Una sfida al Polo. Emilio SalgariЧитать онлайн книгу.
treno diretto americano, non doveva fermarsi che in mezzo alla pista e dato l'impeto non era improbabile che succedessero delle disgrazie.
Intanto l'entusiasmo degli spettatori aumentava con un crescendo inverosimile. Pareva che le gole, eccitate dai bicchieri di wisky, di gin, di grogs brandy, avessero ripresa una forza straordinaria, poichè gli hurràh ormai salivano al cielo.
Il rumoreggiare del vicino S. Lorenzo non si udiva ormai più. Il fiume era stato vinto.
— Hurràh for miss Ellen!... Hurràh!... Hurràh per Montcalm!... Hurràh per Torpon!... —
E tutte quelle voci, quantunque ormai diventate rauche, si confondevano in un frastuono impossibile a descriversi. Nemmeno l'oceano Atlantico, nei suoi cattivi giorni di grande tempesta, avrebbe potuto vincere in un concorso di grande, spaventevole fracasso.
L'automobile ormai era in vista. Era una magnifica macchina tutta scoperta, a dieci posti, dipinta in giallo, montata da sole cinque persone.
Al volante stava una bellissima giovane, dai capelli biondissimi, con riflessi d'oro, occhi azzurri stranamente variegati, dai lineamenti un po' forse troppo energici per essere una donna, dalla vita sottile come una vespa, che indossava un ampio gabbano di seta cruda adorno di pizzi di gran valore e che guidava con una sicurezza meravigliosa.
Dietro di lei stavano due giovani, seduti ad una certa distanza l'uno dall'altro, fra i venticinque ed i trent'anni, l'uno bruno e baffuto, d'aspetto distinto, e l'altro biondastro, un po' tozzo e sbarbato come un prete anglicano.
Più indietro ve n'erano altri due, d'aspetto terribile, massicci come bisonti, di statura gigantesca, con certe mani e certe braccia da mettere un senso di terrore anche agli uomini più muscolosi degli Stati Uniti ed anche del Canadà.
L'automobile, guidato dall'intrepida miss con una sicurezza e destrezza meravigliosa, si slanciò con velocità fulminea nella pista, descrisse sempre in volata due giri fra gli applausi clamorosi degli spettatori, poi si arrestò proprio nel centro, quasi di colpo.
Miss Ellen, che doveva possedere dei muscoli proprio americani, aveva frenato a tempo, strappando ai diecimila uomini che si stringevano addosso alla rozza cinta ed ai bars improvvisati, un vero urlo di ammirazione.
— Signor mio, — disse un giovanotto di ventiquattro o venticinque anni, coi baffetti biondi, di forme quasi erculee, ad un grosso americano tutto chiuso in una monumentale pelliccia e con tanto di cilindro in capo, alto quanto la canna d'un camino, che pure urlando non cessava di centellinare un bicchiere di gin cok tail (acquavite fortissima). — Quella splendida creatura maneggia il suo automobile meglio del più famoso chaffeur d'America e d'Europa. —
L'americano, che stava per lanciare il suo centesimo hurràh, si volse verso il giovane e lo guardò quasi con compassione.
Bevette un'altra lunga sorsata del suo gin cok tail, poi gli chiese un po' ironicamente:
— Ma di dove venite voi?
— Dall'Inghilterra.
— E siete giunto a Quebec od a Montreal?
— Da solo quarant'otto ore.
— By-good!... Allora comprendo la vostra ignoranza, — rispose il grosso americano, lisciandosi la sua barba da becco, più rossa di quella del diavolo zoppo.
— Che cosa volete dire, gentleman? — chiese il giovane inglese, tendendo le sue braccia muscolose con un gesto quasi minaccioso.
— Che voi non sapete chi è quella superba creatura che guida così meravigliosamente quel superbo automobile di ottanta cavalli.
— Affatto, signor mio.
— Vi credo, — disse l'americano, dopo d'aver bevuto un altro lungo sorso.
— Chi è dunque, se non vi rincresce?
