La Corona Bronzea. Stefano VignaroliЧитать онлайн книгу.
sì e no quattordici anni. Aveva le braccia incatenate al muro e stava accovacciata a terra. Un lurido vestito, che una volta doveva essere stato bianco, non riusciva a coprire a dovere i suoi seni che, sia pur immaturi, debordavano dallo scollo slacciato. Anche le gambe erano del tutto scoperte. Sporche di terra e fango. Il carceriere strizzò l’occhio al Duca.
«Lei è una strega. È stata sorpresa nel bosco a raccogliere erbe. Dovremmo impiccarla, o metterla al rogo, ma ancora aspettiamo che un qualche sacerdote della Santa Inquisizione giunga qui per farle subire un giusto processo. L’abbiamo dovuta incatenare, perché abbiamo paura che, grazie a qualche magia, se ne possa scappare via prendendo il volo. Però è brava, e ha imparato bene le lezioni che le ho impartito. Volete provare, Vostra Eccellenza?»
Lo sgherro, infischiandosene del lignaggio del suo Signore, diede una gomitata al Duca, poi armeggiò con i lucchetti e aprì le sbarre della cella. Quindi liberò anche i polsi della ragazza, le rifilò un sonoro ceffone e la fissò con sguardo truce e minaccioso.
«Conosci il tuo dovere! Fallo bene e sarai salva anche questa volta. L’inquisitore non arriverà e il tuo processo sarà rinviato.»
Senza neanche rendersene conto, Francesco Maria, si ritrovò solo nella cella con la giovane strega. Non che la cosa gli garbasse troppo, si sentiva schifato di voler approfittare di una ragazza così giovane e indifesa. E se qualcuno lo fosse venuto a sapere e lo avesse riferito a sua moglie Eleonora? Ma quando si sentì sfilare le calze braghe e si accorse che la streghetta aveva una pelle delicata e due labbra che sapevano baciare i suoi punti più sensibili, capì che il suo carceriere l’aveva istruita più che bene. Si lasciò guidare dalla giovane, che dopo averlo baciato e stimolato a lungo, portò il suo turgido sesso dentro di lei, fino a fargli raggiungere l’agognato amplesso. Francesco Maria godeva, come da tanto non godeva più, ma non riusciva a liberare la sua mente da un unico pensiero: come restituire la libertà a quella povera ragazza?
«Come ti chiami?», le chiese, ancora col respiro ansimante, iniziando a carezzarle il collo, facendola inginocchiare avanti a lui e guidandola in modo che la bocca di lei si avvicinasse al suo sesso gocciolante liquido biancastro.
«Ubalda», rispose la ragazza, iniziando a leccare i suoi umori, per poi accogliere il membro del Duca, che aveva ripreso vigore e turgidità, tra le sue labbra.
Francesco Maria la lasciò fare a lungo, fino a raggiungere un secondo momento di piacere. A quel punto strinse le mani intorno al collo della streghetta. La sentì emettere un breve gemito, poi il suo giovane corpo, privato della possibilità di assumere aria, si afflosciò, accasciandosi pian piano sul pavimento di terra. Le aveva restituito la libertà. Per sempre.
CAPITOLO 8
Basta uno scarto, una misura, una sillaba, un soffio, a proporre un giro nuovo
(Giusi Verbaro: “Solstizio d’estate”)
Il sole stava salendo veloce e un’altra giornata carica di afa e umidità si stava già preannunciando. Lucia ricacciò tutto lo sgomento provato per Mira fino al più profondo delle sue viscere e si incamminò verso il Palazzo del Governo, cercando di portare alla mente pensieri che fossero gradevoli e che la aiutassero ad affrontare il Consiglio dei Migliori. Solo un paio di settimane prima, in occasione del solstizio d’estate, si era recata ad Apiro per festeggiare l’evento con i suoi amici di sempre. Aveva passato due giorni splendidi su a Colle del Giogo. L’aria pura della montagna aveva fatto sì che l’epidemia di peste non avesse affatto sfiorato quella piccola comunità, basata sull’agricoltura e sulla pastorizia, e da sempre in armonia con la natura. Quando Alberto e Ornella avevano fatto gli onori di casa alla giovane “strega”, ormai custode ufficiale dei segreti della comunità e rispettata da tutti gli abitanti di Apiro e dintorni quale loro guida spirituale, Lucia si era resa conto di come, nonostante gli anni fossero passati, i suoi due ospiti non avessero affatto cambiato fisionomia. I loro lineamenti erano tali e quali, come quando li aveva conosciuti che era ancora una bambina. E ogni volta che si recava su ad Apiro, la coppia riusciva sempre a sorprenderla proponendole qualcosa di nuovo, che poteva essere una pozione, come un’invocazione, o un talismano, o semplicemente un detto o delle frasi. Cose che rimanevano sempre impresse nella memoria di Lucia, tutte da considerare alla stregua di perle di saggezza. Anche quella volta erano stati, insomma, due giorni pieni di magia, carichi di quel potere sottile che la Madre Terra regala. Simboli, segni, danze, feste, fuoco e… magia, magia, magia. A un certo punto Ornella aveva intonato una nenia, una preghiera che declamava il potere della Terra, e le cui parole avevano toccato in profondità il cuore della giovane.
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