Il Giuramento. Джек МарÑЧитать онлайн книгу.
era un fantasma.
Era in piedi in una camera del piano di sopra sul retro della vecchia casa sulla spiaggia, a osservare i prigionieri. Una donna e un ragazzino, nascosti in una stanza priva di finestre. Sedevano fianco a fianco su delle sedie pieghevoli, con le mani ammanettate dietro la schiena, le caviglie ammanettate insieme. Indossavano dei cappucci neri sulla testa, così da non vedere niente. Li aveva lasciati senza bavagli, quindi la donna poteva parlar piano al figlio per tenerlo calmo.
“Rebecca,” le disse, “potrebbe esserci un po’ di agitazione tra poco. Nel caso, voglio che tu e Gunner ve ne stiate calmi. Non urlate e non chiamate aiuto. Se lo farete dovrò venire qui a uccidervi tutti e due. Capito?”
“Sì,” disse lei.
“Gunner?”
Sotto al cappuccio, il bambino gracchiò appena.
“È troppo spaventato per parlare,” disse la donna.
“Fa bene,” disse l’uomo. “Dovrebbe essere spaventato. È un bambino intelligente. E un bambino intelligente non fa niente di stupido, vero?”
La donna non rispose. Soddisfatto, l’uomo annuì tra sé e sé.
Un tempo, aveva un nome. Poi, nel corso degli anni, ne aveva avuti dieci. Adesso dei nomi non gli importava più niente. Si presentava come “Brown”, se cortesie del genere erano necessarie. Signor Brown. Gli piaceva. Gli faceva pensare a cose morte. Alle foglie morte in autunno. A brulli boschi bruciati, mesi dopo che un incendio aveva devastato tutto.
Brown aveva quarantacinque anni. Era grande, ed era forte. Era un soldato d’élite, e si comportava di conseguenza. Aveva imparato a resistere al dolore e allo sfinimento molti anni prima alla scuola della Navy SEAL. Aveva imparato a uccidere, e a non farsi uccidere, in una dozzina di hotspot sparsi per il mondo. Aveva imparato a torturare alla Scuola delle Americhe. Aveva messo in pratica quel che aveva imparato in Guatemala e a El Salvador, e poi all’aeroporto militare di Bagram e alla baia di Guantánamo.
Brown non lavorava più per la CIA. Non sapeva per chi lavorava, e non gli importava. Era un freelance, e il lavoro glielo pagavano.
I soldi, e si trattava di molti soldi, erano in contanti. Borse di tela piene di nuove banconote da cento dollari lasciate nel bagagliaio di una berlina a nolo all’aeroporto nazionale Reagan. Una valigetta in pelle con mezzo milione di dollari in pezzi da dieci, da venti e da cinquanta serie 1974 e 1977 in attesa in un armadietto di una palestra nei sobborghi di Baltimora. Erano banconote vecchie, ma non erano mai state toccate – ed erano buone come qualsiasi altra banconota raffigurante il generale Grant battuta nel 2013.
Due giorni prima, Brown aveva ricevuto un messaggio che gli diceva di recarsi in quella casa. Era casa sua fino ad aggiornamento ulteriore, e il suo lavoro era gestirla. Se si faceva vedere qualcuno, lui era a capo di tutto. Okay. Brown era bravo in molte cose, e una di queste era fare il capo.
Ieri mattina qualcuno aveva fatto saltare per aria la Casa Bianca. Il presidente e la vicepresidente erano fuggiti nel bunker di Mount Weather, con circa la metà dei civili del governo. La notte scorsa qualcuno aveva fatto saltare per aria Mount Weather con tutti i suoi ragazzetti ancora dentro. Un paio di ore dopo un nuovo presidente era salito alla ribalta, l’ex vicepresidente. Bello.
Un capovolgimento totale, dai liberali che conducevano lo show ai conservatori, e tutto era accaduto nel corso di una giornata. Naturalmente il pubblico aveva bisogno di dare la colpa a qualcuno, e i signori delle notizie avevano puntato il dito contro l’Iran.
Brown aspettava di vedere cosa sarebbe accaduto ancora.
A tarda notte, quattro uomini erano arrivati al molo con un motoscafo. Portavano quella donna e il bambino. I prigionieri appartenevano a qualcuno che si chiamava Luke Stone. Apparentemente la gente pensava che Stone avrebbe potuto trasformarsi in un problema. Quella mattina, fu chiaro di che genere di problema si trattasse.
