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Le Tessere Del Paradiso. Giovanni MongiovìЧитать онлайн книгу.

Le Tessere Del Paradiso - Giovanni Mongiovì


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su un passato che non ti appartiene e parli di perdono…»

      «Se dopo dieci anni di servizio la Regina ha deciso che non saresti più entrato nei suoi appartamenti, il motivo dev’essere stato serio.» addusse il gaito Luca, sorridendo provocatoriamente.

      «Non abbastanza serio da non poterci passare sopra. Oggi sei qui in vece sua perché si è interessata di me, e forse la prossima settimana richiederà che io ritorni al mio posto.»

      Contrariamente a ciò che Amjad si sarebbe aspettato di sentire, l’altro gli poggiò una mano sulla spalla e gli disse:

      «Può darsi… ed è per questo, benché sia stato investito ad una posizione inferiore a quella che ricoprivo, che sarà mio interesse impedirtelo.»

      «Solo perché ti chiamano gaito credi di esserlo anche sulla volontà della Regina?»

      «No, ma sono sicuro di esserlo sulla tua libertà… Lascia che renda noto che un eunuco del Re, consacrato al Cristo e legato con voto di fedeltà a questo Regno, si renda colpevole di apostasia e tradimento, tramando con i saraceni d’Africa. So tutto, Mattia, tutto quel che basta per mandarti al patibolo sulla riva del fiume.»

      Il viso di Amjad cambiò colore, e le sue mani, mentre osservava il gaito Luca allontanarsi, presero a tremare. Per certo una minaccia maggiore rispetto a quella rappresentata da Vittore si materializzava nell’eunuco rivale.

      Quello era un lunedì e Amjad sapeva che la Regina si sarebbe incontrata con Majone nella locanda presso la porta di Sant’Agata. Sapeva inoltre che il gaito Luca, vincolato da un rapporto di fedeltà simile a quello di cui godeva precedentemente lui, avrebbe accompagnato la sua signora. Amjad ragionò che avrebbe messo a tacere il gaito Luca proprio quella sera e proprio in quel luogo.

      Amjad si presentò nuovamente da Alessio e quindi, mostrandogli i graffi sul collo, quelli stessi che Vittore gli aveva provocato tramite la collana di conchiglie, lo persuase ad uccidere il gaito Luca, accusando quest’ultimo di crimini mai commessi.

      Amjad aveva fatto fare una doppia chiave per la serratura della locanda e ne aveva conservato la copia quando aveva restituito l’originale alla Regina. Adesso quell’azione fatta per l’eventualità di un ricatto si rivelava utile. Tuttavia, senza ombra di dubbio, la sua chiave più efficace risultava essere la capacità di penetrare nella mente e nel cuore di chi lo credeva un uomo fragile e sincero. Amjad chiaramente indossava molte maschere.

      Capitolo 11

      Notte del 10 Novembre 1160 (555 dall’egira) Balermus

      Risolta con successo la pratica del gaito Luca, Amjad poteva adesso dedicarsi a quello che era sotto gli occhi di tutti, la sua umiliazione pubblica ad opera di Vittore. A ricordargli che la cosa andava risolta immediatamente ci pensò un tale Mahmud, ufficiale disertore dell’esercito di Guglielmo che si era avvicinato alla sedizione predicata da Amjad. Questi gli parlò a nome di tutti e gli disse che se lui non avesse sistemato la questione al più presto sarebbe stato estromesso da quella fratellanza e la cosa sarebbe stata risolta a modo loro. A Mahmud non importava un bel niente di Vittore e della reputazione dell’eunuco, tuttavia Naila conosceva i loro nomi e non poteva rischiare che questa parlasse ai cristiani per consegnarli tutti ad una sicura condanna a morte. Amjad lo sapeva… per quelli come Mahmud spezzare il collo delicato di una giovane donna era un gioco semplice. Doveva agire prima che quelli impugnassero la questione. Ragionò di venire a capo del problema in una sola notte; avrebbe vendicato l’affronto di Vittore e fatto rinsavire la sorella dalla pazzia che l’aveva colta.

