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I Mostri Nel Buio. Rebekah LewisЧитать онлайн книгу.

I Mostri Nel Buio - Rebekah Lewis


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testa mentre cambiava il ritmo delle spinte in colpi lenti e misurati. Ogni movimento solleticava il bandolo sensibile di nervi che le facevano vedere scintille e le lacrime le bagnavano gli angoli degli occhi. Era tanto piacevole, persino troppo. Si sentì aprire in due quando venne.

      L’elfo si ritrasse e lei cominciò a protestare, ma poi lui la fece girare, tirandola per i fianchi contro di sé mentre si inginocchiava dietro di lei. Entrò lentamente in lei e fu estremamente sensuale. Quando sistemò il membro fino alla base, in qualche modo perfino più in profondità di prima, emise un grugnito soddisfatto di sé. Prima che lei potesse domandarsi cosa stesse facendo l’elfo, lui si ritrasse, quasi interamente, e poi entrò dentro di lei con dei colpi veloci e robusti. Lei si aggrappò alle lenzuola e urlava mentre ondate su ondate di piacere le attraversavano il corpo, ma lui non aveva finito. Mantenne il ritmo e questo la fece gemere e rabbrividire con un rilascio prolungato. Proprio quando pensò di non poter più resistere, lui si irrigidì, e si masturbò freneticamente, mentre il calore penetrava profondamente in lei.

      Questa fu l’ultima cosa che ricordava prima che tutto si facesse nero.

      MADDY NON SAPEVA CON certezza quanto tempo avesse dormito, ma si svegliò sentendosi fatta di gelatina calda e come se qualcuno le stesse accarezzando il fianco e la coscia. Spalancò gli occhi. Qualcuno lo stava proprio facendo.

      La stanza era ancora immersa nel buio e l’orologio indicava le cinque e un quarto del mattino. Doveva svegliarsi per prepararsi per andare al lavoro. Riusciva a stare in piedi? Girò il capo e il suo elfo oscuro si piegò su di lei per baciarla, facendole scivolare la lingua in bocca per giocare con la sua. Fece scivolare due dita dentro di lei e lei emise un gemito, spostandosi verso la mano di lui.

      “Vedi come il tuo corpo si sveglia affamato del mio?” le sussurrò sulle labbra. “Ti ha mai fatto questo effetto qualcun altro?” Rapidamente, estrasse le dita, le sollevò le gambe e si tuffò su di lei. Tracciava dei pigri cerchi intorno al clitoride con le dita mentre spingeva lentamente.

      “Dimmi che rinunceresti a tutto questo per una vita di mediocrità e io ritornerò a Svartalfheim, e non tornerò mai più. Potresti tenere questa notte per te, se è quello che desideri.”

      Nella sua testa si metteva in guardia dal fare promesse quando era distratta dal piacere. Invece gemette mentre lui le scostava i capelli dalla base del collo e le baciava e mordicchiava la pelle in quel punto. Lei non sapeva nemmeno come si chiamasse.

      Prese il ritmo, strofinandole il clitoride in maniera sempre più decisa e veloce a tempo con il suo tocco. “Di’ che vuoi andare via con me. Potremmo fare tutto questo nei giorni a venire, senza smettere mai. Rinuncia al tuo mondo. Ritorna al mio”.

      Le gambe cominciarono a tremarle. Era vicina.

      “Dillo, Maddy”, insistette, con un gemito nel suo orecchio. Il corpo di lui era rigido, pronto a scattare in sincrono con il suo.

      Non doveva. Non doveva assolutamente dire nulla.

      Lui si masturbò contro di lei, venendo con decisione e premendo sul clitoride con la base del palmo della mano; la tenne in questa posizione. Era possessivo, eppure riusciva a farle perdere la testa. “Vuoi andare via con me?”

      “Si!” gridò in un’esplosione di piacere. Non era certa che quel sì fosse una risposta o voleva solo essere una benedizione. In quel momento non aveva importanza. Il piacere, la sensazione era incontenibile. Dio, il suo corpo era vivo e caldo e cantava per la soddisfazione.

      E poi, veloce come il suo orgasmo, l’elfo oscuro scivolò fuori da lei e la sollevò tra le braccia. Era troppo beata e non ebbe nemmeno il tempo per pensare o dubitare dei motivi di lui prima che saltasse sul pavimento, la facesse scendere e si infilasse sotto al letto, scomparendo alla vista nelle tenebre. Man mano che la consapevolezza tornava, le mani di lui si protesero fuori dal letto e l’afferrarono per le caviglie, trascinandola con sé sotto al letto a Svartalfheim.

