Эротические рассказы

Ariion XXIII. Charley BrindleyЧитать онлайн книгу.

Ariion XXIII - Charley Brindley


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piacerebbe avere un lavoro?” chiese la signora Miss Sanders.

      Cameron scosse la testa. “Nella mia occupazione, ‘lavoro’ è una parolaccia.”

      La sua occupazione, piuttosto che fargli perdere punti, l’avrebbe sorpresa. Dieci anni prima guadagnava un quarto di milione di dollari l’anno, poi in un soffocante pomeriggio i suoi guadagni scesero a zero. Non lavorava da allora, tranne che lavori strani. Sembrava che la sua ambizione fosse svanita insieme ai suoi guadagni.

      In quel momento, Cameron aveva bisogno di un lavoro, ma soltanto per pochi giorni. Non era interessato a un lavoro a lungo termine. Venti o trenta dollari gli sarebbero bastati. Nel suo futuro, non vedeva oltre al suo prossimo pasto.

      “Bè, allora le piacerebbe essere il nostro ingegnere paesaggista?”

      “Vuole che io sia il suo giardiniere?”

      “Ciò che voglio io è che lei vada altrove, ma la mia cara figlia sembra pensare che lei abbia…uhm…potremmo dire delle possibilità.”

      “Possibilità, eh?” Guardò Ariion, poi tornò a guardare sua madre.

      Non era una donna dal brutto aspetto, ma un po’ troppo magra per i suoi gusti. Se si fosse tolta quella crocchia puritana e avesse permesso ai suoi capelli di cadere sciolti, sarebbe stata perfino carina. E un po’ di ombretto e rossetto avrebbero fatto meraviglie.

      “Cosa pensa?” chiese Cameron alla signora Sanders.

      “Penso barbone una volta, barbone per sempre.”

      “E un tempo una strega—”

      “Smettetela!” disse Ariion. “Sembrate una vecchia coppia sposata. Cameron, vogliamo che tu sia il nostro giardiniere.”

      “Hm…chi, precisamente, vuole essere il mio capo?”

      “Io—” iniziò la signora Sanders.

      Ariion la interruppe. “Mamma, smettila. Penso che Cameron dovrebbe essere il capo di se stesso.”

      “Suona bene.” Cameron guardò la signora Sanders.

      “Ora lei è il capo di se stesso,” disse la signora Sanders, “e guarda cosa gli ha portato, una bella panchina del parco come casa.”

      “Bene.” Cameron spinse indietro la sedia. “Penso che abbiamo finito.” Si alzò, pronto ad andarsene.

      “Grrrrr!” Ariion digrignò i denti. “Siediti. Capisco che devo arrangiarmi da sola. Cameron, vogliamo che tu lavori per noi, e ti pagheremo…Mamma, quanto pagavi il signor Hailey prima di licenziarlo?”

      Cameron si sedette e guardò la signora Sanders.

      “Io non l’ho licenziato. Semplicemente non andavamo più d’accordo su alcune cose.”

      “Che sorpresa,” mormorò Cameron dietro il bicchiere di tè.

      Ariion lo guardò, ma parlò a sua madre. “Quanto lo pagavi prima che non andaste più d’accordo?”

      “Quattrocentocinquanta a settimana.”

      “Cameron, ti pagheremo cinquecento dollari a settimana —”

      “Cosa?” urlò sua madre.

      “E puoi vivere nelle stanze sopra i garage.” Ariion indicò un edificio sul confine della proprietà. Tre porte da garage si trovavano parallele al primo piano e agli alloggi al piano di sopra.

      “Cosa?” urlò di nuovo sua madre.

      “Accetto,” disse Cameron.

      “Ottimo,” disse Ariion. “Quando puoi iniziare?”

      “Aspetti solo un minuto,” disse sua madre. “Ariion, da quando ti occupi di questioni personali? E lei, signor St. Lawrence, non verrà a lavorare finché non lo dirò io.”

