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Il Cielo Di Nadira. Mongiovì GiovanniЧитать онлайн книгу.

Il Cielo Di Nadira - Mongiovì Giovanni


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portò su una collina spoglia di vegetazione e dalle tonalità dorate poiché arsa dal sole. La cima era scoperta di terra, cosicché una grande roccia di grigia ardesia affiorava frastagliata. La fronda di un ulivo, l’unico presente, radicato a lato della formazione rocciosa, era occupata da un piccolo gregge di capre e da un vecchio pastore che in viso dimostrava di avere più rughe che anni. Il prete girò dietro e s’infilò per un apertura della roccia. Conrad restò sbalordito nel vedere che l’interno della spelonca era abbastanza spazioso da permettere la presenza di almeno venti uomini ed era completamente dipinto con colori vivaci, essendo riportate tutto attorno alle pareti immagini di storie bibliche e di vite di santi; lo stile era tipicamente quello delle pitture sacre d’Oriente. Un piccolo inginocchiatoio in fondo ed una croce al muro indicavano il luogo in cui ci si prostrava.

      «Padre, voi siete forestiero, partito al seguito dell’esercito; come conoscete questo posto?»

      «I frati di rito greco vi si riuniscono per pregare da secoli. Sono stati loro a dirmelo. Ma adesso prega il Signore e la Madonna, affinché tuo padre ritorni sano e salvo.» concluse il religioso prima di lasciarlo solo.

      Fu così che Conrad si ritrovò da solo, inginocchiato, ad occhi chiusi, stringendo il crocifisso al petto, a pregare perché Dio riportasse indietro suo padre.

      Quando tornò all’accampamento era già sera. Corse non appena si avvide che alcuni uomini a cavallo erano tornati dalla battaglia. Dunque accelerò quando si accorse che uno di quelli era il grosso Roul; il sangue sulla sua ascia danese e sulla sua cotta di maglia era ancora fresco.

      «Ragazzo, dov’eri?» chiese il guerriero non appena Conrad fu su di loro.

      «Un prete mi ha condotto sulle rupi…» spiegò l’altro, tuttavia non volle rivelare cosa ci fosse andato a fare per paura che la sua intimità venisse derisa.

      Quindi si stranì in viso… se suo padre fosse tornato incolume per certo sarebbe stato in prima fila tra quegli uomini. Tutto d’un tratto il viso di Roul gli apparve triste, come se la sua furia fosse stata mortificata da un evento nefasto. Solo adesso razionalizzò cosa si nascondesse dietro quella coltre umana di soldati del nord di cui Roul era l’apri fila.

      «Dov’è mio padre?» chiese, pur immaginando già la risposta.

      «Abbiamo vinto, figliolo.» si fece avanti Tancred, un altro tra i più vicini a Rabel, forse nel tentativo di controbilanciare il dispiacere del ragazzino; questi brandiva ancora la sua lunga picca e vestiva di un mantello rosso.

      «Sì, quelli che sono rimasti li abbiamo messi in fuga.» s’intromise un altro.

      «È stata una grande vittoria!» esclamò qualcuno nel gruppo.

      «Pure il vento ci è stato favorevole oggi… ma il vento più micidiale l’abbiamo portato ancora una volta noi della compagnia normanna.» aggiunse Tancred.

      Tuttavia Conrad, proprio mentre l’ultimo parlava, si aprì un varco tra gli uomini.

      Rabel se ne stava disteso al suolo. La sua gola era segnata da una grossa macchia di sangue, presumibilmente lì dov’era stato inferto il colpo mortale; un colpo che doveva essere stato eseguito con incredibile potenza visto che aveva trapassato la cotta di maglia. La bionda chioma era scoperta, poiché evidentemente qualcuno l’aveva liberato dell’elmo e dal cappuccio.

      Conrad rimase a fissarlo immobile, senza avere il coraggio di avvicinarsi. La sua mente non aveva mai concepito che tutto questo potesse succedere veramente.

      A questo punto Roul gli poggiò una mano sulla spalla e gli disse:

      «L’esercito si è dato all’inseguimento… altri di noi giacciono caduti sul campo e aspettano che andiamo a raccoglierli… ma noi… noi, mio caro Conrad, non potevamo darci al saccheggio o metterci a pensare agli altri morti quando il figlio di uno di noi attende suo padre con ansia.»

