Il Guerriero Sfregiato. Brenda TrimЧитать онлайн книгу.
Durante i mesi precedenti i demoni avevano affinato la sete di Shae per renderla un’arma di violenza e morte. Odiava la propria mancanza di controllo; le sfuggiva di mano proprio quando credeva di aver avuto la meglio su di essa. Si ritrovò a fissare il cibo tra le mani di Gerrick, godendosi il delizioso aroma che emanava, ma la sua attenzione si spostò in fretta verso la vena del collo di lui. Doveva avere il suo sangue. Nulla aveva importanza in confronto al bere il suo sangue fino all’ultima goccia.
“Tutto ok, Rossa?” La sua voce roca la distrasse dall’istinto omicida che le aveva annebbiato la mente. Se avesse fatto del male a quell’uomo avrebbe distrutto tutto ciò che restava di buono nel proprio cuore e nell’anima.
“No. È come se dentro di me ci fosse qualcosa che vuole solo uccidere. Lo odio” ammise portandosi la testa tra le mani. Non aveva avuto intenzione di dire la verità, ma le erano sfuggite le parole di bocca e non aveva la minima intenzione di rimangiarsele, adesso che lui ne era a conoscenza. Voleva che quell’uomo sapesse tutto di sé, sia le cose belle che quelle brutte.
“Quindi ti arrendi? Hai intenzione di lasciarli vincere?” Inclinò il capo di lato e la guardò attraverso le sbarre.
Gli occhi di ghiaccio di lui inizialmente sembravano freddi e distanti, ma Shae fu in grado di individuarvi il calore e la voglia di vivere. “Dev’essere bello giudicarmi dall’esterno di questa cella. Non hai idea di che cos’ho passato e di quanto abbia combattuto” sbottò.
“Ecco il fuoco che ho visto prima. Dovrai tenertelo stretto se vuoi uscirne. Ora, vuoi questo cibo? Io non sono sul menù”. Che peccato, pensò Shae. Voleva il suo sangue più di ogni cosa. Per poco non sorrise quando lo vide inarcare appena un angolo della bocca. Il suo mezzo sorriso le fece venire le farfalle allo stomaco e le fece provare bisogno sessuale. “Non preoccuparti, ti porteranno presto del sangue”.
“Come se ti morderei veramente. Dammi da mangiare”. Le venne l’acquolina in bocca al pensiero di assaggiare il sangue di lui, a dispetto del suo tono imperativo.
“Dovrai venire più vicina” la sfidò; Shae giurava di aver visto un barlume di lussuria negli occhi di lui. Si chiese se si fosse sbagliata, quindi esitò quando si alzò e si diresse verso di lui. Non le sfuggì il modo in cui la guardava, e l’ansia le fece aumentare il battito cardiaco. Dopo tutto ciò che aveva passato credeva di aver avuto abbastanza degli uomini, ma Gerrick la stava facendo dubitare.
“Che profumino” mormorò concentrandosi sul cibo.
“È lo stufato di manzo fatto in casa, una specialità di Elsie. Sono sicuro che quando l’assaggerai mi darai ragione” si fermò in corrispondenza del passavivande della cella.
“Non mangio da quando mi sono fatta quel panino al prosciutto al lavoro il giorno in cui mi hanno rapita. Tutto ciò che ci hanno dato sono stati degli umani da prosciugare”. Non sapeva come mai si stesse aprendo con lui; sicuramente era vittima di un suo incantesimo che le faceva vuotare il sacco, perché non sembrava in grado di chiudere la bocca. “E se non li uccidevamo quando ce li portavano ci torturavano e ci stupravano. La cosa peggiore era che a parte di me piaceva uccidere”. Si sarebbe aperta totalmente se Gerrick avesse veramente voluto conoscerla. Quando i due incrociarono lo sguardo, Shae lesse comprensione negli occhi di lui, non repulsione.
Gerrick non avrebbe dovuto sapere cosa significasse quando una femmina veniva violata in modo inimmaginabili. E non avrebbe nemmeno dovuto capire cosa significasse venir privati della possibilità di risparmiare la vita di un innocente. Erano state private del libero arbitrio ed erano state solamente soggette al dolore e al tormento. L’empatia che dimostrava lui era però innegabile.
“Il sangue di ogni vita a cui hai posto fine è una responsabilità di Kadir e Azazel, non tua, e non avrò pace fino a quando non li avrò uccisi”. Shae era commossa dalla veemenza del tono di lui e dal suo intento di proteggerla. Di sicuro era qualcosa che faceva parte della natura dei Guerrieri Oscuri, il cui dovere era proteggere i civili, ma sembrava andare oltre. “Non parliamone più. Devi mangiare”. Non distolse lo sguardo da lei nel porgerle il vassoio.
