Эротические рассказы

Ariion XXIII. Charley BrindleyЧитать онлайн книгу.

Ariion XXIII - Charley Brindley


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foto e la sistemò nel dossier. “Bè, grazie, signorina Miller.” Il detective si alzò, e lei fece lo stesso. “La chiameremo se ci sarà qualcos’altro.”

* * * * *

      Keegan, Weef, e Beatle s’incontrarono all’appartamento di Weef la sera della rapina alla banca.

      “Non sarebbe potuto andare meglio neppure se l’avessimo pianificato,” disse Keegan.

      “Già,” disse Weef. “Il barbone con l’impermeabile. Comunque, da dove è saltato fuori?” Si accese una sigaretta, poi chiuse l’accendino con un click.

      “Chi se ne importa, ” disse Keegan. “Era il capro espiatorio perfetto.”

      “Era semplicemente lì,” disse Beatle, “ a guardare finché non gli sei andato addosso.”

      Keegan si tolse la sigaretta dalla bocca e soffiò un anello di fumo. “Era perfetto.” Mise un dito dentro l’anello.

      “E quegli sciocchi poliziotti,” disse Weef. “Non sono neppure andati a cercare il denaro.”

      “Quando avremo la grana?” chiese Beatle.

      “Aspettiamo che si calmino le acque. Teniamo un basso profilo, guardiamo la TV per i servizi sulla rapina, e leggiamo il giornale ogni giorno.”

      “Sì, ma per quanto tempo, capo?” Beatle alzò i piedi sul tavolino da caffè e si sistemò sul divano.

      “Non preoccuparti di questo,” disse Keegan “Te lo farò sapere, quando sarà il momento.”

      “Ehi, Dragon Bait,” disse Weef.

      Beatle lo guardò.

      “Tieni le tue Nike sudicie lontano dai miei mobili.”

      “Le mie belle scarpe sono un complimento per la tua spazzatura da mercato delle pulci.”

      Weef si mosse verso di lui.

      “Va bene, va bene.” Beatle mise i piedi sul pavimento. “Non fate scenate isteriche.”

* * * * *

      “Cameron Littleheart St. Lawrence,” disse il giudice.

      “Sì, signore?” Cameron si alzò e strinse le mani di fronte a sé.

      Il giudice Wilson studiò Cameron per un momento, notando la barba disordinata e l’abbigliamento trasandato. “Il nome non sembra confarsi alla persona.”

      “Non ho scelto io il mio nome, Vostro Onore.”

      “Ma ha scelto il suo aspetto.”

      “Sì, signore, ” disse Cameron. “L’ho scelto.”

      “Littleheart. Commetto che i ragazzi a scuola si sono divertiti tantissimo a prendere in giro questo nome.”

      Cameron pensò a tutte le prese in giro che aveva sùbito dagli altri bambini. Lo chiamavano in ogni modo possibile, da ‘Little Head’ a ‘Little Butt’ a ‘Chicken Little.’ Sapeva perché le suore all’orfanatrofio di St. Lawrence gli avevano dato il nome ‘Littleheart’, ma decise che al giudice non sarebbe interessato. Annuì in risposta al commento del giudice Wilson.

      “St. Lawrence è il santo o cosa?”

      “E’ il santo patron di cuochi, macellai, bibliotecari…” Cameron si interruppe, poi aggiunse, “e dei comici.”

      Cameron sentì delle risatine soffocate dietro di lui. Guardò alla propria destra, ma non si girò per vedere chi avesse riso di lui.

      Il giudice zittì gli astanti con un’occhiata severa da sopra la montatura dei suoi occhiali. “Ne scelga uno,” disse il giudice a Cameron.

      “Bibliotecari.”

      Il giudice si tolse gli occhiali e li tenne per una stanghetta mentre fissava Cameron. “Bene, signor santo patron dei bibliotecari, su questo modulo d’arresto non c’è scritto il suo indirizzo. Dove abita?” Il giudice fece roteare gli occhiali.

      “Panchina del generale Sherman, Central Park.”

      “Dove lavora?” chiese il giudice Wilson.

      “Da nessuna parte.”

      “Allora lei è un barbone.”

      “Preferisco definirmi un senzatetto temporaneo, vittima della recessione.”

      Forse lei è il santo patron dei comici.” Il giudici guardò i presenti, ma nessuno rise.

      Cameron si strinse nelle spalle.

      Il giudice indossò di nuovo gli occhiali e guardò il modulo. “C’è anche scritto che non ha un documento con fototessera. Perché?”

      “Non sapevo che la legge mi imponesse di avere una fototessera,” Cameron si interruppe e aggiunse, “signore.”

      “La maggior parte delle persone ha almeno la patente.”

      “Vostro Onore…” Cameron allargò le braccia. “Non ho neppure l’ automobile.”

      “Bene, le do tre settimane di servizi socialmente utili. Inoltre, le suggerisco di trovare un lavoro e un posto dove vivere, oppure lasci New York.”

      “Ma Vostro Onore, sono stato falsamente accusato della rapina alla banca, e ora mi state punendo per non aver fatto nient’altro che stare per strada, facendomi gli affari miei.”

      “Sì, l’accusa probabilmente sarà ritirata, ma se continuerà con la sua arguzia, torneremo all’accusa di rapina, fisserò la cauzione a diecimila dollari, e potrà darsi una calmata in cella per qualche mese, in attesa di un avvocato d’ufficio. Poi potrei, o forse no, far cadere l’accusa. Ora, vuole queste tre settimane facili, o mesi difficili?”

      Cameron aprì la bocca, ma poi la richiuse velocemente e abbassò lo sguardo sul pavimento. Dopo un momento mormorò, “Accetto le tre settimane.”

      “Scelta saggia.” Il giudice sbatté il martelletto un po’ più forte del necessario. “Ora, fuori dalla mia vista.” Scribacchiò la firma sul modulo di Cameron e lo mise da parte. “Avanti il prossimo caso.”

* * * * *

      “Ehi, ragazza. Come ti chiami?” chiese Cameron.

      Si sedettero in un corridoio del seminterrato del tribunale. Erano insieme a una dozzina di altri delinquenti, in attesa dei propri lavori socialmente utili.

      “Ariion.” La ragazza indossava una blusa vermiglia e dei jeans.

      “Ariion. E’ un nome interessante. Da dove viene?”

      “E’ il nome di mia madre.”

      “Allora sei Ariion junior.”

      “Qualcosa del genere. E il tuo nome è?”

      “Cameron Littleheart St. Lawrence.”

      “Wow,” disse la ragazza. “Sembra quasi reale. Com’è venuto in mente ai tuoi genitori?”

      “Non ho i genitori. Le suore dell’orfanatrofio diSt. Lawrencehanno preso ‘Littleheart’ da una strana voglia. Il mio nome viene da suorElizabeth Cameron.”

      Ariion guardò il suo petto, poi le braccia.

      “No,” disse Cameron, facendole l’occhiolino. “Non vedrai la mia voglia. Perché ti hanno preso?” Prese una vecchia rivista di tennis da una sedia di legno vicino a lui e sfogliò le pagine.

      “Ehm…niente.” Ariion osservò le proprie unghie.

      “Niente? Devi essere qui per un motivo.” Cameron si avvicinò, abbassando la voce. “Rapina alla banca?”

      Ariion ridacchiò. “No.”

      “Omicidio? Scommetto che hai ucciso qualcuno.”

      La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, i capelli color del miele che le ricadevano su una spalla, e gli occhi color foglia d’autunno. Eraleggermente rossa in viso.

      “No.”

      “Vandalismo?”

      Lei annuì, guardando


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