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I Mostri Nel Buio. Rebekah LewisЧитать онлайн книгу.

I Mostri Nel Buio - Rebekah Lewis


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l’avrebbe sentito. Avrebbe saputo. Le luci erano accese, il che significava che non poteva saltar fuori e prenderla.

      Se quello che aveva letto prima fosse vero, lo poteva portare nel suo letto spegnendo le luci e chiedendoglielo. Il problema è che sembrava ridicolo e il solo pensarlo la faceva sentire un’idiota, una credulona. Qualcosa però era sotto al letto, quindi, perché non poteva trattarsi di un elfo oscuro?

      Un sorrisetto le arricciò le labbra. Se si toccava e gli parlava, e non riusciva sul serio a lasciare lo spazio buio sotto al letto, avrebbe saputo per certo se si trattava di un elfo oscuro oppure no. Spalancò le gambe, Maddy lasciò la presa sul telecomando e fece scivolare la mano sotto l’elastico dei pantaloncini del pigiama e negli slip. Si morse le labbra al primo baluginio di piacere provocato dallo sfregamento e chiuse gli occhi. Persa nella sensazione, a stento udì il rimescolio sotto il letto e rimase immobile. Il mostro sembrava…inquieto.

      Non avrebbe dovuto parlargli. Davvero non avrebbe dovuto. “Ti sento là sotto.”

      I movimenti si arrestarono al suono della sua voce.

      “È da maleducati interrompere una ragazza mentre si prende cura di sé.” Quasi ridacchiava all’assurdità della cosa. “Sono sicura che hai una valida ragione per farlo.”

      Non si aspettava una risposta. Piuttosto, si rituffò nei movimenti del suo autoerotismo, ma poi una voce maschile dal timbro profondo, con un accento strano che non riuscì a identificare, la bloccò ancora una volta. “È molto più da maleducati provocarmi. Sento i tuoi mugolii. Fiuto la tua eccitazione. Spegni le luci e invitami a darti una mano.” Era troppo stupefatta per commentare. Poi lui aggiunse cupamente: “Se hai il coraggio…”

      Il cuore ebbe un sobbalzo. “Sai parlare?” Perché non l’aveva fatto prima d’ora? Per tutti quegli anni era rimasto in silenzio, per cui doveva esserci di più del semplice desiderarla. Nessuno aspettava dieci anni senza uno scopo.

      “Mi ritieni privo di modi?” Il mostro ridacchiò. “È giusto, immagino. Una volta che ti avrò messo le mani addosso, il mio comportamento sarà piuttosto primitivo.”

      Un fremito la percorse lungo il corpo e non riuscì a trattenersi dal riprendere dove aveva interrotto. “Quello che volevo dire è: sai parlare inglese?”

      “Mia madre è umana, quindi mi ha insegnato la sua lingua.” Fece una pausa, la voce abbassata. “Continui a provocarmi. Spegni le luci.”

      Un moto di ribellione si agitò in lei. Non poteva toccarla fintanto che le luci rimanevano accese. Non aveva niente da temere e i suoi desideri per lei non facevano che amplificare la sua eccitazione. “Non penso che lo farò. Chi credi che io sia per invitare estranei dentro al mio letto quando si fanno vivi là sotto?”

      Ringhiò, e il suono era così inumano che Maddy quasi saltò fuori dal letto per uscire dalla stanza correndo. Temeva che avrebbe potuto afferrarla per una caviglia mentre tentava la fuga. Poi, in maniera delicata, il mostro disse: “So che sai chi sono. L’ho visto dopo averti spaventato la scorsa notte. Per questo, ti chiedo scusa.”

      Si sedette sul letto mentre il risvolto dell’affermazione si faceva strada in lei. “Che vuol dire che l’hai visto?” Aveva creato un sito web perché lei lo scoprisse?

      “Svartalfheim è un mondo di magia, non solo di tenebre. Mi sono assicurato che trovassi le informazioni che cercavi”. Fece una pausa. “Di nuovo, mia madre è un’umana. Ci siamo adeguati ai tempi come avete fatto voi, ma a modo nostro.”

      Scosse la testa. Impossibile. “Hai hackerato internet da un altro mondo? La luce del computer non dovrebbe farti del male?” Per non parlare del fatto che la connessione dovrebbe essere una schifezza.

      “No, se creato con i cristalli della mia spada. Svartalfheim può essere un terra di notte eterna, ma anche di bellezze e meraviglie proprie. Potrei mostrartele…Vuoi che lo faccia?”

