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Minaccia Primaria: Le Origini di Luke Stone—Libro #3. Джек МарсЧитать онлайн книгу.

Minaccia Primaria: Le Origini di Luke Stone—Libro #3 - Джек Марс


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aveva detto di prepararsi a indossare mute subacquee, a studiare gli effetti dell’ipotermia o che avrebbero lavorato con un Navy SEAL che beveva bevande gassate. L’uomo, Donaldson, indicò la muta che aveva tra le mani.

      “Questa sarà la vostra prima linea di difesa contro l’ipotermia. La muta per la dimostrazione è arancione, mentre quelle che userete in missione saranno nere, ma non lasciate che ciò vi distragga. Immaginatevela scura. Che siano arancioni o nere, viola o rosa, o di qualsiasi altro colore, queste sono di ultimissima generazione, forse le migliori tute da immersione esistenti al momento. Garantiscono sia galleggiamento che protezione dall’ipotermia. Tra i loro vantaggi sono incluse un’imbracatura per il sollevamento e una sagola, guanti coibentati a cinque dita per mantenere sia temperatura che destrezza, un cuscino gonfiabile, un elmetto a perfetta tenuta stagna, chiusure ai polsi e alle caviglie regolabili, uno strato di neoprene ignifugo di 5 millimetri, un fischietto per le emergenze, tasche e stivali antiscivolo dalla suola grossa. Ma è un po' complicata da mettere e togliere in condizioni meteorologiche avverse. E io vi mostrerò come si fa.”

      Tutti nella cabina lo stavano fissando.

      “Ci sono domande prima che inizi?”

      Murphy alzò una mano.

      “Sì, agente…”

      “Murphy.”

      “Sì, agente Murphy. Spari.”

      Murphy lanciò uno sguardo alla ginger beer sul tavolo. Si accigliò, appena un po’. Era un irlandese del Bronx. Luke non sapeva dire con certezza cosa pensasse della bevanda analcolica, ma di certo non pareva approvarla.

      “Di che cosa stiamo parlando qui?”

      Donaldson sembrò confuso. “Di che cosa stiamo parlando?”

      Murphy annuì. Indicò la muta subacquea arancione. “Sì. Quella. Perché ci sta spiegando come si usa? Non siamo SEAL. In effetti nessuno di noi è abituato a lavorare in acqua. Newsam, Stone e io siamo tutti ex Delta Force. Specializzati in assalti aerei. Io ero nel 75esimo Rangers prima della Delta, Stone anche e Newsam era…”

      Si fermò per guardare Ed. L’altro uomo era ancora stravaccato sulla poltroncina, quasi sdraiato.

      “82nd Airborne,” disse lui.

      “Airborne, vale a dire aviotrasportati,” ripeté Murphy. “E questa è la parola chiave. Può mostrarci quella muta fino a quando non atterreremo, continuare per tutta la prossima settimana, ma questo non farà di noi dei sommozzatori.”

      “Io ho fatto qualche immersione,” intervenne Ed.

      Murphy lo fissò. Luke non era sicuro, ma non credeva di aver mai visto qualcuno fissare il grosso collega in quella maniera. Ma d’altra parte Murphy era un carro armato.

      “Grazie,” gli disse. “Le tue immersioni durante le vacanze ad Aruba sono davvero d’aiuto per la mia argomentazione.”

      Ed sorrise e fece spallucce.

      Il SEAL annuì. “Capisco cosa vuole dire. Ma questa è un’operazione subacquea. Ci lanceremo in acqua per raggiungere un campo temporaneo che stanno costruendo proprio ora su una lastra di ghiaccio galleggiante a circa due chilometri e mezzo dalla piattaforma petrolifera. Credevo che lo sapeste.”

      Luke scosse la testa. “È la prima volta che ne sentiamo parlare.”

      “È impossibile raggiungere il sito in nave,” disse Donaldson. “Dobbiamo presumere che i nostri avversari stiano proteggendo tutti i possibili punti d’attracco. Sembra che abbiano a disposizione armamenti pesanti. Qualsiasi nave tentasse di avanzare in mezzo al ghiaccio fino all’impianto verrebbe colpito, e duramente.”

      “Possiamo arrivare dal cielo?” chiese Luke.