      «Non me lo avreste portato con questa urgenza se il suo respiro fosse stato già assente sul campo di battaglia.» fece Conrad, mentre le prime due lacrime rigavano i suoi zigomi.

      Roul allora si chinò e cercò di rincuorarlo.

      «No, Conrad, no… tuo padre è caduto davvero in battaglia!»

      Mentiva per non colpevolizzarlo, ma Conrad non era così stupido da crederci. Rabel aveva esalato il respiro finale lì all’accampamento nella speranza di vedere per l’ultima volta il viso del suo ragazzo; la pezza intrisa di sangue posta sul collo indicava che avevano provato a prolungare la sua agonia in attesa che Conrad tornasse.

      «Tocca a te chiudere i suoi occhi.» lo spinse alle spalle Roul.

      A tu per tu con quegli occhi azzurri, Conrad non seppe trattenere la sua disperazione. Intanto le donne, i frati, la riserva che difendeva l’accampamento e la servitù avevano formato un cerchio intorno alla scena. Conrad colse come una sorta di delusione negli occhi di suo padre, ma ovviamente era solo la voce della sua testa a suggerirglielo, il suo senso di colpa per non esserci stato.

      «Padre!» urlò prima di gettarcisi al petto.

      «Non c'è niente da guardare!» urlò più forte ancora Roul, rivolgendosi alla folla.

      «Maledetti greci!» sentenziò quindi a bassa voce.

      Con questa frase Roul evidenziava tutto il suo disprezzo per la gente del luogo, ovviamente i cristiani, ritenuta “greca” per via della religione di rito orientale. Tuttavia quell’esclamazione di intolleranza includeva pure Giorgio Maniace e le truppe regolari al suo seguito, visti i cattivi rapporti del generale con gli uomini dei contingenti ausiliari.

      La gente si diradò impaurita dalla reazione di Roul. Conrad invece scappò, intento a trovare il prete che l’aveva dissuaso dalla sua fedele attesa.

      Roul seguì il ragazzo, mentre questi cercava come un dannato il religioso tra le tende.

      «Figliolo, fermati! Chi diamine cerchi?»

      «Quel prete che mi ha convinto a salire sulle rupi.»

      «Chi è?»

      «Parlava la nostra lingua.»

      Poi pensò di cercarlo direttamente nella chiesa rupestre, quindi corse per inerpicarsi sulla collina. Giunto in cima udì il belato delle capre ma non vide il pastore... poi entro dentro. Essendo che la luce del crepuscolo stava per scomparire, i colori vivi che l’avevano colpito a mezzogiorno erano svaniti e all’interno della grotta era percepibile a stento una sorta di penombra. Roul tuttavia lo seguiva con una torcia e quando mise piede nella grotta tutto riprese luce. Conrad in quel momento se ne stava a gettare pugni di terra contro il dipinto del Cristo e contro quello della Madonna, non avendo altro con cui offendere quelle mura di pietra. Piangeva a dirotto e adesso la rabbia contro il gesto benintenzionato del prete aveva lasciato il posto all’ira verso Dio e verso quelle preghiere inascoltate.

      Roul era un uomo bruto, per certo profano nei modi, ma quando vide il sacrilegio di Conrad, vuoi per reale timore, vuoi per superstizione, lo bloccò da dietro sollevandolo con un solo braccio.

      «No, Conrad, loro non c'entrano niente.»

      «Non mi hanno ascoltato!» gridò il ragazzino con tutto il suo fiato, ma l’ambiente chiuso gli ruppe sordamente la voce.

      «Ti aspettavi i miracoli?»

      «Me lo ha detto quel prete!»

      A ciò lo mollò giù e lo costrinse a guardarlo negli occhi.

      «Stammi a sentire, figliolo… tuo padre mi ha fatto giurare che mi sarei preso cura di te, e il mio onore mi vieta di mancare alla promessa fatta ad un amico morente. “Fino a che non ti avrò condotto a Rougeville dai tuoi parenti”… così mi ha fatto giurare.»

      «Non li conosco i miei parenti.» rispose Conrad, singhiozzando e piangendo, adesso ad occhi chiusi poiché la luce della torcia li bruciava arrossandoli.

      «Poco mi importa, non mancherò a questo giuramento in cui è implicato il mio onore e il sangue di tuo padre soltanto perché tu hai qualcosa


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