Si allungò verso il vassoio di legno e le loro mani si sfiorarono. Immediatamente venne come catapultata in un altro mondo. Era disorientata e non aveva idea se si fosse veramente spostata da qualche parte o se si trovasse in un ricordo. Ciò che sapeva era che si trovava in una prateria, ma dubitava di esserci già stata.
Era una vista mozzafiato dominata da una distesa di lavanda a perdita d’occhio. Le vennero i brividi, e quando abbassò lo sguardo si rese conto di avere addosso un abito di puro cotone, diverso da quelli che aveva indossato.
Il tessuto azzurro-verde era spesso, pesante e grezzo al tatto, e si estendeva fino alle caviglie. Il top era bianco e si componeva di talmente tanti strati che le rendevano difficili i movimenti. Percepiva la costrizione tipica di un corsetto che le strizzava la cassa toracica e le rendeva difficile respirare. Il seno minacciava di traboccare dalla scollatura e un corpetto nero adornava l’esterno della blusa. Era un tipo di abbigliamento che ricordava quello dei secoli precedenti.
“Santa Dea, dove mi trovo?” Sussurrò. Avanzò di diversi passi fino a quando sentì un sasso farle male al piede, quindi lo sollevò e si rese conto di avere addosso solamente dei sandali di seta che non fornivano alcun tipo di protezione. Erano le calzature peggiori che avessero mai potuto inventare.
“Evanna” le sussurrò all’orecchio una voce bassa e roca. Quando si voltò per poco non cadde a terra. Era Gerrick, ma non assomigliava affatto al Guerriero che aveva incontrato.
Aveva un sorriso a trentadue denti sul suo bellissimo viso privo della cicatrice. I suoi capelli biondi erano lunghi e acconciati in una coda all’altezza della nuca, a differenza del taglio corto a cui era abituata. I suoi occhi di ghiaccio irradiavano calore e la invitavano a perdercisi dentro. Nulla nella sua espressione ricordava la freddezza di ciò che era diventato; non si trattava del Guerriero che aveva combattuto come se non avesse avuto nulla da perdere.
Gli abiti di lui non le risultavano strani come quelli che indossava in prima persona. Riconobbe il kilt e il top ondeggiante, tipico scozzese. Gerrick indossava persino i calzettoni al polpaccio e le scarpe nere, così come lo sporran. Era stupendo, e Shae non poté non chiedersi che cosa portasse sotto al kilt.
La prese tra le braccia e la baciò in bocca, ma si rese conto di conoscere già la sensazione del suo abbraccio e del sapore delle sue labbra. Era come creta nelle sue mani, e le loro labbra danzarono in sincrono. Trasalì quando la strinse ulteriormente a sé contro al suo petto solido e tra le sue braccia forti. La ragazza non provava più il disgusto che sentiva ogni volta in cui veniva toccata, al contrario quell’uomo stimolava la passione e il desiderio di lei.
Gli accarezzò i bicipiti e poi gli portò le braccia al collo infilandogli le mani nei capelli setosi. Lo sentì gemere dal piacere, quindi gli tirò appena le ciocche quando gli mordicchiò il labbro inferiore; era pronta per far scendere i canini, ma non li sentì affatto. Non provava nemmeno sete di sangue.
Aprì la bocca per chiedergli che cosa stesse succedendo, ma lui colse solamente l’occasione per farvi entrare la lingua. Era aggressivo, e assunse subito il controllo della situazione, prendendo da lei ciò che voleva. La propria mente fu sgombera di tutti i pensieri tranne che di quell’uomo e dei suoi baci. Era ovunque sul proprio corpo; le tirava le stringhe della blusa e le allentò prima di interrompere il bacio. Shae sollevò il capo e prese un respiro. “Gerrick” esordì.
“Mmmm” mormorò lui sulla pelle del collo di lei mentre le accarezzò il fianco, diretto al seno. “Che bello toccarti, Evanna”. Due cose avrebbero dovuto interrompere il momento di intimità, ma il cervello di lei non era in grado di elaborarle. Uno: parlava con un accento che non aveva notato, e due: l’aveva chiamata Evanna. Chi diamine era Evanna? Che cosa stava succedendo. Si chiamava Shae...vero?
Aprì la bocca per porgli una domanda, ma la chiuse subito quando Gerrick pronunciò un incantesimo che fece cadere a terra il tessuto che componeva la propria camicia, il quale venne steso a terra come fosse stato una coperta. Riprese a baciarle le labbra, forzandola a terra e spostandole i capelli