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La Fossa Di Oxana. Charley BrindleyЧитать онлайн книгу.

La Fossa Di Oxana - Charley Brindley


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Applegate–” Si fermò, trasse un respiro e si raddrizzò. Non è mai stato bravo nei conflitti con le donne e di solito si sentiva intimidito o minacciato. “Può, per favore, accettare le loro domande e fare il colloquio preliminare? Se trova qualcosa sulle loro domande di lavoro, i curricula o nelle risposte alle sue domande che squalifichi qualcuna di loro,” si sedette e premette il pulsante di accensione sul computer, “le mandi via.” Vide apparire il logo di Windows sullo schermo del suo computer. “È tutto chiaro, signora Applegate?” Il suo computer emise due segnali acustici.

      “Perfettamente.” La parola fu conquistata e detta come una mano vincente di poker.

      Quando la porta sbatté alle sue spalle, Tosh emise sospiro e si girò per appoggiarsi sui gomiti. “Bene, signorine,” sussurrò nell’ufficio vuoto mentre pensava alla terzina, “questo dovrebbe essere interessante. La signora Torsolo-di-Mela ha perfettamente ragione nella sua valutazione. Non avete esperienza lavorativa e probabilmente mi pentirò della mia decisione di assumervi.”

      Posò il bombardiere al suo posto, si girò verso il suo computer e cliccò sull’icona dell’Internet. Il sito web della Echo Forests apparve sul monitor, ma i suoi occhi tornarono al B-17. Tirando verso di sé il vecchio bombardiere, fece roteare uno dei sostegni e tornò indietro negli anni fino a quel giorno in cui era solo un ragazzino di tredici anni.

      Il telefono squillò. Tosh cercò di tenersi stretto il dolce ricordo. Il telefono squillò di nuovo, riportandolo di colpo alla realtà.

      “Scarborough,” rispose. “Oh, ‘giorno, Quinn.” Rimase in ascolto per alcuni secondi. “Quando? Sei al molo? Sarò lì tra quindici minuti.”

      * * * * *

      Più tardi quel pomeriggio, quando Tosh ritornò in ufficio, la signora Applegate era seduta alla sua scrivania, intervistando un altro candidato.

      “Come sta andando?” chiese.

      “Molto bene,” rispose lei, raggiante.

      “Ha dei candidati promettenti?”

      “Sì.” Tre ottimi candidati.

      “Tre?” Tosh sorrise e lanciando un’occhiata alla sala conferenze che era vuota. “Quando verranno a parlare con me?”

      “Beh, può iniziare con il primo in questo stesso istante.” La signora Applegate si alzò in piedi e tese la mano verso la donna seduta di fronte alla sua scrivania. “Signorina Wishington, le presento signor Kennitosh Scarborough.”

      L’anziana signora fissò in modo assente lo spazio in cui si trovava la faccia della signora Applegate prima che questa si alzasse.

      “Signorina Wishington?” La signora Applegate ripeté, più forte questa volta.

      “Ah, sì.” Alzò lo sguardo. “Sono Abigail Wishington. Sono venuta per candidarmi per il lavoro da grafico.”

      “Sì, lo so,” rispose la signora Applegate. “Questo è il signor Scarborough.”

      “Come sta, signor Scarface.” L’anziana signora lo guardò attraverso gli occhiali quadrati con montatura a giorno.

      La donna sembrava avere circa settant’anni, con la faccia più dolce e angelica che Tosh avesse mai visto.

      Sorrise mentre le tendeva la mano. “Salve, signorina Wishington. Lieto di conoscerla.” Si girò verso la signora Applegate. “Che cosa è successo con le sorelle Bravant?” La signorina Wishington continuava a tenergli la mano, mettendone un’altra sopra la sua.

      “Oh, le ho mandate via, proprio come mi aveva detto lei.” Il sorriso della signora Applegate si fece ancora più grande e i suoi denti falsi brillavano della lucentezza di plastica. “Non avevano alcuna esperienza lavorativa. Immagino si siano dimenticate di menzionarle questa piccola informazione la scorsa sera.”

