Minaccia Primaria: Le Origini di Luke Stone—Libro #3. Джек МарсЧитать онлайн книгу.
sciogliendo, che lo stanno facendo in fretta, che il processo sta accelerando.”
“È spaventoso,” commentò Mark Swann. “La fine del mondo così come lo conosciamo.”
“Eppure io sto alla grande,” replicò Murphy.
Trudy fece spallucce. “Non cominciamo. Atteniamoci a quello che sappiamo. E cioè che ogni anno, nel Mar Glaciale Artico c’è sempre meno ghiaccio che nel passato. Presto, forse durante la nostra vita, non si gelerà più. Lo strato è già più sottile, meno ampio e dura meno mesi rispetto a qualsiasi altro momento a noi noto.”
“E questo significa…” disse Luke.
“Significa che l’Artico si sta spaccando e quindi si apriranno al traffico delle rotte commerciali precedentemente inesistenti. Da questa parte del mondo, si tratta del Passaggio a Nord-ovest che attraversa le isole canadesi, e che il Canada considera all’interno del suo territorio. Dall’altra parte dell’Artico invece si tratta del Passaggio a Nord-est, che abbraccia la costa settentrionale della Russia, ed è considerato all’interno delle sue acque territoriali. In particolare, una volta che il ghiaccio si aprirà per davvero, il Passaggio a Nord-est russo diventerà la rotta commerciale più corta e più rapida tra le fabbriche in Asia e i mercati in Europa.”
“E se i russi lo controllassero…” iniziò Murphy.
Trudy annuì. “Esatto. Controlleranno la maggior parte del traffico commerciale globale. Potranno tassarlo, imporre tariffe e i porti russi che sono stati avamposti gelati per centinaia di anni potrebbero diventare fermate vivaci ed essenziali.”
“E se lo desiderassero, potrebbero…”
La donna annuì di nuovo. “Sì. Potrebbero bloccare tutto. Allo stesso tempo, il Passaggio a Nord-ovest è un po’ rischioso per noi. Se guardate una mappa, fa davvero parte del Canada. Ma gli Stati Uniti vogliono rivendicarne il possesso. Ciò potenzialmente potrebbe fomentare una contesa tra due paesi vicini, alleati da lungo tempo e anche partner commerciali.”
“Quindi credi che i russi…” azzardò Ed.
Trudy alzò una mano. “Ma non è tutto. Otto paesi circondano il Mar Glaciale Artico. Gli Stati Uniti, il Canada e la Russia ovviamente, ma anche la Svezia, la Norvegia, l’Islanda, la Finlandia e la Danimarca. La rivendicazione danese deriva dal loro possesso del territorio della Groenlandia. E la questione più grave è che si ritiene che un terzo delle risorse non sfruttate di petrolio e gas naturale si trovino sotto il ghiaccio nell’Artico.”
Gli uomini la stavano fissando.
“Tutti vogliono quei combustibili fossili. Anche paesi che non hanno nessuna valida pretesa sull’Artico, come l’Inghilterra e la Cina, stanno intervenendo, cercando di creare alleanze e di ottenere diritti di estrazione. La Cina ha iniziato a definirsi un paese limitrofo al circolo polare artico.”
“Ciò non spiega chi siano gli aggressori,” disse Luke.
Trudy scosse la testa, facendo rimbalzare leggermente i ricci. “No. Come ho detto, ho cominciato con la parte più semplice. Il motivo dell’attacco a una piattaforma nell’Artico e perché proprio ora. La risposta è la corsa alle sue risorse naturali, e sarà una corsa mortale. Molta gente verrà uccisa, così come succede da quando è stato trovato il petrolio nel Medio Oriente all’inizio del ventesimo secolo. Il Mar Glaciale Artico diventerà il prossimo centro della competizione tra le potenze mondiali, e di conseguenza anche il punto d’esplosione di grandi violenze e persino di una guerra. Sta per arrivare.”
Luke sorrise. Trudy sembrava avere sempre le risposte, ma a volte ci metteva un po’ per condividere le sue conclusioni.
“Quindi… chi è stato?”
Ma lei non aveva intenzione di lasciarsi sviare, e si limitò a scuotere la testa.
