Эротические рассказы

Orlando Furioso. Lodovico AriostoЧитать онлайн книгу.

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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il popul suo via più sicuro,

      che se, per opra di Vulcan, di doppia

      cinta di ferro avesse intorno il muro.

      Alfonso è quel che col saper accoppia

      sì la bontà, ch'al secolo futuro

      la gente crederà che sia dal cielo

      tornata Astrea dove può il caldo e il gielo.

      52

      A grande uopo gli fia l'esser prudente,

      e di valore assimigliarsi al padre;

      che si ritroverà, con poca gente,

      da un lato aver le veneziane squadre,

      colei dall'altro, che più giustamente

      non so se devrà dir matrigna o madre;

      ma se per madre, a lui poco più pia,

      che Medea ai figli o Progne stata sia.

      53

      E quante volte uscirà giorno o notte

      col suo popul fedel fuor de la terra,

      tante sconfitte e memorabil rotte

      darà a' nimici o per acqua o per terra.

      Le genti di Romagna mal condotte,

      contra i vicini e lor già amici, in guerra,

      se n'avedranno, insanguinando il suolo

      che serra il Po, Santerno e Zanniolo.

      54

      Nei medesmi confini anco saprallo

      del gran Pastore il mercenario Ispano,

      che gli avrà dopo con poco intervallo

      la Bastìa tolta, e morto il castellano,

      quando l'avrà già preso; e per tal fallo

      non fia, dal minor fante al capitano,

      che del racquisto e del presidio ucciso

      a Roma riportar possa l'aviso.

      55

      Costui sarà, col senno e con la lancia,

      ch'avrà l'onor, nei campi di Romagna,

      d'aver dato all'esercito di Francia

      la gran vittoria contra Iulio e Spagna.

      Nuoteranno i destrier fin alla pancia

      nel sangue uman per tutta la campagna;

      ch'a sepelire il popul verrà manco

      tedesco, ispano, greco, italo, e franco.

      56

      Quel ch'in pontificale abito imprime

      del purpureo capel la sacra chioma,

      è il liberal, magnanimo, sublime,

      gran cardinal de la Chiesa di Roma

      Ippolito, ch'a prose, a versi, a rime

      darà materia eterna in ogni idioma;

      la cui fiorita età vuole il ciel iusto

      ch'abbia un Maron, come un altro ebbe Augusto.

      57

      Adornerà la sua progenie bella,

      come orna il sol la machina del mondo

      molto più de la luna e d'ogni stella;

      ch'ogn'altro lume a lui sempre è secondo.

      Costui con pochi a piedi e meno in sella

      veggio uscir mesto, e poi tornar iocondo;

      che quindici galee mena captive,

      oltra mill'altri legni alle sue rive.

      58

      Vedi poi l'uno e l'altro Sigismondo.

      Vedi d'Alfonso i cinque figli cari,

      alla cui fama ostar, che di sé il mondo

      non empia, i monti non potran né i mari:

      gener del re di Francia, Ercol secondo

      è l'un; quest'altro (acciò tutti gl'impari)

      Ippolito è, che non con minor raggio

      che 'l zio, risplenderà nel suo lignaggio;

      59

      Francesco, il terzo; Alfonsi gli altri dui

      ambi son detti. Or, come io dissi prima,

      s'ho da mostrarti ogni tuo ramo, il cui

      valor la stirpe sua tanto sublima,

      bisognerà che si rischiari e abbui

      più volte prima il ciel, ch'io te li esprima:

      e sarà tempo ormai, quando ti piaccia,

      ch'io dia licenza all'ombre e ch'io mi taccia. —

      60

      Così con voluntà de la donzella

      la dotta incantatrice il libro chiuse.

      Tutti gli spirti allora ne la cella

      spariro in fretta, ove eran l'ossa chiuse.

      Qui Bradamante, poi che la favella

      le fu concessa usar, la bocca schiuse,

      e domandò: — Chi son li dua sì tristi,

      che tra Ippolito e Alfonso abbiamo visti?

      61

      Veniano sospirando, e gli occhi bassi

      parean tener d'ogni baldanza privi;

      e gir lontan da loro io vedea i passi

      dei frati sì, che ne pareano schivi. —

      Parve ch'a tal domanda si cangiassi

      la maga in viso, e fe' degli occhi rivi,

      e gridò: — Ah sfortunati, a quanta pena

      lungo istigar d'uomini rei vi mena!

      62

      O bona prole, o degna d'Ercol buono,

      non vinca il lor fallir vostra bontade:

      di vostro sangue i miseri pur sono;

      qui ceda la iustizia alla pietade. —

      Indi soggiunse con più basso suono:

      — Di ciò dirti più inanzi non accade.

      Statti col dolce in bocca; e non ti doglia

      ch'amareggiare al fin non te la voglia.

      63

      Tosto che spunti in ciel la prima luce,

      piglierai meco la più dritta via

      ch'al lucente castel d'acciai' conduce,

      dove Ruggier vive in altrui balìa.

      Io tanto ti sarò compagna e duce,

      che tu sia fuor de l'aspra selva ria:

      t'insegnerò, poi che saren sul mare,

      sì ben la via, che non potresti errare. —

      64

      Quivi l'audace giovane rimase

      tutta la notte, e gran pezzo ne spese

      a parlar con Merlin, che le suase

      rendersi tosto al suo Ruggier cortese.

      Lasciò di poi le sotterranee case,

      che di nuovo splendor


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