Эротические рассказы

I Corsari delle bermude. Emilio SalgariЧитать онлайн книгу.

I Corsari delle bermude - Emilio Salgari


Скачать книгу
Il giuoco potrebbe, da un momento all’altro, farsi molto serio.

      Il signor Howard, che lo osservava attentamente e che aveva indovinato le inquietudini del baronetto, disse:

      – Abbiamo il vento abbastanza favorevole per deviare verso le coste della Florida. Qualche giorno perduto non sarà la rovina degli americanoidi.

      Si era fermato. Improvvisamente la fronte spaziosa del Corsaro si corrugò.

      – Signor Howard, – disse questi con voce alterata – volete chiamarmi il comandante della giunca che ho fatto affondare? Desidererei rivederlo.

      – Siete molto strano, sir William – disse il luogotenente.

      – Eh! voi non sapete quali tempeste devastino il mio cuore… Lo aspetto nel quadro.

      Scese dal ponte, lanciò un ultimo sguardo nell’Oceano scintillante di azzurro e di luce, poi a lenti passi entrò nel quadro e sedette dinanzi al tavolino su cui stava sempre una bottiglia.

      Il suo pugno da marinaio piombò, come un colpo di tuono sul tavolino, mentre dalle sua labbra usciva una rabbiosa imprecazione:

      – Maledetti i battiti del mio cuore!… Follie, dicono! Ah, no! Alla mia età non sono né follie né fantasie… Dove finirebbe la gioventù? Eppur Testa di Pietra è mille volte più felice di me! Ma non tutti possono nascere topi della cala.

      Sospirò a lungo, si alzò con un moto brusco, fece un gesto come se avesse voluto stritolare qualche cosa, poi si mise a passeggiare per la saletta nervosamente.

      Ad un tratto sì fermò.

      Un uomo era entrato seguito dal luogotenente Howard. Era d’aspetto imponente, già un po’ avanzato negli anni, con una lunga barba grigia che gli scendeva fino a mezzo il petto e gli occhi d’un azzurro profondo e d’una strana limpidezza nel medesimo tempo.

      – Mi desiderate, sir William? – chiese.

      – Si, colonnello Moultrie, – rispose il baronetto. – Desidero che mi ripetiate ciò che vi ha detto Mary di Wentwort.

      – Mi pare di avervelo detto, sir Mac Lellan

      – Che cosa volete? Ho sempre timore d’aver udito male.

      – Che Mary di Wentwort, se non andrete a liberarla, malgrado l’assedio e la pioggia di palle infuocate e di bombe che gli americani scagliano contro le mura di Boston, diverrà la moglie del marchese d’Halifax.

      – Mai! Mai! – urlò il baronetto. – Ella ha giurato fede eterna a Mac Lellan.

      – Lo so – rispose il colonnello americano. – Me lo ha confessato. Disgraziatamente per voi, il marchese d’Halifax la tiene in sua mano e potrebbe approfittare dell’assedio per costringerla a diventare sua moglie.

      – Credete impossibile, a uomini risoluti a tutto, di entrare in Boston? – chiese il baronetto, tergendosi la fronte che si era coperta di sudore.

      – Forse, passando per la galleria sotterranea che conduce ai ridotti del Corno.

      – Sarà ben guardato quel passaggio?

      – Certo, sir William, – rispose il colonnello.

      – Non importa; sapremo forzarlo ed entreremo nella piazza a dispetto di tutti.

      Si era alzato in preda ad una viva agitazione, passandosi e ripassandosi una mano sulla fronte tempestosa.

      – Chi avrebbe mai detto – disse poi, con voce irata – che il mio fratellastro potesse giungere al punto di rapirmi la fidanzata? Eppure colonnello, è proprio così,

      – Voi non siete figlio del marchese d’Halifax? – chiese l’americano.

      – Sì, mio padre, rimasto vedovo e passato in Francia, s’innamorò di una giovane e bellissima castellana, la quale gradì subito i suoi omaggi. Nacqui nel momento in cui ferveva la guerra nelle Fiandre. Mio padre cadde sul campo di battaglia. Mia madre poco dopo moriva, lasciandomi solo al mondo, ma possessore d’un castello nella Turenna e di vaste tenute. Un vecchio scudiero, che era stato in gioventù famoso spadaccino, si occupò della mia educazione. Col tempo però quel paese mi divenne odioso, ed avendo ereditato anche un piccolo castelluccio in Bretagna, andai a stabilirmi sulle rive del mare. A quindici anni ero un valente marinaio, oltre ad essere un abile uomo d’armi.