      “Dove sono le loro domande?”

      Tese la mano e lasciò cadere il polso indicando verso il basso. La sua collezione di bracciali di argento ed oro tintinnò sul dorso della sua mano.

      Tosh seguì il suo dito puntato verso il cestino, dove vide le tre domande spiegazzate giacere sotto una fradicia bustina di tè.

      Oxana estese la sua ospitalità a Raymond Chase permettendogli di trascorrere la notte nella sua remota baracca nella giungla. Lo fece dormire nella sua infermeria, che per puro caso conteneva un letto appena liberatosi.

      Il giorno seguente, dopo aver consumato il pranzo preparato dal cuoco e Alginon, sulla veranda di Oxana, il signor Chase esaminò venticinque esemplari di ambra. Apparentemente non impressionato da questi, chiese di rivedere la salamandra e gli scorpioni.

      Nel frattanto che Oxana lo osservava studiare l’ambra contenente la salamandra maculata, notò un lieve tremore nella mano destra.

      Cos’è che lo rende così nervoso? Spero che non faccia nulla di stupido.

      “Oxana!” urlò qualcuno dalla fossa.

      Spostò la sedia dal tavolo traballante e zoppicò verso la ringhiera, dove si sporse per vedere chi l’aveva chiamata.

      Devereux. Ma guardalo, lì sul fondo alla fossa, flettendo quegli enormi bicipiti per me. La sua camicia è di nuovo sbottonata e non capisco come possa mettersi quegli stretti pantaloncini. Sono così dannatamente stretti, che il suo... Guardò oltre la sua spalla verso Chase. Non appena mi libererò di lui, farò fare un allenamento a quel giovane stallone.

      Uno degli indigeni si inginocchiò ai piedi di Devereux, piegandosi a metà, con le braccia premute contro il suo stomaco. Sembrava un adolescente.

      “Qual è il problema, Devereux? Perché quegli uomini non stanno lavorando?”

      Una dozzina di nativi, tutti indiani Yanomani, stavano in semicerchio dietro Devereux, guardando qualcosa. Tre guardie puntarono i loro fucili sugli uomini scheletrici.

      “Questo ragazzo qui è in pessimo stato,” gridò Devereux. “Quello laggiù è quasi morto, di sicuro.” Annuì verso gli altri indiani che si stavano sporgendo sulle loro pale iniziando un lamento doloroso per il caduto membro della loro tribù.

      “Portali entrambi in infermeria, sciocco! Non vedi che siamo a corto di lavoratori? Devo proprio prendere ogni decisione?” Prima che Devereux potesse risponderle, gridò a una delle guardie: “Hamo, se non riesci a far lavorare quei pigri bastardi, troverò qualcuno che potrà farlo. Devono prendersi una vacanza ogni volta che qualcuno cade?”

      Devereux ordinò a quattro di loro di portare i due feriti fuori dalla fossa e poi in infermeria.

      Hamo fece oscillare l’impugnatura del suo fucile, colpendo un uomo sulla spalla ossuta, urlando loro di iniziare a scavare.

      Oxana tornò al tavolo, si lasciò cadere sulla sedia e si schiacciò una grossa zanzara che aveva sull’avambraccio. “Quel cretino e stupido Devereux è proprio un rompipalle,” mormorò. “Se non fosse così fico...”

      “Mi perdoni?” Chiese Chase.

      “Ho detto che odio questo fottuto posto. Faremo affari oppure no?”

      “Accetta dollari americani?” Chase sorrise mentre rimetteva con cura l’ambra sul tavolo, in linea con quella che conteneva gli scorpioni.

      “Per quale pezzo?”

      “Entrambi. Gli scorpioni e la lucertola.”

      “Voglio ottantamila Real brasiliani per i due.”

      “Sì.” Si leccò le labbra e deglutì. “Sono circa quarantamila dollari americani.”

      “Mi faccia vedere i suoi soldi.”

      La zanzariera si aprì cigolando e Alginon uscì con due bevande fredde


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