“È impossibile dirlo con certezza. Non sono solo coinvolti i paesi a cui ho accennato. Ci sono anche i popoli indigeni sparsi per tutto l’Artico, come gli eschimesi, gli Aleuti, gli Inuit, e molti altri. Sono preoccupati dal recente interesse per i loro territori. Hanno paura di perdere la loro casa, la loro cultura e i loro tradizionali diritti di caccia. Oltretutto sono in ansia per le fuoriuscite di petrolio e altri disastri ambientali. In generale, le popolazioni indigene non hanno mai avuto rapporti positivi con le potenze mondiali e le grandi multinazionali. Diffidano di quello che sta succedendo, e alcuni gruppi si sono già radicalizzati.”
“Ma sono abbastanza numerosi e ben addestrati…”
“Certo che no,” rispose la donna. “Non da soli. Ma non possiamo dare per scontato che agiscano senza supporto esterno. Esistono decine di associazioni ambientaliste, e molte di esse sono praticamente gruppi terroristici. E poi ci sono diverse grosse società, soprattutto petrolifere, che gareggiano per ottenere il controllo. Per non parlare dei paesi del Medio Oriente, preoccupati che l’esplorazione petrolifera dell’Artico spinga il resto del mondo a piantarli in asso. E ovviamente, ci sono la Russia e la Cina.”
“Lo striscione,” capì Luke.
“Esatto. Lo striscione definisce l’America ipocrita e bugiarda. Questo non ci dice molto, ma la sua semplicità e la sintassi incerta suggerisce che chi lo ha scritto non sia di madrelingua inglese. Allo stesso tempo, l’apparente professionalità dell’attacco fa a pensare a un addestramento di alto livello, date la capacità di muoversi a temperature estreme e le abilità di combattimento.
Lui cominciava a capire dove volesse andare a parare.
“La maggior parte dei paesi nella zona artica sono nostri alleati, come il Canada, la Norvegia e la Svezia, oppure hanno una relazione tra il neutrale e l’amichevole con noi, come l’Islanda, la Danimarca e la Finlandia. E non credo che i russi e i cinesi ci attaccherebbero direttamente, in particolare non dopo i recenti problemi. Ma dici che finanzierebbero e addestrerebbero un burattino, un gruppo che si sentisse emarginato da noi o che credesse di essere sul punto di venir privato dei suoi diritti?”
Si fermò.
“Certo che sì,” intervenne Swann.
Trudy annuì. “È possibile.”
“Quindi si tratterebbe di una nuova associazione radicale anti-americana, come un Al Qaeda dell’Artico?”
La donna scrollò le spalle. “Non posso dirlo per certo. Magari sono indigeni armati e ben addestrati. Oppure suprematisti bianchi del vecchio mondo vichingo, che cercano di dare nuovo lustro ai paesi scandinavi. Per quel che ne sappiamo potrebbero persino essere separatisti del Quebec. Non ne ho idea.”
Alla sinistra di Luke, la porta di vetro dell’altra cabina passeggeri si aprì e i due uomini uscirono. “Tutte idee interessanti, signorina Wellington,” disse il più anziano dei due. “Probabilmente sbagliate, ma per essere delle ipotesi non sono niente male.”
* * *
L’uomo più giovane indossava jeans e una T-shirt. I pantaloni gli aderivano alle gambe muscolose e la maglia sembrava dipinta sul petto possente. Sul davanti campeggiavano due parole, molto piccole, in bianco sullo sfondo nero.
GET HARD.
“Signori, sono il capitano Brooks Donaldson, dello United States Naval Special Warfare Development Group, anche noto come DEVGRU, o SEAL Team Six.”
Portava con sé una grossa muta subacquea arancione, con tanto di cappuccio, guanti e stivali. In un gesto insolito per un Navy SEAL, aveva appena appoggiato una lattina di una bevanda analcolica sul tavolino. Luke la fissò. Era ginger beer di marca Dr Peck.
“Vi voglio parlare dell’ipotermia. È una questione importante da tenere a mente. Anche se sappiamo tutto del congelamento e del suo funzionamento, nessuno può prevedere esattamente con quanta velocità e chi potrebbe essere colpito dall’ipotermia, né se sia letale. Sappiamo che è più probabile che abbia effetti mortali sugli uomini che sulle donne, e che è più rischiosa per le persone magre e muscolose — cosa che include praticamente tutti in questa cabina — rispetto a chi ha più grasso