      VOLUME DUE: IL MOSTRO NELL’ ARMADIO

      Capitolo I

      “SONO IN RITARDO!” URLÒ Phoebe mentre lanciava un’occhiata al telefono. Pensava che sarebbe riuscita a truccarsi, ma si era sbagliata. Aveva dovuto rimuovere il fondotinta tre volte e ricominciare. Alla faccia dei tutorials online. Al suo posto, era finita con l’usare un semplice ombretto color marrone e mascara, rinunciando all’eyeliner. Alcune donne avevano il dono del make-up, ma il suo unico talento era incasinare le cose. Adesso era in ritardo per la sua festa preferita dell’anno, uno delle poche che aspettava con ansia.

      Ogni notte di Halloween, la sua ex confraternita organizzava una festa in maschera a tema fiabesco e lei era invitata in qualità di ex allieva. Quest’anno si trattava di Bella e La Bestia e le donne erano invitate a vestirsi da principesse e gli uomini da mostri. Naturalmente, tutti potevano indossare il costume che preferivano, ma molti invitati aderivano al tema. Per settimane Phoebe non aveva aspettato altro. Il suo nuovo ragazzo aveva dovuto essere convinto un po’. Adam odiava i costumi in maschera. D’altra parte, odiava un sacco di cose.

      Come quando non indossava make-up in pubblico. Ecco perché ce l’aveva messa davvero tutta. Non avrebbe dovuto, lo sapeva, eppure eccola là a cercare di compiacere un uomo perennemente insoddisfatto. Con un sospiro, rimise i cosmetici nella borsetta vicino al lavabo e corse in camera da letto per finire di vestirsi.

      Aveva esagerato con la lingerie sexy, sperando che Adam si sarebbe divertito a levargliela di dosso una volta a casa. Un perizoma in pizzo color crema abbinato a un paio di autoreggenti e reggicalze accompagnavano un bustino che si legava dietro come un corsetto e sembrava uscita da un catalogo. O da un porno. Dipendeva da come sarebbe andata la festa!

      Entrò a fatica in una sottoveste ampia per dare una forma al vestito e poi indossò un paio di scarpe alte glitterate in oro. La gonna doveva essere indossata in due pezzi, bianca con uno strato di oro che risplendeva e brillava alla luce. Aveva legato i capelli neri a mezza altezza e non vedeva l’ora di vedere lo sguardo sul viso di Adam non appena l’avesse vista.

      Phoebe tirò la cordicella per spegnere la luce della cabina armadio, uscì e quando stava per chiudere la porta, si bloccò. In fondo all’armadio, una figura si mosse come un’ombra più scura delle altre. L’aveva già notato altre volte da quando si era trasferita in questo appartamento un paio di mesi addietro. Se accendeva la luce, non vi era mai nulla e non riusciva a spiegarsi che cosa proiettasse quell’ombra in movimento. Scrollò le spalle e chiuse la porta, controllando che rimanesse chiusa. Quella maledetta alle volte si apriva da sola, e allora le venivano i brividi pensando che qualcosa la stesse osservando.

      “Si tratta di uno scherzo della mente”, mormorò e afferrò la borsetta e il telefono. Mandò un messaggio a Adam per ricordargli di uscire dal lavoro e andare alla festa. Il poveretto aveva più a cuore i conti e la finanza della sua società che divertirsi.

      DOVE DIAVOLO ERA ADAM? Phoebe si spostava da un piede all’altro e cercava di vedere oltre le teste di dozzine di invitati in maschera. Le sue scarpe erano meravigliose a vedersi, ma non altrettanto le bolle ai piedi. Avrebbe ucciso per un paio di pantofole. Adam non era ancora arrivato e lei si stava stancando a socializzare. Le facevano male i piedi, e indossava tutta quella roba sexy sotto il vestito perché pensava che ci sarebbe stato un po’ di movimento quella notte mentre si sentiva e sembrava una principessa, ma a quanto pare non era così.

      Con un sospiro, si diresse verso una delle stanze al secondo piano dove si lasciavano i cappotti così da stare un po’ da sola. Chiuse la porta e raggiunse con passi lenti il letto su cui si sedette e tirò fuori il cellulare dalla pochette. Una volta liberati i piedi dalla pressione delle scarpe, sospirò di sollievo. Phoebe non osava però levarsi le scarpe, altrimenti rimetterle sarebbe stato dieci volte peggio. Invece, tentò di chiamare Adam, ma partì immediatamente la segreteria. “Dove sei?” ringhiò prima di riattaccare. Poi controllò i suoi messaggi e sorpresa… niente.

      Il cigolio di una porta le giunse delicatamente alla sua destra e trasalì. La porta dell’armadio si aprì e lei strizzò


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