Quando il fumo si era disperso, tutti i loro piani erano andati a gambe all’aria nel giro di qualche ora. Ed ecco Luke Stone, a cavallo delle macerie.
Però Brown aveva ancora sua moglie e suo figlio, e non aveva idea di cosa farsene. Le comunicazioni erano interrotte, per usare un eufemismo. Probabilmente avrebbe dovuto ucciderli e abbandonare la casa, ma invece aveva aspettato ordini che non erano mai arrivati. Adesso c’era un Verizon FIOS di fronte alla casa, e un indeterminato peschereccio con ponte di volo a un centinaio di metri.
Pensavano che fosse scemo? Gesù. Si vedevano arrivare a un miglio di distanza.
Andò in corridoio. C’erano due uomini. Entrambi sui trentacinque, con capelli assurdi e barbe lunghe – agenti delle forze speciali da una vita. Brown riconosceva il look. Riconosceva anche il loro sguardo. Non era di paura.
Era eccitazione.
“Qual è il problema?” disse Brown.
“Nel caso in cui non avesse notato, stiamo per essere colpiti.”
Brown annuì. “Lo so.”
“Non posso andare in prigione,” disse Barba 1.
Barba 2 annuì. “Neanch’io.”
Brown era con loro. Anche prima di tutto questo, se l’FBI avesse scoperto la sua vera identità avrebbe scontato molte sentenze a vita. E adesso? Che importa. Avrebbero potuto volerci mesi per identificarlo, e nel frattempo sarebbe rimasto in una prigione di contea da qualche parte, circondato da criminali di poco conto. E per come si erano messe le cose, non poteva fare affidamento su un angelo che scendesse dal cielo per risolvere tutto.
Eppure era calmo. “Questo posto è più resistente di quel che sembra.”
“Sì, ma non c’è via d’uscita,” disse Barba 1.
Vero.
“Allora li teniamo lontani, e vediamo se riusciamo a negoziare qualcosa. Abbiamo degli ostaggi.” Brown smise di crederci nel momento in cui le parole gli uscirono di bocca. Negoziare cosa, un passaggio? Un passaggio per dove?
“Non negozieranno con noi,” disse Barba 1. “Ci mentiranno finché un cecchino non avrà campo libero per sparare.”
“Okay,” disse Brown. “Allora voi cosa volete fare?”
“Combattere,” disse Barba 2. “E se ci abbattono voglio venire quassù per piantare un proiettile nella testa dei nostri ospiti prima di beccarmene uno io.”
Brown annuì. Si era già trovato in tante situazioni difficili, e aveva sempre trovato un modo di uscirne. Poteva esserci una via d’uscita anche qui. Ci pensò, ma a loro non lo disse. Solo alcuni topi potevano abbandonare la nave.
“Giusto,” disse. “È quello che faremo. Adesso prendete posizione.”
Luke si strinse nel pesante giubbotto tattico. Il peso gli piombò addosso. Assicurò la cintura del giubbotto, togliendosi un po’ di peso dalle spalle. I pantaloni cargo erano abbinati a un giubbotto antiproiettile Dragon Skin leggero. Per terra ai suoi piedi c’era un elmetto con attaccata una mascherina di seconda mano.
Lui e Ed si trovavano dietro al portabagagli aperto della Mercedes. Il finestrino fumé li nascondeva un po’ dalle finestre della casa. Ed si posò contro l’auto per sostenersi. Luke tirò fuori la sedia a rotelle, la aprì e la mise a terra.
“Fantastico,” disse Ed scuotendo la testa. “Ho la mia carrozza, sono pronto per la battaglia.” Gli sfuggì un sospiro.
“Ecco come funziona,” disse Luke. “Noi non stiamo qui a gingillarci. Quando entrerà, la SWAT probabilmente punterà le armi contro la porta del portico che guarda al molo e abbatterà la porta posteriore. Non credo che funzionerà. Scommetto che la porta sul retro è di doppio acciaio e che non si muoverà di un millimetro, e che il portico si trasformerà in una tempesta di fuoco. Lì dentro ci sono dei fantasmi, e non tengono coperte le uscite? Ma dai. Credo che i nostri verranno costretti a ritirarsi. Sperando che nessuno venga colpito.”
“Amen,” disse Ed.
“Io seguirò l’azione iniziale. Con questo.”