— Miss Ellen Perkins.
— Ne so meno di prima.
— Si dice che sia la fanciulla più indiavolata di tutti gli Stati della grande Unione Americana. Ah!... Che demonio!... Amazzone intrepida che sfida e vince perfino i famosi cow-boys del lontano Far-West, canottiera insuperabile, automobilista, spadaccina, lottatrice e che so io?... È la regina dello sport.
— E che cosa viene a fare qui, gentleman, se non vi annoio?
— Tutt'altro, giovanotto. La bella miss, poichè converrete con me che è una fanciulla meravigliosa....
— Ho un buon paio d'occhi anch'io, gentleman. Sarei pronto pei suoi begli occhi, a sfidare nuovamente tutti gli studenti dell'Università di Cambridge alla corsa, al salto, alla corsa con ostacoli, al getto del martello....
— Ah!... Siete uno sportman anche voi, a quanto pare, — disse l'americano, interrompendolo. — Allora capirete meglio le cose.
Dunque dovete sapere che due uomini si disputano la mano di quella bellissima creatura, e sono i due più celebri sportmans dell'America del nord. Se non fossero tali, avrebbero potuto rinunciare subito a qualsiasi speranza di conquistare il cuore di quella indiavolata fanciulla.
— Chi sono? Ma.... scusate, finchè gli altri continuano a sfiatarsi sarebbe meglio che voi accettaste, se non vi spiace, un crabmeat cocktail, tanto più che il vostro bicchiere è vuoto.
— Un yankee non rifiuta mai, giovanotto, — disse l'americano, avviandosi sollecitamente verso il banco più vicino.
L'inglese gettò dinanzi al proprietario del bar improvvisato una sterlina fiammante, non senza mandare un sospiro, gridando per coprire il frastuono che faceva rintronare sempre la vasta pista.
— Due crabmeat.... presto.... non abbiamo tempo da perdere. —
Non aveva ancora terminato di parlare che un garzone negro, dai grandi occhi che sembravano di porcellana, spingeva dinanzi ai due un vassoio con due grossi bicchieri incrostati di ghiaccio e colmi d'un intruglio di vari colori che tramandava dei profumi strani.
Un europeo avrebbe forse esitato a mandar giù quella robaccia, ma che delizia pei palati americani, sempre avidi di bevande e di cibi stravaganti!... Che cosa c'è di meglio d'un crabmeat?
Pensate che per comporlo ci si mette insieme della carne di granchio di mare ben triturata, della salsa di pomodoro, del pepe rosso, del marsala ed infine un mezzo bicchiere di gin-cocktail.
Si capisce come un simile intruglio possa, anzi debba soddisfare la gola d'un yankee!...
Mentre l'americano pescava avidamente nel suo grosso bicchiere gelato per raccattare i frammenti della carne del granchio, non cessava di chiacchierare e d'informare il giovane inglese, il quale invece non faceva troppo onore al crabmeat, pur avendolo ordinato lui, più per curiosità che altro.
— Come vi dicevo, — aveva ripreso il yankee, la cui vociaccia rauca si distingueva abbastanza bene fra gli interminabili hurràh della folla delirante, — due uomini, veramente straordinarî, si contendono il cuore di miss Ellen Perkins.
Uno è un nobile canadese, più ricco di nobiltà che di dollari, a quanto si dice, ma discendente di quei famosi Montcalm che hanno difeso strenuamente questo paese contro voi, signori inglesi.
L'altro è un mio compatriotta, il signor Torpon, figlio d'un grande fabbricante d'automobili di Buffalo, padrone di non so quanti milioni.
— Ah!... — fece il giovane inglese, il quale pareva che si interessasse straordinariamente di quelle spiegazioni.
— Il signor di Montcalm gode la fama di essere il più celebre sportman del Canadà, mentre il mio compatriotta lo si crede il più celebre degli Stati dell'Unione.
— E chi ha fatto finora breccia nel cuore di quell'indemoniata fanciulla?
— Nessuno, finora, quantunque si affermi che miss Ellen Perkins