      Parlò ad Alessio nella sala del Re e ancora una volta, facendogli false promesse e avanzando fantasiosi pericoli, lo convinse ad armare il suo braccio contro Vittore. Tuttavia Amjad si era accorto che il maestro d’arte fosse più credulone e ingenuo che spregiudicato e cinico, qualità indispensabili per un assassino… e che dunque, se era riuscito a far fuori il gaito Luca, per certo avrebbe potuto ben poco contro l’uomo del porto. Ragionevolmente l’eunuco avrebbe dovuto assoldare qualcun altro, qualcuno dallo spirito più fermo. Si presentava nondimeno l’occasione per risolvere i problemi collaterali scatenati dall’assassinio del gaito Luca. Alessio infatti era stato visto in viso da Majone e questo costituiva la più temibile delle minacce. Amjad doveva liberarsi di Alessio e della possibilità che tramite questi giungessero a lui. Doveva tagliare tutti quei fili che portavano al suo nome, eliminando necessariamente ogni testimone. Se Alessio avesse ucciso Vittore: bene… e se Vittore avesse ammazzato Alessio: poco male.

      La notte del dieci Amjad accompagnò il mosaicista greco presso la casa di Vittore. Dopodiché, accertatosi che l’assassino non avesse sbagliato porta, si dileguò intento a compiere la seconda parte del suo piano. Prima che il crimine che stava per consumarsi presso la piazza del porto generasse confusione per le vie di Palermo, Amjad corse all’abitazione di Naila.

      Una carrozza trainata da due cavalli giunse davanti la casa della giovane nel momento in cui Amjad bussò per la prima volta alla porta. Lo scambio di sguardi col cocchiere indicava che costui era lì per volontà dell’eunuco.

      Aprì la serva e questa, con grande sorpresa, esclamò:

      «A quest’ora della notte, mio Signore? Dev’essere successo qualcosa!»

      «La signorina dorme?»

      «Dorme, com’è normale che sia.»

      Dunque Amjad spinse la porta ed entrò.

      Ad ogni modo i toc toc avevano svegliato anche Naila e questa ora se ne stava pochi passi alle spalle della serva, vestita degli abiti della notte.

      «Amjad, fratello mio, ho provato a cercarti ogni giorno per tutti questi giorni.» esordì Naila con uno strano gioco di parole.

      «Prendi il mantello e andiamo!» ordinò perentorio lui.

      «Dev’essere successo qualcosa se vieni a trovarmi nel cuore della notte.»

      «È successo che devo aver cresciuto una prostituta!»

      La serva, che non aveva mai sentito il padrone rivolgere parole di disprezzo alla sorella, ne risultò terrorizzata. La luce della candela retta dalla donna della servitù fu subito tremolante, così come il polso di chi la reggeva. Il viso pulito di Naila, ancora morbido e da bambina, produsse ora un’espressione di dolore.

      «Parli così per via di Vittore… lo so.» comprese ed ammise Naila.

      Presto Amjad le mollò uno schiaffo.

      «Non pronunciare il nome di quell’infedele!» gridò anche.

      Lei si resse il viso tra le mani e prese a piangere.

      «È così grave che io mi sia imbattuta in qualcuno che desidera prendersi cura di me?»

      Amjad la guardò deluso e rispose:

      «Avevi già chi si prendeva cura di te.»

      «Tu e la tua gelosia, Amjad! Non ho sostituito il tuo amore con quello di un altro.»

      «Non darmi lezioni, Naila! Voi donne il tradimento lo portate nel cuore e mascherate il vostro male con questa stupida parola: amore.»

      Naila alzò il tono della voce e insistette:

      «Io non ti ho tradito, Amjad! Si rimane fratello e sorella anche quando si finisce tra le braccia di un estraneo.»

      «Noi eravamo più di un fratello e una sorella, lo sai. Quante volte ci giurammo fedeltà… quante volte!»

      «Erano le promesse di una ragazzina, Amjad… una ragazzina che conosceva ancora solo l’amore del miglior fratello del mondo.»

      «Io non avrei mai tradito quel giuramento.»

      «Tu, Amjad, non avresti potuto… Oggi, però, non puoi gettare su di me lo stesso biasimo con cui sei stato marchiato nel fisico. Sei tu l’eunuco Mattia… non io.»

      «Un male che giurasti avresti portato insieme a me.»

      «Ma io non ne sono stata in grado, non dopo aver conosciuto Vittore. Perdonami, Amjad… perdonami!»

      Adesso, comprendendo che le ragioni di quell’amore non si potevano scardinare


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