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Posseduta Dagli Alfa. Jayce CarterЧитать онлайн книгу.

Posseduta Dagli Alfa - Jayce Carter


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figuriamoci di mangiare.

      In ogni caso, non voleva niente da quegli uomini. Gli alfa non concedevano niente senza aspettarsi qualcosa in cambio e Claire non poteva permettersi di pagare.

      «Nei hai bisogno.» Kaidan lo spinse verso di lei sul bancone, una forchetta al suo fianco. «Stai strizzando gli occhi, le tapparelle sono abbassate. Il sole ti dà fastidio agli occhi, vero? Mal di testa? Hai bisogno di proteine dopo un calore per riprenderti. Mangia.»

      «Non dirmi cosa devo fare», sbottò Claire, una reazione automatica a un alfa che cercava di darle ordini.

      Aveva lavorato troppo duramente per lasciare che accadesse.

      Eppure, nonostante tutto, quando le parole lasciarono la sua bocca, Claire trasalì e sollevò un braccio come se si aspettasse di essere colpita per la sua impertinenza.

      Un momento più tardi, non sentendo che silenzio e assenza di dolore, abbassò il braccio e si ritrovò davanti i tre uomini immobili, tutti intenti a fissarla con lo stesso sguardo negli occhi.

      Compassione.

      Odiava la compassione.

      Invece di riconoscere la tensione nata dalla sua reazione, Claire afferrò l’angolo del cibo con un dito e lo tirò verso il bordo del bancone, il più lontano possibile da loro senza andarsene.

      Si sedette sulla sedia, sollevò la forchetta e a quel punto si immobilizzò.

      «Non ci abbiamo messo della droga», disse Kaidan.

      «Perché dovrei credervi?»

      Fu Bryce a rispondere alla domanda, il tono brusco e impaziente. «Perché non ne abbiamo alcun motivo. Potremmo portarti via da qui sulle nostre spalle e nessuno direbbe nulla. Potremmo denunciare la tua effrazione o segnalarti come omega non registrata. Perché dovremmo prenderci la briga di drogarti?»

      Lo sguardo di Claire cadde sul cibo di fronte alla verità delle sue parole. Non aveva alcun potere. Non aveva nulla. Avrebbero potuto fare qualsiasi cosa e lei non aveva nulla con cui ricattarli, niente da barattare. Era di nuovo in trappola. Un decennio a fuggire e una sola notte era bastata a intrappolarla.

      Claire diede il primo morso al cibo, riluttante all’idea di mostrare loro la sua reazione.

      «Perché sei fuggita, tesoro?» Joshua prese lo sgabello su cui era seduta Tiffany e si accomodò di fronte a lei, tanto vicino che le loro ginocchia riuscivano a toccarsi sotto il tavolo.

      «Perché non avrei dovuto farlo?» Claire parlò tra un morso e l’altro, incurante delle buone maniere dopo che il primo pezzo di cibo era entrato in contatto con la sua lingua, dopo che il suo stomaco aveva preso a brontolare, ricordandole quanta fame avesse.

      «Perché siamo stati attenti, ci siamo presi cura di te.»

      «Non significa che io voglia restare con voi e diventare una proprietà.»

      Di nuovo, nessuno di loro parlò, e il peso dei loro sguardi le rese difficile deglutire.

      «La vera domanda è: perché ti sei introdotta nel nostro ufficio?» Bryce non si sedette, ma continuò a camminare avanti indietro, i suoi passi rumorosi nel piccolo negozio.

      «Stavo cercando una cosa.»

      «Che cosa?»

      Le sue labbra si strinsero intorno a un boccone. Anche se non credeva che fossero direttamente coinvolti, gli alfa facevano fronte comune. Non poteva fidarsi di un alfa, non con qualcosa di così importante.

      «Ti ho già detto tutte le cose che potremmo fare con te. Credi davvero che non rispondere alle mie domande sia una buona idea?»

      Claire sollevò il viso per guardare in faccia Bryce, attingendo al proprio coraggio. «Consegnami all’ufficio del registro, allora. Consegnami alla polizia. Non ti dirò niente.»

      Bryce fece un passo avanti, ma Kaidan sollevò una mano. «Non minacciarla. Abbiamo già deciso di non consegnarla, quindi tutto questo è inutile.»

