Contatto Per La Felicità. Serna Moisés De La JuanЧитать онлайн книгу.
pensiero più conservatore, non mi aveva affatto rimproverato.
Mentre stavo ancora pensando mio padre disse,
«Ho bisogno di un abbraccio di famiglia.»
Noi tre ci abbracciammo intensamente e mi sentii più forte nella mia situazione, forse non gli piaceva l’idea o gli serviva più tempo per assimilarla, forse non pensavano a quello che mi sarebbe successo in futuro, ma mi accettarono e mi sostennero con quel gesto, che era proprio quello che volevo di più.
«Beh, vorremmo vedere il tuo ragazzo, dobbiamo parlare da uomo a uomo,» disse mio padre dopo pochi minuti dall’abbraccio.
«Va bene… ma non so se vuole incontrarvi,» dissi con esitazione.
«Perché no?» Chiese mia madre stupita.
«Beh, lui è piuttosto moderno, e pensa che conoscere i genitori sia per quando vuoi fidanzarti, e nel frattempo non è necessario.»
«Non gliel’hai ancora detto?» Chiese mia madre, ascoltando le mie scuse.
«No, volevo vedere la vostra reazione, prima di affrontare il mio ragazzo» risposi nervosamente.
«È importante che lui lo sappia,» disse mio padre con voce rassicurante.
«Va bene, datemi qualche minuto per chiamarlo,» risposi mentre andavo in camera mia.
Da lì chiamai il ragazzo con cui uscivo solo da un paio d’anni, ma pensavo che fosse l’amore della mia vita, lo sentivo e glielo avevo detto molte volte.
«Ciao, tesoro, come stai?»
«Bene, piccola, dimmi, di cosa hai bisogno?»
«Volevo solo sentire la tua voce, dimmi, quando ci vedremo questa settimana?»
«Sono molto occupato, sai, sono con i colleghi qui in officina, stiamo preparando una nuova moto per vedere se riusciamo a vincere le gare locali per qualificarci.»
«Va bene, ma vorrei dirti una cosa.»
«Beh, dimmi, sono tutto tuo.»
«Di persona, è importante.»
«Non lo so, piccola, guarda, se vuoi, ho un po’ di tempo adesso, ma voglio che sia qualcosa di veloce, così non mi diranno nulla.»
«Va bene, lascia che lo dica ai miei genitori e tra un momento sono lì.»
«Ti aspetto qui tesoro.»
«A presto amore.»
Riattaccai, e uscii dalla mia stanza per dirlo ai miei genitori, che furono d’accordo e felici per il mio coraggio, non so se fosse così o semplicemente il bisogno di condividere qualcosa di bello con la persona che amavo.
Uscii di corsa verso il pianerottolo e trovai una vicina di casa con il suo cagnolino, era una signora triste che difficilmente poteva essere vista per strada, poiché preferiva uscire la sera per portare a spasso il cane, e non manteneva molti contatti con gli altri vicini.
«Buon pomeriggio,» le dissi con un sorriso mentre le tenevo la porta dell’ascensore.
«Brava ragazza, dove vai di fretta?» mi chiese mentre entrava.
«A vedere il mio fidanzato» le risposi con un sorriso.
«Gioventù, beata gioventù, ricordo ancora quando mio marito se ne andava a lavorare e io rimanevo a casa a preparare il pranzo, aspettandolo per dargli un bel bacio al suo ritorno.»
«Siete stati insieme per molti anni?» Chiesi sorpresa nell’apprendere che aveva avuto un marito.
«Quasi venti anni, prima che avesse l’incidente.»
«Un incidente, mi dispiace» dissi con rammarico.
«Sì, da allora non fu più lo stesso e poi, a poco a poco, lo stavo perdendo.»
Non capivo cosa volesse dire, ma preferivo non approfondire, sapendo che era qualcosa di doloroso, in quel momento il cane cominciò ad abbaiare e siccome era un piccolo spazio rimbombò nella cabina.
«Stai zitto, bello zitto» disse la proprietaria al suo cane.
