visto che aveva rotto la serratura.
“Per fortuna era bloccata solo la maniglia.” pensò scrollando le spalle, poi si guardò attorno nell’appartamento. Era ben diverso dal rombo assordante che c’era in discoteca. Era quasi troppo silenzioso. Togliendosi le scarpe, sospirò: «Che serata.». Si rilassò per la prima volta quel giorno, mentre tornava dalla sua Kyoko che dormiva.
La luce della luna filtrava dalla finestra, avvolgendo il suo corpo in un bagliore etereo. La sua espressione s’intenerì mentre le scrutava il viso. Kyoko era distesa sul letto con le mani rilassate ai lati della testa. Sembrava un angelo, così serena e così ignara del pericolo in cui avrebbe potuto imbattersi… anzi, in cui si era quasi imbattuta. Aveva quasi voglia di svegliarla e dirgliene