      “Posso iniziare oggi,” disse Cameron ad Ariion, “questo pomeriggio.”

      “Bene,” disse Ariion. “E immagino che dovrei assumere anche un cuoco. Altrimenti, vivremo di bagel e pizza congelata per il resto delle nostre vite.”

      “Perché non assumi anche una cameriera e un maggiordomo, già che ci sei?” La signora Sanders incrociò le braccia. “E non so nemmeno se l’appartamento della rimessa è abitabile.”

      “Hm…” Ariion prese un sorso di tè. “Assumere una cameriera non è una cattiva idea.”

      “Non si preoccupi per i mobili, signora Sanders,” disse Cameron. “Quando porterò qui la mia panchina del parco, sarò a posto.”

      Ariion rise mentre sua madre guardava Cameron, e poi sua figlia.

* * * * *

      Tre giorni dopo che Cameron si trasferì nella rimessa, la signora Sanders guardò fuori dalla finestra della cucina, poi si avvicinò per vedere meglio. Un uomo che non riconobbe si aggirava per il giardino sul retro come se fosse il proprietario del posto. Dov’era il suo nuovo dipendente? Non avrebbe dovuto già lavorare in giardino? Proprio come pensava, era stato un barbone per troppo tempo, presentarsi in orario era fuori questione.

      Andò alla porta sul retro e la aprì. "Ehi, lei! Se ne vada dalla mia proprietà prima che chiami la polizia."

      L’uomo indossava pantaloni Verdi e una camicia marrone stropicciata. Aveva un rastrello in spalla e una piccola pala nella mano destra. L’uomo si fermò e si voltò per affrontare la signora Sanders.

      “Sono i miei attrezzi, quelli?” Scese i gradini della porta sul retro.

      L’uomo guardò gli attrezzi e si strinse nelle spalle.

      “Li metta giù, e vada via di qui.” Si fermò a poca distanza da lui. “I poliziotti sono proprio dietro l’angolo.”

      Lui le fece una smorfia.

      Lei lo guardò con gli occhi ridotti a fessura.

      “Se le do questi attrezzi, significa che lavorerà nelle aiuole a ovest dove vuol piantare le petunie?”

      “Oh, santo cielo!” Si portò una mano alla gola. “St. Lawrence?”

      “Certo. Quanti giardinieri ha assunto?”

      “Ha—”

      “Mamma!” Ariion uscì dalla casa e corse attraverso il prato. “Cos’hai fatto?” Guardò l’estraneo. “Dov’è Cameron?” Si mise le mani sui fianchi.

      La signora Sanders puntò un dito tremante su Cameron. “Lui è—”

      “Chi è quest’uomo? Hai licenziato Cameron e hai assunto quest’uomo mentre Felicia ed io stavamo guardando il film?” Ariion si spostò e guardò sua madre. “Ne ho abbastanza dei tuoi stupidi capricci. Se Cameron se n’è andato, potresti salutarmi, perché mi trasferisco a Central Park.”

      Capitolo Quattro

      Cameron sorrise mentre guardava Ariion arrabbiarsi. Non l’aveva mai vista così infervorata.

      “Vacci piano con tua madre, agnellina. Può essere capricciosa, ma non la definirei stupida.”

      Ad Ariion cadde la mascella. Lo fissò, piena di dubbi. “Santo cielo!”

      “Esatto,” disse sua madre.

      “Vi comportate come se non aveste mai visto un giardiniere prima.”

      “La tua barba…” disse Ariion.

      “Già.” Si strofinò il mento. “Sparita.”

      “E i tuoi capelli.”

      Passò una mano sui capelli e si mise di lato per mostrare il suo profilo. “Cosa ne pensate? Troppi corti?”

      “Non posso…” cominciò sua madre.

      “…crederci,” finì Ariion.

      “Se non vi piace, posso farmeli ricrescere.” Finse un’espressione ferita.

      “Ha


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