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I Corsari delle bermude. Emilio SalgariЧитать онлайн книгу.

I Corsari delle bermude - Emilio Salgari


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che assedianti ed assediati si fossero finalmente decisi a prendere un po’ di riposo.

      Ma il Corsaro non si fidava affatto di quella gran calma, la quale poteva essere più apparente che reale.

      I suoi occhi interrogavano ansiosamente le tenebre e le sue orecchie ascoltavano attentamente.

      I fanali erano stati innalzati nel momento in cui la corvetta superava l’estremità della penisola occupata, la notte prima, dagli americani.

      Il mare era pessimo anche contro la baia e le ondate si succedevano senza tregua.

      Erano appena trascorsi i cinque minuti d’obbligo ed i fanali erano stati riabbassati quando una voce si fece udire sotto la sinistra della nave.

      – How! Gettate una scala!

      Testa di Pietra che si trovava ancora sulla coperta, fece eseguire prontamente l’ordine. Pochi momenti dopo un uomo coperto da un ampio mantello d’incerato e barbuto come un miass del Borneo, montava a bordo chiedendo:

      – Il comandante?

      Testa di Pietra munito d’una lanterna e accompagnato da due fucilieri guardò attentamente lo sconosciuto, il cui mantello grondava.

      – Chi siete? – domandò, puntandogli contro il petto la pistola.

      – Un pilota americano: ho scorto i vostri segnali e sono accorso per mettermi ai vostri ordini.

      – E la scialuppa che vi ha condotto?

      – Ha già preso il largo. È stato un vero miracolo se ho potuto prendere al volo la vostra scala.

      – Vi nomino gabbiere di prima classe – rispose il bretone.

      L’americano rispose con un «grazie» ed una risata.

      – Seguitemi – riprese Testa di Pietra. – Il comandante è sul ponte.

      – Sono ai vostri ordini. Portate polveri?

      – Un carico completo.

      – Era tempo. Aspettavamo il colonnello Moultrie che avevamo mandato alle Bermude con una giunca.

      – È qui il vostro compatriota, ma il piccolo veliero lo abbiamo mandato a tenere compagnia ai pesci.

      Attraversarono la tolda e salirono sul ponte di comando, dove il Corsaro attendeva in preda ad una viva impazienza..

      – Ecco il pilota che gli americani hanno mandato – disse Testa di Pietra.

      Sir William gli chiese:

      – Dove possiamo affondare le nostre àncore, al sicuro dalle navi inglesi?

      – Alla foce della Mistica. Le batterie del ridotto di Breed’s Hill saranno sempre pronte a difendervi.

      – Andremo contro le inglesi?

      – La notte è pessima, comandante, e credo che le navi da guerra non lasceranno i loro ancoraggi prima che spunti l’alba.

      – Non faranno fuoco su di noi i vostri compatrioti?

      – A quest’ora la scialuppa che mi ha portato qui deve essere giunta a terra e l’ordine di non sparare non tarderà a giungere sull’altura di Breed’s Hill. Potete passare.

      – Raggiungete sul cassero il colonnello Moultrie e guidateci all’ancoraggio. Io penso alla difesa.

      La corvetta s’avanzava cautamente, correndo lievissime bordate.

      L’oscurità profonda la proteggeva, tuttavia non vi era che da fidarsi. Gli inglesi avevano conservato, dentro la baia, buon numero di fregate e di batterie galleggianti, le quali potevano, da un momento all’altro, scatenare un fuoco infernale ed impedire il passo.

      – Aguzza gli occhi, Testa di Pietra, – diceva di quando in quando sir William.

      – Sono tutti e due fuori dalle orbite, rispondeva il bretone – eppure non riesco a distinguer nulla.

      – La notte non poteva essere più tenebrosa.

      – Poche volte l’ho veduta così.

      – Guarda!

      – Guardo, comandante, e riesco a malapena a distinguere i fiocchi, e ciò è già molto. Scommetterei la mia pipa che un gatto non riuscirebbe a vederli.

      Ad un tratto il bretone si curvò in avanti e si mise in ascolto.

      – Che cosa senti? – chiese sir William.

      – Ma… non so…

      In quell’istante la corvetta piegò rapidamente sulla sinistra sotto un vigoroso colpo di timone. Che cosa avevano scorto i due piccoli americani? La risposta fu pronta. Una gigantesca ombra, che navigava senza fanale era comparsa improvvisamente sulla diritta a pochi metri di distanza.

      – Chi vive? – gridò una voce.

      – Inglesi – rispose prontamente sir William col portavoce.

      – Poggiate verso la gettata per la verifica o vi coliamo a fondo.

      – Obbediamo.

      Si slanciò dal ponte e percorse a gran passi la tolda dicendo agli uomini che stavano a guardia dei bracci delle manovre:

      – Bordate a sinistra! Lesti! Abbiamo una fregata addosso.

      Poi raggiunse il colonnello ed il pilota americano e diede loro alcuni ordini.

      La corvetta, pochi istanti dopo, invece di eseguire il comando ricevuto dagli inglesi, con una improvvisa bordata s’allontana in senso inverso, puntando sulla foce della Mistica. Quasi nello stesso momento il Corsaro, che era ritornato sul ponte di comando, lanciava il ben noto grido:

      – Fuoco di bordata!

      5. IL BOMBARDAMENTO DI BOSTON

      La fregata si prestava magnificamente per farsi crivellare di sorpresa, poiché offriva alle artiglierie della corvetta la sua sinistra, non avendo ancora avuto il tempo di virare, né di prendere alcuna precauzione contro un improvviso attacco.

      I due pezzi da caccia di poppa della corvetta furono i primi a scagliarle attraverso l’alberatura quattro grosse palle incatenate, poi i dodici pezzi di dritta esplosero quasi nello stesso momento, battendole terribilmente il fianco.

      Si udì, appena cessate le detonazioni, un fracasso orrendo di legnami che cadevano dall’alto, poi seguì un intensissimo fuoco di fucileria. Gli americani del castello di prora appoggiavano gli artiglieri del Corsaro.

      La corvetta, approfittando della confusione che doveva aver causata quella improvvisa scarica, continuò la sua bordata per raggiungere la foce della Mistica e mettersi al sicuro, prima che altre navi sopraggiungessero. Ma non poteva ritenersi fuori di pericolo, poiché in un lampo era stato dato l’allarme.

      Le batterie galleggianti che si trovavano ancora dinanzi alle gettate, intuendo che qualche importatrice di polveri e d’armi, approfittando dell’oscurità, era entrata nella baia avevano subito cominciato a sparare, ma a casaccio, perché la corvetta non era visibile e continuava a filare, allontanandosi rapidamente dal luogo della bordata. Anche la fregata aveva cominciato a far tuonare i suoi pezzi. I ridotti e i bastioni della città non tardarono ad imitare le navi.

      – Ecco un magnifico spettacolo che offriamo gratuitamente agli abitanti di Boston – disse sir William a Testa di Pietra.

      – Speriamo che ce ne siano grati – rispose il bretone. – Per il borgo di Batz! Le palle sono infuocate, capitano, Se una entra nel deposito delle polveri, salteremo allegramente ed offriremo ai bostoniani uno splendido fuoco che non sarà artificiale.

      – Non ci vedono.

      – Il caso talvolta…

      – Se conti sul caso, è un’altra questione. Bada invece che non ti cada qualche palla sulla testa.

      – È dura come la pietra la mia testa, signore; la farà rimbalzare in mare.

      – Uhm!

      Le palle fioccavano da tutte le parti, specialmente


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