      «In qualunque cosa si sia cacciata, rischia di rimanere uccisa. Sapere di cosa si tratta è l’unico modo che abbiamo per proteggerla.»

      «Non vi ho chiesto di proteggermi.»

      Bryce la inchiodò con uno sguardo così duro da farla avvizzire. Beh, una parte di lei. Il resto? Quella parte vergognosa imbevuta d’istinto? Divenne bagnata sotto quello sguardo grave.

      «No. Ci hai chiesto di scoparti e usare il nostro nodo. Ci hai implorati e poi sei fuggita la mattina dopo. Non atteggiarti come se fossi superiore di noi.» Fece un respiro profondo, poi inarcò un sopracciglio. «E a giudicare dal tuo odore, sei a un passo dal chiedercelo di nuovo.»

      Claire scosse la testa, negandolo, sebbene entrambi sapessero che si trattava di una bugia. «Non vi ho invitati qui, non vi ho chiesto di venire. Non ho bisogno di voi, non ho bisogno di un alfa – figuriamoci tre.»

      «Non eri dello stesso parere ieri notte.»

      «Quella era biologia. Non appena il calore è svanito, ho capito di aver commesso uno sbaglio.»

      «Sbaglio? È questo che credi?» Bryce avanzò fino a trovarsi di fronte a lei, dall’altra parte del bancone. «Non mi è sembrato uno sbaglio quando ero dentro di te.»

      Le guance di Claire si tinsero di rosso all’esplicito promemoria, al modo in cui la riportò indietro e le ricordò quello che aveva provato in quei momenti. Un così strano senso di appartenenza.

      Maledizione, svegliarsi in mezzo a loro avrebbe potuto essere perfetto, se non fosse stato per la sua paura.

      Claire accantonò certi pensieri per rispondere, la sua voce il più ferma possibile. «Non avevo bisogno di voi, avevo bisogno del vostro nodo. Quindi, se è un ringraziamento che volete, grazie. Abbiamo finito ora?»

      Bryce sollevò il labbro e il bagliore dei suoi denti la rese grata di essere seduta. La sua spalla doleva al ricordo di come l’avesse morsa. Eppure, dopo il debole ringhio, Bryce si voltò e tornò a sbirciare fra le sue cose.

      Claire voltò la testa per guardare Kaidan, che se ne stava ancora nella stessa posizione di quando aveva posato il cibo sul bancone. «Cosa volete da me?»

      «Non ne siamo ancora sicuri. Quando te ne sei andata, ci sembrava che per capirlo avremmo dovuto prima trovarti.»

      «Sono certa che ci siano molte omega che sarebbero felici di soddisfare ogni vostra strana perversione, ma io non sono tra quelle. Non stavo scherzando, non voglio, né ho bisogno, di un alfa. Non valgo la frustrazione.»

      Kaidan la osservò, gli occhi fissi come se stesse cercando di leggerle dentro. Quello scrutinio fece dimenare Claire sulla sedia.

      Finalmente, l’alfa parlò. «Sì, molte omega sarebbero felici di appartenere a tre alfa di successo. Ciononostante, non importa con quante siamo stati a letto, nessuna ha mai risvegliato in noi dell’interesse. Non so cosa ci sia in te, ma ci hai reso curiosi.»

      «Che fortuna», mormorò, cacciandosi in bocca un altro boccone.

      «Non siamo così male, una volta che impari a conoscerci.» Joshua appoggiò i gomiti sul bancone e si sporse verso di lei.

      «Pensavo che gli alfa fossero tutti territoriali?»

      «La maggior parte. Alcuni, come noi, creano una sorta di unità. È successo per via del lavoro, ma ci siamo resi conto che preferiamo condividere le cose. Un’impresa, le stoviglie, deliziose omega.»

      Claire abbassò lo sguardo, rifiutandosi di riconoscere la sua battuta o ammettere come la promessa in essa racchiusa le facesse fremere lo stomaco.

      La sua risatina le mostrò che aveva fallito. «Beh, visto che non abbiamo avuto modo di presentarci l’altra volta, perché non ci proviamo ora? Io sono Joshua, lui è Kaidan e quello con il broncio dietro di me è Bryce. E tu sei?»

      «Sai già chi sono.»

      «Sì,


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