«Ma cos’ha?» Chiesi meravigliata.
«È molto sensibile, percepisce rapidamente le donne in gravidanza.»
Ciò mi lasciò perplessa, non avevo mai sentito niente del genere. Sapevo che c’erano cani che lavoravano in dogana per rilevare l’odore di bombe o droghe, o nell’esercito per rintracciare persone gravemente ferite o sepolte sotto le macerie di un terremoto, ma questo mai. Devo essere diventata rossa, perché la donna anziana mi disse,
«Non preoccuparti, è una benedizione, non vedevamo l’ora che ci arrivasse da così tanto tempo e non è mai arrivato. Se ne avessi avuto almeno uno, sicuramente la mia vita sarebbe stata molto diversa.»
Mi rattristai, perché è vero che molte coppie, per una ragione o per l’altra, anche desiderandolo non hanno figli, al contrario, io senza desiderarlo avrei tenuto un nuovo essere tra le mie braccia, ciò che all’inizio mi sembrava triste mi rallegrò profondamente nel vedere come per gli altri era qualcosa di positivo e desiderato.
«Beh, dimmi, ragazza, gli hai già dato un nome?»
«No signora, ho appena scoperto di essere incinta e ancora non so se sia un maschio o una femmina.»
Non ci avevo pensato, per paura del giudizio degli altri, dei miei genitori e del mio fidanzato, non avevo avuto il tempo di pensare al bambino, che sarebbe stata la cosa più importante della mia vita nei prossimi nove mesi e negli anni successivi.
«Non lo so, sembra una bambina, una bella bambina,» disse l’anziana donna.
«Come fa a saperlo?» Chiesi sbalordita dalla sua affermazione.
«Alla mia età si sanno molte cose, lo si vede dal tuo viso,» rispose con un occhiolino.
Non sapevo come quella donna che avevo visto molte volte, ma solo una o due volte nella mia vita le avevo parlato, ora potesse sapere così tanto di me, forse come diceva lei si leggeva sul mio viso e solo chi sapeva leggerlo lo sapeva. Arrivammo giù e l’anziana signora uscì e salutando mi disse,
«Abbi cura di lui, poiché hai ricevuto una benedizione, dagli tutto l’amore che puoi, te lo restituirà per dieci.»
Detto questo, andai con il cane al parco, la verità è che mi sentivo bene, quella ragazzina mi aveva dato una grande gioia, perché sembrava così pulita e innocente.
È così che avrei voluto essere quando mi sono sposata, ma quelli erano tempi difficili di crisi economica senza alcun lusso e penso sia stato questo che ci ha costretti a non avere figli.
Mio marito ed io parlavamo sempre della stessa cosa, di quanto sarebbe stato costoso mantenere un bambino in un momento così difficile, parlavamo delle spese che avremmo dovuto sostenere e di quanto poco avremmo potuto vederlo, dato che entrambi lavoravamo.
Penso sia per questo che non li abbiamo avuti, nessuno di noi due era disposto a rinunciare a una parte della propria vita per avere un po’ di tempo e dedicarlo alla cura di un nuovo membro della famiglia.
A quel tempo non avevo un cane, non avevo modo di prendermi cura di lui, perché mi alzavo molto presto, anche prima di mio marito, gli preparavo i vestiti e gli preparavo la colazione, facevamo colazione insieme e poi lui andava a lavorare in fabbrica e io andavo in parrucchieria.
La quantità di capelli che tagliavo, i bigodini che toglievo e le ciocche che coloravo, durante tutta la giornata, mi rendevano felice, perché lì c’erano le mie amiche con le quali conversavo, e quando c’era una cliente felice ero fortunata perché rendeva le ore meno faticose.
È così che imparai a riconoscere i segreti delle persone dai loro volti, dal momento che esso dopo tutto è un riflesso di ciò che siamo, di ciò che vogliamo e anche di ciò che nascondiamo.
Tante ore ad ascoltare le clienti, a guardare i loro volti allo