      «Quante volte ho guidato le barche dei contrabbandieri! E quante volte, durante la guerra, ho dato la caccia alle orde spagnuole fino in mezzo al mare di Biscaglia!».

      «Avevo venticinque anni e spadroneggiavo la Manica col mio Tuonante, che avevo armato a mie spese e che batteva colori di Francia. Un giorno, mentre riposavo nel mio castelluccio, di ritorno da una lunga crociera, venne a trovarmi un gentiluomo inglese incaricato di rimettermi documenti da parte del marchese d’Halifax».

      «Fino allora ben poco avevo saputo intorno a mio padre ed ignoravo che avesse avuto un figlio dalla sua prima moglie, la duchessa d’Argyle. Il marchese mi rimetteva la mia nomina di baronetto inglese, sotto il nome di William. Mac Lellan, firmata dal Re d’Inghilterra, come mio padre ne aveva espresso il desiderio nel suo testamento, e nel medesimo tempo m’invitava a lasciare la marina francese e raggiungerlo nel suo castello d’Alstal, situato in un’isola delle Ebridi. Fino allora avevo creduto di avere nelle mie vene sangue puramente francese».

      «Mio fratello, arrivato che fui nel vecchio castello dei duchi d’Argyle, mi fece comprendere che, non dovevo portare le armi contro il paese di mio padre».

      «La mia fama di fortunato corsaro era già notissima in Inghilterra e la mia corvetta era ben conosciuta su quelle coste. Acconsentii a non ritornare mai più in Francia per riprendere le armi contro la mia nuova patria, e mi rimisi in mare sotto la bandiera inglese.

      «Passarono alcuni anni, e durante le tempeste invernali, che battevano i fianchi delle Ebridi con una furia formidabile, ritornavo al mio nido, al castello d’Argyle, la cui baia era profonda e sicura. Appunto durante uno di quei ritorni conobbi Mary di Wentwort, una gentildonna scozzese imparentata ai duchi di Fife e di Lorme, le due più alte nobiltà dell’Inghilterra settentrionale. Vederla ed amarla fu per me una sola cosa. Mi sapeva corsaro intrepido e mi amò».

      «Il marchese d’Halifax, come seppi poi, aveva già messo gli occhi su quella pallida perla del nord. Egli credeva che il bastardo non potesse competere con lui. Invece il corsaro vinse e fu deciso il nostro matrimonio. Ignoravo allora che mio fratello, fratello per modo di dire, amasse alla follia la fanciulla.

      «Tutto era pronto per il matrimonio, poiché Mary Wentwort mi aveva giurato, di fronte al mare, durante le notti di luna, il suo amore».

      «Ah! quella notte!… Abbracciati sotto il raggio della luna che sorgeva sull’orizzonte, ascoltavamo il ritmo sonoro delle onde. Voi, colonnello, non siete mai stato marinaio e non potete comprendere la grande poesia del mare. È una musica divina».

      Sir William, il quale pareva in preda ad una grande eccitazione, si era bruscamente fermato, poi fece, un gesto largo, piantò la sinistra sulla sua sciabola d’abbordaggio, e riprese, con voce rotta di quando in quando da un singhiozzo:

      – Ero partito per Edimburgo, dove volevo acquistare gioielli per colei che doveva diventare la mia sposa. Non l’avessi mai fatto! Quel viaggio, durato appena una settimana, spezzò la mia vita.

      – Perché? – domandò il colonnello Moultrie.

      – Perché quei sette giorni bastarono al marchese d’Halifax per compiere il più infame tradimento.

      Si era nuovamente interrotto.

      – Signor Howard, – disse con voce rauca – datemi da bere. Ardo.

      Il luogotenente prese da una mensola tre bicchieri ed una bottiglia piena d’un liquido color dell’ambra e dopo averla sturata, versò.

      Il Corsaro afferrò uno dei tre bicchieri, lo vuotò d’un colpo, stette alcuni istanti ancora muto, cogli occhi fissi sulla spumeggiante scia che si lasciava indietro la corvetta, poi si volse bruscamente verso il colonnello ed il luogotenente.

      – Me


Скачать книгу
Яндекс.Метрика