      Donaldson fece un segno di diniego con il capo. “Anche peggio. Nelle prossime ore è prevista una tempesta in quell’area. Non volete gettarvi in paracadute durante una bufera artica, ve lo garantisco. E anche se fosse sereno, avrebbero un’ottima visuale su di voi durante la discesa. Sareste dei bersagli facili. C’è un solo modo per arrivare, e cioè passando sotto il ghiaccio e cogliendoli di sorpresa.”

      Si fermò. “E abbiamo bisogno di tutta la sorpresa possibile. Nonostante la violenza della nostra risposta, ci serve almeno un aggressore vivo.”

      “E perché?” domandò Ed.

      Il capitano dei SEAL fece spallucce. “È necessario scoprire che cosa volevano, qual era il loro piano e se abbiano agito da soli. Dobbiamo sapere tutto. Non possiamo contare su un loro ipotetico documento programmatico, e dato che finora nessuno ha rivendicato la responsabilità dell’attacco, dobbiamo presumere che l’unico modo per ottenere queste informazione sia catturare almeno uno di loro, preferibilmente più di uno.”

      Luke non era felice. Avrebbero raggiunto il sito nuotando sotto il ghiaccio, e quando fossero emersi avrebbero dovuto fare prigionieri. E se fossero stati jihadisti che non avevano intenzione di arrendersi? E se avessero combattuto fino alla morte?

      L’intera missione sembrava organizzata in fretta e progettata peggio. Ovvio che fosse così. Non poteva essere altrimenti, dato che stavano cercando di riprendersi la piattaforma la stessa notte in cui era stata attaccata, anzi, appena qualche ora più tardi?

      Non avevano alcun dato sugli aggressori. Non c’erano ancora state comunicazioni. Non sapevano da dove venivano, cosa volevano, che armi avevano né che altre capacità possedevano. Non avevano idea di cosa avrebbero fatto se fossero stati attaccati a loro volta. Avrebbero ucciso tutti gli ostaggi? Si sarebbero suicidati facendo saltare la piattaforma? Impossibile dirlo.

      Quindi l’intera squadra sarebbe entrata alla cieca. Peggio. Luke e il suo team sarebbero dovuti essere la supervisione civile, e invece avrebbero partecipato a una missione subacquea — in un mare gelato — per cui non avevano alcuna preparazione. Ben pochi soldati americani erano addestrati per le immersioni in acque gelide.

      “Tutta la faccenda,” commentò Murphy, “mi sembra folle.”

      Luke non concordava al cento percento. Ma non poteva non pensare al fatto che Murphy lo ritenesse ancora responsabile della morte del loro intero team d’assalto in Afghanistan.

      Se Murphy, Ed, o persino Swann e Trudy avessero deciso di non partecipare alla missione, a lui sarebbe andato bene. Dovevano fare le loro scelte, non stava a Luke decidere per loro.

      All’improvviso, desiderò di aver parlato con Becca prima di partire per quel viaggio. Ormai era troppo tardi.

      “Mancano meno di due ore all’arrivo,” dichiarò l’uomo più anziano, lanciando un’occhiata all’orologio. Guardò Donaldson, che aveva ancora tra le mani la grossa tuta arancione. Poi gli fece un cenno con la mano, simile alle lancette di un orologio che roteassero rapidamente.

      “Le suggerisco di cominciare con la dimostrazione.”

      CAPITOLO OTTO

      9:15 a.m. Orario di Mosca (12:30 a.m. Ora legale orientale, 4 settembre)

      L’“Aquarium”

      Quartier Generale del Main Intelligence Directorate (GRU)

      Aeroporto di Khodynka

      Mosca, Russia

      Il fumo blu si alzava verso il soffitto.

      “C’è molto movimento,” disse il suo ultimo visitatore, un uomo pingue con l’uniforme del Ministero degli Interni. La sua voce tradiva una certa ansia, ma dal tono non si sarebbe capito. Non trema né aveva esitazioni. Bisognava avere le orecchie allenate per percepirlo. L’uomo aveva paura.

      “Sì,” replicò Marmilov. “Si sarebbe aspettato qualcosa di diverso da parte loro?”

      Anche se l’ufficio non aveva finestre, la luce cambiava man mano che la mattina progrediva. I capelli rigidi e in piega di Marmilov avevano assunto l’aspetto di un elmetto


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