      Strinse gli occhi e si rintanò nelle coperte. Stava tentando di indurla a fidarsi e di andare con lui. Mai fidarsi degli estranei! “Sapevi che avrei reagito in questo modo.”

      Una lunga pausa fece seguito al suo commento. “Lo speravo. Ti ho detto che potevi mandarmi via.” Fece di nuovo una pausa. “Hai smesso di toccarti?”

      L’aveva notato, eh? “Mi sono scocciata.” L’elfo oscuro era un po’ troppo determinato. Aver architettato di spaventarla e poi creare le informazioni così che lei potesse trovarle…Perché? Perché non aveva cominciato una conversazione con lei prima? Non sarebbe stato più utile ai suoi intenti piuttosto che spiarla da solo da là sotto?

      “Bugiarda. La tua eccitazione è più grande di prima. Vuoi che mi insinui nel tuo letto; soltanto il pensiero ti fa desiderarmi.”

      “No, non è vero.” In un certo senso era vero, ma era tutto così surreale e non riusciva a gestirlo.

      “Madison Wright, spegni le luci”, disse con abbastanza autorità che quasi acconsentì fin quando non si rese conto del controllo che lui stava cercando di imporre su di lei. L’uso del nome completo prima di tutto? Che diavolo! No! Non poteva ancora fidarsi.

      “Non le spegnerò mai.”

      “Vuoi giocare in questo modo, va bene. Sono un tipo paziente, ma ho aspettato per anni che maturassi e che il tuo odore mi dicesse che eri pronta per accoppiarti.”

      “È per questo che non hai mai provato a parlarmi o toccarmi prima d’ora?”

      Rispose: “Non eri pronta per me quando ti ho trovato, per cui sono andato altrove. Finalmente sei pronta e adesso la mia pazienza è finita.”

      Stava quasi per ridere al tono della sua voce quando il letto fu spostato con forza di lato, vicino alla parete, girando e lasciando uno spazio in ombra in un angolo lontano dalle luci. “Che …”

      “Hai adescato me stanotte, uno degli Dökkálfar."

      Il materasso scivolò e le coperte si mossero. Poi una protuberanza dalle pieghe della coperta prese la forma di due braccia che scivolavano lungo il lato del letto. Stava scivolando dentro al letto da sotto le coperte. Aveva spostato il letto così che ci fosse stata meno luce vicino al pavimento per agire e la trapunta toccava il pavimento da quel lato. Ecco come aveva spento le lucine la notte prima. Aveva trascinato le coperte sul pavimento, strisciato al di sotto e staccato la spina.

      Mentre la sagoma di un uomo strisciava lungo il bordo del materasso, Maddy cominciò a strillare e a liberarsi dalle coperte, ma una mano calda si avvolse attorno alla sua caviglia. Il suo calore la sorprese. Per qualche motivo, si aspettava che fosse freddo al tatto. Gli Elfi non sembravano delle creature calde. O forse semplicemente non si aspettava che sembrasse un uomo e quindi non riusciva a immaginarlo così.

      “Togli via le coperte e ti trascino sotto al letto con me” disse lui. “A Svartalfheim. È questo che vuoi?”

      “No!”. Come si poteva essere eccitati e spaventati allo stesso tempo? A quanto pare ho dei problemi mentali seri che devo risolvere come prima cosa domani mattina.

      “Non muoverti allora.” La lasciò andare e continuò a farsi strada sotto le lenzuola finché la figura intera di un uomo alto si rannicchiò ai piedi del letto. Poi ruotò il capo verso di lei e cominciò a scivolare tra le sue cosce. Rimase di stucco, non mettendo in dubbio la verità di fronte ai suoi occhi, ma strinse le gambe mentre il melodico riso soffocato dell’elfo riempiva la stanza.

      Capitolo IV

      “HAI INTENZIONE DI SPEGNERE le luci adesso?” L’elfo fece scivolare i palmi delle mani sopra le gambe di Maddy e rabbrividì prima di permettergli di aprirle le gambe di nuovo. Non era sicura di cosa gli avrebbe lasciato fare, ma era troppo curiosa per spostarsi: e non perché pensava che l’avrebbe rapita. Le luci erano ancora accese e questo le dava un vantaggio.

      “N-non credo che dovrei”, disse con una vocina. “Che fai?” Aveva spostato le mani sui fianchi di Maddy e lentamente le fece scivolare i pantaloncini e gli slip lungo le gambe. Avrebbe potuto calciarlo via dal letto con le coperte. Avrebbe davvero dovuto farlo, ma…se non l’avesse fatto?

      “Sono


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